Quartetto. Alfredo Oriani
distrazioni che occupavano tutti, attenzioni che distraevano ognuno. Ricordo per gli uni e speranza per gli altri, lodata in pubblico e calunniata in secreto, amata colla veemenza del corpo che esige e coll'impeto dell'anima che invoca; secreto che tenta, contraddizione che punge, mistero che arrovella, eravate allora, come adesso, una eccezione senza regola; una signora bianca e bionda, nobile e fine, delicata ed infrangibile, che essendo forse cattiva piaceva a tutti, o essendo forse buona non soddisfaceva ad alcuno. Le onde della ammirazione rompendosi incessantemente ai vostri piedi, non arrivavano mai ad appannarvi la fronte colle proprie spume; l'alcione, che annunzia con profetica pietà la tempesta, a farvela rivolgere verso i nuovi pericoli. Quando la bufera di una dichiarazione vi soffiava sul volto, colla stessa furia del vento lacerando una vela, i vostri capelli si alzavano appena colla leggerezza di una nebbia dorata dal sole, e gli ignari credevano che fosse l'alito del vostro ventaglio. Se la notte aggiungeva la poesia delle proprie tenebre a quella della tempesta, e i naufraghi guardavano verso di voi coll'ultimo raggio della speranza, nell'ultima luce del pensiero, il vostro occhio diventava immobile come una stella, e gli ingenui credevano che foste distratta. E all'alba, quando tutti questi naufraghi della notte, che avrebbero dovuto galleggiare cadaveri sulle onde, se ne andavano tranquillamente nelle lancie, salutandovi da lungi sul ponte, un sorriso bianco come un lampo vi passava sulle labbra. La festa era finita, amiche e innamorati dileguavano, e voi ritornavate sola nel vostro appartamento. Simile agli esuli del genio chiusi nel loro pensiero, voi passate per la società, velata nella vostra bellezza, lasciandovi dietro una traccia di profumi e di desiderii. Tutto vi appartiene. Come per gli idoli dei santuari più celebri, gli omaggi e i tributi si ammassano sul vostro altare; i fiori della primavera e i frutti dell'autunno, le primizie del cuore ed i capolavori dell'ingegno. Ma forse nella vostra alterigia vi pare soverchia compiacenza lo scegliere, ed accogliete collo stesso disprezzo l'offerta del povero e del ricco, dell'inetto e del grande. Inettitudine e grandezza d'altronde sono spesso sinonimi. Solo la bellezza sempre sentita è sempre ben giudicata. Nell'immenso lavorio del mondo essa è lo scopo unanime, la speranza di tutti, il premio di pochi. Per voi, signora, l'uomo, questo lavoratore immortale, che soccombe sempre e non smette mai, allunga i giorni e si accorcia all'opera la vita: per voi ha traversato i deserti, o ha tolto i diamanti alle sabbie, le penne allo struzzo; o è salito fino al polo e ha raggiunto una volpe turchina per farvene un manicotto. Per voi nelle fabbriche si storpiano i fanciulli e si estenuano gli adulti: per voi si tesse il vetro e si solidifica la canepa, si domano i cavalli e il vapore, si inventano le navi e i palloni, si forbiscono le parole e le spade, si cesellano le coppe e i pensieri, si verniciano le carrozze e i sentimenti, si ricamano i metalli e le liriche. Per voi l'oro diventa un talismano e le gemme tante goccie di vischio; le nuvole si cambiano in un tulle, i fiori scompaiono nelle essenze e ricompaiono nella cera; per voi si tempra l'acciaio e si stemprano i caratteri, l'elefante si lascia sdentare perchè il suo avorio intarsi l'ebano del vostro letto, le immagini schizzano dai marmi e si colorano sulle tele, le visioni passano nei poemi e parlano nelle musiche, la scienza numera, l'arte inventa, l'industria uccide, la pace snerva, la guerra diserta. Per voi la storia è una serie di drammi, dove si mutano le parole e durano le scene, si alternano le decorazioni e si ripetono le catastrofi; per voi i desiderii piangono come i ricordi, e le loro lagrime grandi come gli occhi sono più amare di un veleno; per voi le speranze sono azzurre come il cielo ed agitate come il mare; per voi le gioie sono più vaste di un desiderio e più labili di una rimembranza, iridate come una lagrima, pronte come un veleno, piene di canti come il cielo e di naufragi come il mare. Nella tenda del deserto e nella casetta di ghiaccio, nel wighwam del selvaggio e nel palazzo dell'incivilito, nelle foreste dove l'uomo è ancora un animale, e nelle città dove non è più che una cifra; nella piroga del cannibale e sul vascello dello scienziato; sulle vette dell'Imalaya, dove non pascolano che i vapori, e nei cimiteri della storia, dove non vegliano che le rovine; sotto le fronti contuse dal diadema, circoncise dalle cesoie, scalpate dal coltello; dentro i cuori che ignorano, i cuori che apprendono, i cuori che rammentano; sulle stuoie d'oriente e sui guanciali di occidente, dove l'uomo pensa e sente, crea e distrugge, voi siete la prima idea e il bisogno supremo, la voluttà nella vita e l'aspirazione oltre la tomba; perchè siete la bellezza, e la donna, che è la bellezza della bellezza, come Dio, è il pensiero del pensiero. E voi siete dappertutto, vi troviamo dovunque: chine sulla nostra culla o sul nostro feretro per gettarvi un sorriso; sul nostro cuore ad origliare, sul nostro pensiero ad aizzarlo; eravate dietro a noi come una sorgente dietro a un ruscello, ci siete dintorno come la luce, dinanzi come un mare. Se vi scacciamo per un momento dal cervello, vi troviamo subito nel cuore; se vi esiliamo dal futuro, vi incontriamo nel passato; se ci cadete dai sensi come un peso troppo greve, ci salite nella mente colla leggerezza di un sogno. Il nomade del deserto scorge i vostri occhi nel miraggio delle sabbie, il marinaio travede la vostra figura nella bruma dell'oceano, il modesto vi cerca nella quiete del proprio riposo, l'ambizioso nell'orgia dei propri trionfi; siete sopra tutti i golgota, a piedi di tutte le croci, per ricevere il saluto estremo dei santi; in tutti i circhi ad insultare dai gradini le ultime convulsioni dei martiri. Voi riempite le Tebaidi di anacoreti e le biblioteche di libri, la notte di ombre, e i giorni di sogni; vi sdraiate su tutti i troni e per tutti i fanghi, coprite egualmente di baci tutte le mani ruvide che eseguiscono e le delicate che ordinano, le forti che abbattono e le più forti che elevano; abbandonate egualmente coloro che partono e coloro che restano; generose e crudeli pei vincitori e pei vinti; lievi come il nevischio e gravi come la valanga, farfalle nell'aria, lombrichi sulla terra, istinto nel sangue, amore nel cuore, ideale nella mente. La vostra parvenza azzurreggia nelle fiamme sulla fucina del fabbro e sul fornello dell'alchimista; passa come una larva sulla carta, dove il geografo ritrae i lineamenti del mondo, e dove il generale segna le tappe delle sue vittorie: per quanto il poeta s'innalzi nel proprio volo oltre i calcoli sublimi dell'astronomo, è sicuro di rinvenirvi ritta sull'orlo di una stella coricata indolentemente sullo strascico di una cometa. Perfino il filosofo, che oltrepassa il poeta di più ancora che non egli lo scienziato; quest'incompreso che sta nell'incomprensibile, ed è un'idea che vive nell'idea; che di lassù vede gli avvenimenti della nostra storia, come di quaggiù l'astronomo vede le stelle; quest'uomo, che ha obliato tutto il mondo per impararne le leggi, e non ha voluto sentir nulla per poter pensar tutto, egli pure vi trova lassù nel sesso di una parola, nella desinenza di un nome, e riprecipita sulla terra per prosternare ai vostri piedi, che lasciano l'orma sulla polvere, una fronte, sulla quale le stelle sarebbero superbe dì comporsi in corona. Voi conoscete il vecchio emblema del drago che uccide il leone, dell'astuzia che vince la forza, poichè ve l'ho veduto spesso al dito sopra un anello: e voi avete sempre vinto, poco importa se la vostra vittoria di donna fu nell'impedire ad un uomo una nuova conquista del pensiero. Gli imperi ideali non crollano come gli imperi storici? La tirannide di una teorica dura forse più che quella di una dinastia, i sistemi della filosofia più che i trattati della politica, i monumenti della poesia più che i templi della religione? Se ogni popolo ha il proprio dio, quante divinità mancano allora nel pantheon delle mitologie? Se ogni generazione ha un grande poeta, quanti poeti mancano nella storia della letteratura? Tutto passa, anche il passato, tutto muore anche i cadaveri: il tempo spiana le ruine, il vento dissipa la polvere dei sepolcri meglio chiusi, e non resta che il presente, questo minuto, che cade incessantemente dall'orologio della eternità, e si colora cadendo come una bolla di sapone nel sole. Invano chini sull'orlo del mondo tentiamo talora di sorprendere il suo tuffo nell'oceano delle età, o rientrando precipitosamente in noi stessi cerchiamo la sua traccia nella nostra vita; giacchè le ombre non lasciano vestigia, ma l'ombra continua imputridisce e corrode. Ad ogni attimo, che ci scivola addosso, gli atomi della nostra esistenza si disgregano, e si separano come tanti pellegrini ad un crocicchio, alcuni portando seco, attraverso infinite migrazioni, una scintilla, colla quale comporranno nuove vite. Avete mai riflettuto come ci salgono nella mente le passioni, o come ci discendono nel cuore le memorie? Non so, ma parmi che le passioni sorgano in noi dagli abissi della animalità, mentre le idee ci colano nel sangue dagli abissi dello spirito. Il cielo non è un abisso come il mare? E talvolta mi sembrava che il dio misterioso della creazione mi avesse dalla eternità seppellito nel profondo della vostra anima, e che a certe ore mi levassi, e per un filo più sottile del più sottile fra tutti i fili cominciassi la più strana salita. Nell'ombra cieca di quelle latebre sentivo muoversi una infinità di ombre, fantasmi forse di vite passate, larve forse di vite future; ma sulla bocca del pozzo, più lungo che nella più profonda miniera, la vostra bella testa rutilava in un nimbo di luce. Salivo. Le mie mani stringevano con una energia inesprimibile