La Principessa Belgiojoso. Raffaello Barbiera

La Principessa Belgiojoso - Raffaello Barbiera


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a un prigioniero politico incarcerato nella Casa di correzione a Porta Nuova. La Kramer non ebbe condanna; ma da quel momento più stretto si fece intorno a lei il cerchio odioso della vigilanza poliziesca.

      Nel 1836, il colera desolava Milano; e Carlo Kramer (ch'era svizzero) domandò alla polizia un passaporto per recarsi colla moglie Teresa nella terra nativa; ma la polizia gli rispose che a lui sì, ma non alla moglie, concedeva il passaporto. Il Torresani giustificava il diniego al governatore conte Hartig con una nota che diceva tutta la verità sulla Kramer:

      “È già noto all'Eccellenza Vostra quali principii liberali e quale decisa avversione al Governo austriaco professi la Kramer; com'essa abbia sempre cercato di sedurre la gioventù ad odiare il proprio Governo, ed a fuggire di qui quando infruttuosi rimasero i tentativi d'innovazioni politiche, e come si trovi in istrette relazioni coi liberali, specialmente del Canton Ticino, e con alcuni rifugiati in Svizzera.„[32]

      Teresa Kramer-Berra per la causa dell'indipendenza nazionale profuse ricchezze. Dopo il '48, andò a Parigi e vi tenne salotto, al quale accorrevano gli emigrati di tutt'i colori. E tutti fumavano disperatamente, intorno a lei, sigari e pipe; onde la dea del loco rimaneva mezzo asfissiata fra le dense nuvole di quell'incenso democratico. La Kramer-Berra si serbò, sino all'ultimo suo giorno, democratica nei sentimenti; mazziniana. Il Mazzini la chiamava “sorella„. Era benefica coi poveri; d'una beneficenza delicata e silenziosa, profumo del suo cuore gentile.

      La ridente musa meneghina di Carlo Porta plaudì alle nozze di donna Fulvia Verri o donna Fulvietta (come la chiamavano) col principe Carlo Pietrasanta. Come mai il principe non doveva amare quella signorina? domanda il Porta:

      E come nol doveva vorregh ben

      A ona donnin che balla e sonna e canta,

      E parla on lenguagg dolz che tocca e incanta,

      E che l'è bella com'el ciel seren?

      Figlia dell'economista e storico Pietro Verri e della contessa Melzi d'Eril, Fulvia splendeva per la bellezza, per la grazia, per lo spirito. Rimasta vedova di quel principe meridionale Carlo Pietrasanta Reitano, sposò in seconde nozze Giuseppe Jacopetti, valoroso capo-battaglione di Napoleone I, che in battaglia avea avuto infranto un cubito e una coscia trafitta da un colpo di lancia. La Verri, che godeva la stima di un Alessandro Manzoni, di un Giandomenico Romagnosi e di altri sommi, era intima amica di Bianca Milesi, e amica, ma non intima, della Belgiojoso, la quale cooperò con lei, con Antonio Re, con Ferrante Aporti e coll'indefesso poligrafo Defendente Sacchi, nella fondazione degli asili d'infanzia a Milano. I Faraoni osteggiavano quella pietosa istituzione degli asili de' bimbi poveri; la osteggiavano per le opinioni politiche delle persone che vi profondevano tempo, sentimento, denari. Defendente Sacchi non tardò, infatti, a destare sospetti; anch'egli emergeva fra i giovani lombardi nel seguire gl'ideali della Giovine Italia. Ferrante Aporti non contava, invece, fra i cospiratori pericolosi; pio e dotto sacerdote di San Martino dell'Argine nel territorio di Mantova, fu il primo, veramente, che pensasse a quegli asili; e nella Verri e nella Belgiojoso trovò due pronte, possenti cooperatrici, due fate del bene. Fulvia Jacopetti-Verri non teneva salotto come la Kramer-Berra; non scriveva come la Milesi; ma più della Milesi riscuoteva ammirazioni pel suo conversare ammaliante. Nella sua casa, tenuta d'occhio dalla polizia austriaca, riuscì a penetrare una spia: un belga, impiegato governativo. Ma un altro frequentatore, un mantovano, che i conjugi Jacopetti trattavano lealmente da amico e ritenevano incapace d'ogni bassezza, si dava, più del belga, allo spionaggio prezzolato in quell'aurea famiglia frequentata da uomini d'idee moderne. Ah! con qual premura quel disgraziato riferiva al Torresani i dialoghi d'intonazione sovversiva, che udiva in quella casa ospitale di via Monforte! Uno dei dialoghi meriterebbe d'essere riprodotto, perchè presenta al vivo l'interno di quella patriottica famiglia.[33]

      Margherita Ruga vinceva tutte le dame lombarde per la sfolgorante beltà. Brillava in un gruppo patriottico e brioso, che deliziava le sere in casa Tealdo. Un amenissimo liberale, il conte Toffetti, dall'incorreggibile dialetto veneziano e dalle inesauribili celie saporite, ammirava estatico il raggio di quella stella, contemplata da molti astronomi rapiti. Anche Emilio Belgiojoso entrò fra gli adoratori del fuoco: e appunto quelle adorazioni per la pallida, bruna Ruga segnarono la prima origine del disaccordo conjugale fra il principe Emilio e la principessa Cristina.

      Un inno meriterebbe Anna Tinelli, fortissima nell'anima, soavissima nei modi. La sua parola versava dolcezze nelle anime addolorate d'amiche e d'amici; incuorava il marito Luigi che, profugo nel 1821 e poscia rimpatriato, s'era unito ai cospiratori del Caffè del Fumo e li accoglieva in casa, auspice quella donna intemerata e sorridente. Il marito fu arrestato e condannato alla morte, quindi graziato coll'esilio in America, donde tornò, parecchi anni dopo, con un'altra moglie al fianco, presentandola all'angelica Anna, che l'accolse con bontà infinita; e annunciandole.... che alla bambina avuta dalle seconde nozze aveva imposto, in omaggio a lei, il nome di Anna!

      Mentre quel Luigi subiva il processo, Paride Zajotti chiamò dinanzi a sè Anna Tinelli per istrapparle qualche nuovo capo d'accusa contro il marito, contro i cugini (così si chiamavano gli affigliati della Giovine Italia); ma a nulla valsero le raffinate arti sue d'inquisitore. Una delle arti dello Zajotti era interrompere d'improvviso l'interrogatorio, occupare la mente degl'interrogati in cose del tutto diverse da quelle per le quali eran chiamati dinanzi a lui, e ripigliar poi bruscamente l'interrogatorio interrotto, per vedere se la vittima cadeva in contraddizioni, confusioni: se si tradiva, in una parola. Mentre interroga Anna Tinelli, Paride Zajotti fa entrare con un segreto richiamo un usciere, che ha tanto di lettera in mano. L'inquisitore tronca di botto l'interrogatorio, piglia la lettera, e si mette a leggerla:

      — Scusi, sa, signora; una lettera urgente.... To' to' to'! è una lettera di donna, che mi scrive: Caro Adone!... Ma pare a lei ch'io sia Adone?...

      E Anna Tinelli col suo garbo:

      — Non mi pare che sia Adone,... e nemmeno Paride!

      Infatti, Paride Zajotti era brutto. Egli scoppiò in una risata; depose la lettera, e riattaccò l'interrogatorio dove l'aveva lasciato poco prima.

      Anna Tinelli (figlia d'un Zannini, benestante, e della baronessa Battaglia) visse fino il 16 agosto del 1888, nella sua Milano dov'era nata ottantatrè anni prima. Sapeva miniare, sullo stile degli alluminatori del Medio Evo, pergamene preziose. La chiesa di San Francesco di Paola a Milano conserva un messale miniato da lei: è tutto un sorriso di tinte delicate: pare il sorriso di quell'anima.

      Nel 24 luglio 1833, il Tribunale criminale di Milano dichiarava “indiziata d'alto tradimento„ la principessa Belgiojoso, decretando contro di lei l'inquisizione e l'arresto. Ma sappiamo come la principessa pigliasse il volo.... Tuttavia, anche questa volta, scese dalla reggia l'ordine di sospensione.... Prima di tutto, il vecchio imperatore Francesco (l'uomo dalle quattro mogli) non voleva che s'infierisse contro le donne, specie se appartenenti al ceto aristocratico; memore che negli esecrandi processi del '21, gl'inquisitori di Milano avevano infierito contro Camilla Fè, mettendole ai fianchi, giorno e notte, due gendarmi, e contro Matilde Dembowsky che pur aspramente venne molestata dalla polizia e dalla commissione inquirente presieduta dal Salvotti. D'altra parte, Sua Maestà continuava a comprovare coll'opera quanto il Torresani scrivea al Masetti sulle alte relazioni, che coprivano con ali protettrici la principesca famiglia Belgiojoso. L'imperatore volle (secondo il suo costume) esaminare attentamente gli atti giudiziarii contro Cristina Belgiojoso, e, con decreto del 31 gennajo 1834, ordinò che prima venissero “meglio rilevati gl'indizii, investigando in specialità se esistevano realmente società segrete fra donne sotto il nome di giardiniere.„[34] Il vecchio imperatore d'Austria avea l'aria di dare una lezione di correttezza ai signori giudici di Milano, accusandoli di leggerezza e di precipitazione; e mostrava di non credere a quella canaglia del Doria. In realtà, l'ordine dell'imperatore Francesco I era un'abile scappatoja per favorire la principessa.... Sua Maestà aveva aspettato sei mesi prima di pronunciarsi; e prendeva dell'altro tempo! Sua Maestà ordinava nuove investigazioni sulle giardiniere, e fingeva d'ignorare che la società delle giardiniere era apparsa fin dai processi dei Carbonari del '21; perchè la contessa Teresa Confalonieri-Casati, la baronessa Matilde Dembowsky, Bianca Milesi, Carolina Berra, Camilla Fè nata Besana (madre di quella Carmelita che fu poi moglie


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