La Principessa Belgiojoso. Raffaello Barbiera
Ciò che mi ha fatto veramente ridere; e la Monteggia ha convenuto meco che ha una testa tutta romanzesca.„[16]
Era vero anche questo: il Governo austriaco le avea sequestrate le sostanze, che salivano a più milioni. Morendo, il padre suo l'avea lasciata, infatti, unica erede sotto la tutela d'un Trivulzio. L'editto contro la principessa, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale e sulle cantonate di Milano, suonava così:
Viene d'ordine superiore ingiunto alla principessa Cristina di Belgiojoso nata Trivulzio di ritornare negli Stati di Sua Maestà Imperiale Reale Apostolica, e di far constare del ritorno, presentandosi a questa Delegazione provinciale nel termine di tre mesi sotto la comminatoria d'essere dichiarata morta civilmente e della confisca di tutt'i beni, i quali si dichiarano intanto posti sotto rigoroso sequestro.
Anche la morte civile!... Il bando recava la firma d'un Torriceni, delegato provinciale, e d'un conte Rovida, segretario, che infiorava a quel tempo le strenne di melliflue strofette.
Ma la principessa avrebbe chiesta la grazia all'imperatore? Ne riparleremo più tardi. Intanto, ella volgea l'animo a Giuseppe Mazzini, al capo cospiratore romantico, che si sentiva inviato da Dio sulla terra per frangerne le catene, per librare le anime nel cielo dell'Ideale. Come splendeva il lampo degli occhi neri del pallido ligure! Come risuonava negli animi la sua parola! Le pagine sue avean l'accento e l'immagine dei biblici profeti: ed egli parea un profeta, un salvatore ai profughi, che nella sua promessa sentivano quasi gli echi di Gesù, quando il Divin Maestro dalla montagna esclamava alle turbe: “Beati quelli che soffrono persecuzioni per amore della giustizia, perchè è di loro il regno dei Cieli.„
Giuseppe Mazzini sapeva che senza Dio, senza la fede nell'immortalità dell'anima, senza il convincimento che tutto nell'universo è un continuo, augusto divenire, un popolo non può grandeggiare, non può vivere.
La società segreta della Giovine Italia fu fondata dal Mazzini a Marsiglia appunto nell'anno in cui siamo col nostro racconto, nel 1831, dieci anni dopo i processi dei Carbonari, saliti in catene al martirio e alla gloria d'un nuovo Calvario: lo Spielberg. La Giovine Italia prendeva appunto il posto della Carboneria soffocata dalla violenza; anzi, per qualche tempo, dal Governo austriaco la Giovine Italia vien chiamata Carboneria negli atti d'ufficio, nei discorsi.... Ma la Giovine Italia differiva dalla Carboneria in due punti essenziali, e fa d'uopo notarli: aspirava all'esclusiva unità d'Italia con Roma capitale; laddove la Carboneria non poneva il concetto d'un'unità italiana ben definito; anzi, a Milano, non si voleva dal Confalonieri e da altri carbonari che uno Stato unito al Piemonte; per quanto il Manzoni, fedele, con altri, al concetto unitario dell'infelice re Murat, cantasse allora:
non sorgan barriere
Fra l'Italia e l'Italia, mai più!
La Carboneria aspirava al regime costituzionale: la Giovine Italia aspirava alla repubblica.
Seguendo gli antichi sistemi massonici, la Giovine Italia adottò il metodo (allora necessario in mezzo al dispotismo vegliante) dei segni misteriosi per riconoscersi, e delle misteriose adunanze. Mentre il motto fiammeggiante della Giovine Italia era “Dio e popolo„, varii altri motti venivano adottati dai confratelli della “federazione„ per riconoscersi dovunque. Almeno fino all'ottobre del 1833, le parole di riconoscimento furono popolo, azione, fiducia, alternativamente pronunciate. I gesti erano semplici; e anche la principessa Belgiojoso dovette impararli tutti.
Domanda: Le mani incrocicchiate colle palme rivolte al cuore.
Risposta: Le mani incrocicchiate colle palme verso l'interrogato.
Parlando insieme: Incatenare i diti indici.
Segni pei viaggiatori: Domanda: Presentare il pugno chiuso a chi deve rispondere.
Risposta: Respingere il pugno di chi domanda.
V'erano poi quest'altri segni:
Domanda: Colla mano far atto di tergersi il sudore dalla fronte.
Risposta: Battersi colla mano dritta due volte il cuore.
E v'erano alte parole:
Domanda: Virtù. — Risposta: Sacrificio.
Oppure:
Domanda: Segreto. — Risposta: Morte.[17]
Il simbolo decorativo della Giovine Italia consisteva in un ramoscello di cipresso; simbolo anche della morte a cui tutti i federati doveano votarsi, per conseguire “la repubblica una e indivisibile, in tutto il territorio italiano, indipendente, uno e libero„, chè tale era il principio fondamentale della federazione. — Il giuramento, dettato dal Mazzini, era solenne; in alcuni punti terribile:
“Io cittadino Italiano
“davanti a Dio, Padre della libertà, davanti agli uomini nati a gioirne, davanti a me e alla mia coscienza specchio delle leggi della natura;
“pei diritti individuali e sociali, che costituiscono l'uomo, per l'amore che mi lega alla mia patria infelice; pei secoli di servaggio che la contristano; pei tormenti sofferti da' miei fratelli Italiani; per le lagrime sparse dalle madri sui figli spenti o captivi; pel fremito dell'anima mia in vedermi solo inerte ed impotente all'azione; pel sangue de' martiri della patria; per la memoria de' padri; per le catene che mi circondano,
“Giuro
“di consacrarmi tutto e sempre con tutte le mie potenze morali e fisiche alla Patria ed alla sua rigenerazione; di consacrare il pensiero, le parole, l'azione, a conquistare indipendenza, unione e libertà all'Italia; di spegnere col braccio ed infamar colla voce i tiranni e la tirannide politica, civile, morale, cittadina o straniera; di combattere in ogni modo le inuguaglianze fra gli uomini d'una stessa terra; di promuovere con ogni mezzo l'educazione degl'italiani alla libertà ed alle virtù che la rendono eterna;
“di cercare per ogni via che gli uomini della Giovine Italia ottengano la direzione delle cose pubbliche;
“di propagare con prudenza operosa la federazione, di cui fo' parte da questo momento;
“di ubbidire agli ordini ed alle istruzioni che mi verranno trasmesse da chi rappresenta con me l'unione de' fratelli;
“di non rivelare per seduzioni o tormenti l'esistenza, le leggi, lo scopo della federazione, e di distruggere potendo il rivelatore.
“Così giuro, rinnegando ogni mio particolare interesse pel vantaggio della mia patria, ed invocando sulla mia testa l'ira di Dio e l'abbominio degli uomini, la infamia e la morte dello spergiuro, se io mancassi al mio giuramento.„[18]
La principessa Belgiojoso pronunciò questo giuramento?... Certo nè ella nè il principe ex consorte Emilio si attennero al secondo paragrafo dello statuto della Giovine Italia, che affermava la repubblica avere per iscopo anche “l'abolizione di ogni aristocrazia e d'ogni privilegio, che non dipendesse dalla legge eterna della capacità e delle azioni„. Cristina Belgiojoso-Trivulzio non si fe' chiamar mai “cittadina„, bensì sempre “principessa„. E, aristocratico nell'anima era il principe Emilio; e il Mazzini lo chiamava spesso con quel titolo, quando con fidi amici si lamentava delle inclinazioni di lui ai piaceri mondani; quando si doleva delle riluttanze, dell'abbandono.[19] Poichè ben presto il Mazzini provò l'amarezza degli abbandoni.
L'agitatore ideò d'irrompere con una spedizione armata nella Savoja, per rovesciarne il principato assoluto e diffondere da quelle balze nel sopito Piemonte la rivoluzione e la repubblica: ciò doveva essere il principio della liberazione di tutt'Italia!... Ma, prima, nel febbrajo del 1831, una spedizione in Savoja fu decisa dal Comitato italiano di Parigi. Ne era l'anima un fierissimo vecchio, quasi cieco (lo rivedremo nel VI capitolo), il profugo Filippo Buonarroti, che dava lezioni di spinetta. Il venerando Lafayette, amico della Belgiojoso, colui ch'aveva contribuito a fondare la repubblica degli Stati Uniti, (allora egli era generalissimo della Guardia Nazionale di tutta la Francia) ajutava l'impresa presso il Governo di Luigi Filippo. Egli ottenne dal Guizot, ministro degl'interni, “fogli di via„ e denaro ai profughi politici, che