La Principessa Belgiojoso. Raffaello Barbiera

La Principessa Belgiojoso - Raffaello Barbiera


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Neppure i due arrestati Felice Argenti e Giovanni Albinola, nelle loro aperte confessioni davanti al tribunale, accusarono il maestro d'inglese. Bensì l'Argenti narrò che Raimondo Doria voleva uccidere il proprio fratello servendosi del pugnale dell'Albinola, per punire, diceva il Doria, in quel fratello uno spergiuro della Carboneria; in realtà, diceva l'Argenti, per impadronirsi degli averi di lui.

      Ma come finì quello scellerato?... — Chi può saperne la fine?...

      Cesare Correnti, che, liberata la Lombardia, prese qual proprio intimo segretario un Sandrini, già applicato alla cancelleria segreta del Governo austriaco prima delle Cinque Giornate, e poscia convertito al liberalismo, tentò pur egli ricerche sulla fine di quel tristo; ma invano. Non la conosceva neppure il Sandrini, il quale avea copiato, un tempo, con la sua bella scrittura, più di qualche nota sul caro marchese Doria, e che essendo “dentro alle segrete cose„, molto, troppo sapeva di cospiratori e di spie, tornando utile anche in questo al Correnti per la valutazione di certi uomini vecchi inverniciatisi a nuovo....

      In alcuni Ricordi di Giuseppe Mazzini, affidati alla Biblioteca Nazionale di Firenze, e che non recano la scrittura dell'agitatore (scrittura simile un po' all'ebraica) nè lo stile suo corrusco, si legge che il Mazzini fu ascritto all'ordine della Carboneria da Raimondo Doria; ma sappiamo che il Mazzini non seguì a lungo la Carboneria, bensì, spirito originale e indipendente, le eresse un contro-altare: appunto la Giovine Italia. Non conosciamo quali relazioni dirette passarono poi fra il Mazzini e il Doria: conosciamo bensì il processo che, in seguito alle propalazioni del Doria, i tribunali di Milano ordirono contro la principessa Belgiojoso. — Vediamolo tosto.

       Indice

      Avventure di Felice Argenti. — Processo contro Emilio e Antonio Belgiojoso. — L'imperatore d'Austria interviene. — Processo contro la Principessa. — Ordini dell'imperatore a favore di lei. — Processo contro Teresa Kramer-Berra. — Fulvia Verri. — Anna Tinelli e Paride Zajotti. — Tornano in ballo le giardiniere! — Condanne di morte. — Lettera della Principessa al marito. — Affetti. — Nuovo esilio.

      Appena il malvagio Raimondo Doria — l'impune Doria — denunciò al consesso di Paride Zajotti e compagni, che gli sembrava d'aver veduto la principessa Belgiojoso insieme coll'Argenti sul piroscafo che da Genova andava a Livorno, venne chiamato dalle carceri l'Argenti perchè dinanzi ai giudici deponesse sul conto della cospiratrice. Il Doria venne, per il momento, allontanato: e mai il nome del tristo fu pronunciato dinanzi all'Argenti; mai dinanzi agli altri accusati e traditi: e mai, forse, in tutta la sua vita, la principessa seppe del tradimento infame di colui al quale fidente avea steso la mano d'amica nelle vespertine riunioni misteriose dell'Acquasola a Genova.

      Felice Argenti, baldo de' suoi ventinove anni, parea sfidare il mondo; e l'avea mezzo girato.... Nativo di Viggiù, borgo del ridente Varesotto, primeggiò ben presto fra i giovani ribelli all'Austria. Si fe' carbonaro nella Vendita di Milano, e, nel 1821, fuggì in Piemonte. Combattè in Spagna, per la Costituzione, col grado d'ufficiale; ma un esercito francese sotto gli ordini del duca d'Angoulême sbaragliò lui e i suoi fratelli d'armi e d'ideali. L'Argenti passò nel Messico, entrò in quella Carboneria, e contribuì a buttar giù dal trono l'imperatore Iturbide, un avventuriero basco, che s'era incoronato da sè, come Napoleone, facendosi chiamare Agostino I: rifugiatosi poi in Italia e a Londra, S. M. Agostino I, volendo riconquistar la corona, tornò nel Messico: ma, al suo arrivo, fu arrestato e fucilato, come, più tardi, l'infelice Massimiliano d'Austria. Stabilita nel Messico la repubblica, l'Argenti tornò ai colli nativi e si gettò nella cospirazione della Giovine Italia. A Varese, s'infiammò d'una terribil passione amorosa per una donna comune, che a lui pareva una dea. Il marito della dea, per isviare dalla propria testa il serto di Menelao, ricorse.... alle bajonette dei gendarmi. L'autorità intimò allora all'Argenti di lasciare per sempre Varese; ma l'Argenti non volle saperne; eluse la guardia dei gendarmi, che vegliavano intorno al minacciato ostello, saltò da una finestra, e, di notte, fuggì pei campi, pei clivi, ch'egli, grande cacciatore al cospetto di Nembrod, conosceva benissimo. I gendarmi lo inseguirono; egli spiccò un altro salto (quella volta da un muro) e si spezzò una gamba; ma potè ancora sfuggire alle ricerche, trascinandosi in un campo di grano, fra le cui alte spiche, nelle tenebre notturne, si nascose.

      Come da caccia inutile e molesta

      Tornano mesti ed anelanti i cani,

      tornarono le guardie.... Spuntò l'alba. L'Argenti stette nascosto tutto il giorno, spasimando, fra il grano. Alla sera, un erculeo contadino scoperse il fuggiasco accoccolato; se lo caricò sulle spalle, e lo trasportò oltre il confine, ad Artò, dove gli aggiustarono la gamba. Grazie a Dio, l'Argenti potea correre ancora. E corse di nuovo il mondo. “Per tre volte (egli diceva) ho dissipato le mie fortune; e tre volte mi sono rialzato nell'agiatezza.„ Cercò, e trovò lavoro a Trieste, a Genova, a Livorno.... preferendo sempre le città marittime, per rifugiarsi, se inseguito, nelle navi inglesi o americane, che godevano diritto d'asilo. Fu anche a Rio Janeiro, dove fece di tutto: persino il tosacani. Scoppiata, nel luglio del 1830, la rivoluzione di Parigi, vi volò come la farfalla alla fiamma, e con undici compagni, ideò uno sbarco audace da Marsiglia in Italia per sollevarla tutta.... A capo della banda si pose un comasco, che poi si fece frate: Rocco Lironi. I dodici apostoli di libertà sbarcarono a Pietrasanta in Toscana; ma furono arrestati. L'Argenti, dal Governo toscano venne consegnato all'austriaco; ed eccolo qui ora, nelle carceri di Milano, e davanti a Paride Zajotti.

      Bisogna sapere che l'Argenti si facea passare per console del Brasile a Livorno; anzi, alcuni (come il Doria) lo ritenevan veramente per tale; ma il Governo toscano mai volle riconoscerlo. L'Argenti supponeva che il diniego provenisse per volere del Metternich; da qui, più acerbo l'odio suo contro il Metternich; da qui la sua proposta di ucciderlo. Ma non il Doria, come questi si vantava col Metternich e coi giudici di Milano, non il Doria, bensì il marchese Passano s'era opposto alla truce proposta dell'Argenti. Quell'assemblea di congiurati era stata tenuta di notte, a bordo d'una nave americana, nel porto di Genova. Come dovea sembrar strana quella riunione sulle acque, con quei cospiratori, che parlavano a voce sommessa nella stiva!... E non sospettavano un Giuda fra loro!...[25]

      Interrogato da Paride Zajotti (il trentino inquisitore successo al Salvotti, concittadino suo, innalzato nel frattempo a più alta dignità), l'Argenti ammette d'aver veduto bensì la principessa Belgiojoso sul piroscafo da Genova a Livorno; ma afferma di non averla mai avvicinata a terra. La principessa, infatti, avea compiuto qualche rapido viaggio con iscopo di propaganda patriotica, e per stringere le file d'una decisiva azione comune fra i patrioti; ma questi si mostravano troppo divisi da vedute politiche differenti e da passioni....

      Udito l'Argenti, Paride Zajotti lo fa ricondurre nel suo carcere e chiama un altro giovane imprigionato a Porta Nuova: Giovanni Albinola, pure nativo di Viggiù e possidente. L'Albinola dice l'Argenti suo “seduttore„. Racconta, atterrito, che solo pei consigli dell'Argenti si lasciò affigliare alla Giovine Italia da Giuseppe Mazzini a Genova. Racconta del proprio giuramento prestato alla setta, in casa di Giuseppe Elia Benza; ma neppur egli depone una sillaba contro la principessa Belgiojoso. Povero giovane, trascinato in un labirinto di pericoli, pei quali non era nato, pei quali non avea la forza d'animo di Cristina Belgiojoso.

      Il processo contro Cristina Belgiojoso andò di pari passo con quello contro suo marito e contro il cognato Antonio.

      Fin dal maggio del 1831, la polizia di Milano dipingeva al tribunale Emilio ed Antonio Belgiojoso “di principii liberali e in famigliarità con persone note per la loro esaltazione; fra altre, con Luigi Meroni e Timoleone Brambilla.„[26]

      Su questo Luigi Meroni, di nobile famiglia, cadeva il sospetto d'alto tradimento. Nell'università di Pavia, il Meroni s'era segnalato pe' suoi impeti rivoluzionarii. L'impune Doria, nel suo ventunesimo esame dell'ottobre 1832, depone d'averlo udito nominare a Genova qual cospiratore. La polizia lo dipinge con nerissimi colori: “di cuore depravato, fuori dell'ordinario ardito e facinoroso; incorreggibile nei principii di vera avversione all'ordine legittimo.„ La polizia lo accusava


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