Natalìa ed altri racconti. Enrico Castelnuovo
Bertizzoni non venne. Ne chiesi conto a molti Veneti, militari e non militari, rimpatrianti dopo lunghi anni d'esilio. Parecchi lo avevano conosciuto, nessuno era in grado di darmene notizie recenti. Non doveva aver partecipato all'ultima guerra. Nel gennaio dell'anno seguente fui costretto ad assentarmi per tre settimane. Reduce a Venezia, trovai sulla mia scrivania, insieme con altre carte, il biglietto da visita di Licurgo Bertizzoni con queste parole in lapis: Lascio i miei affettuosi saluti, dolente di non aver potuto abbracciare il vecchio amico. Riparto fra due giorni. Non ho domicilio stabile. Viaggio per conto di case inglesi. Forse tornerò presto, oppure scriverò.
I due giorni erano passati da un pezzo. Inutile cercare di Bertizzoni a Venezia. Nè egli aveva lasciato indicazioni sufficienti perchè si potesse cercarlo altrove. Diceva che forse sarebbe tornato presto o che avrebbe scritto. Tant'era aspettare.
Ma non tornò, non mandò una riga. Dov'era? Che faceva? Ancora una volta, nel 1870, se la memoria non mi tradisce, qualcheduno mi portò i suoi saluti da Messina dov'era di passaggio per affari, piuttosto male in arnese. Gli è che quei benedetti affari non andavano bene; non era contento del proprio stato.... Aveva in vista un impiego governativo.
E poi, dal 1870 fino adesso, vale a dire per ventidue anni, Licurgo Bertizzoni non s'era fatto vivo in nessuna maniera, e l'amico della mia adolescenza era disceso a poco a poco nella penombra discreta ove si aggirano tacitamente le memorie lontane. Ed ecco che oggi, d'improvviso, il suo nome risonava alle mie orecchie con un accento di commiserazione, ed egli, il camerata di scuola, il compagno delle prime scappatelle, egli stesso, ahi nascosto per sempre agli occhi degli uomini, forniva l'ultimo pellegrinaggio seguendomi alla distanza di forse duecento metri, mentr'io, in ossequio a una delle solite commedie sociali, rendevo gli estremi onori ad un morto che non avevo neppur conosciuto di vista.
Oh immensa malinconia delle cose! — Era qui da anni annorum, — aveva detto il fattorino della Banca. E io in questo frattempo avevo fatto certo una diecina di gite a Milano senza che mai mi passasse per la mente d'informarmi se Bertizzoni ci fosse.... senza ch'egli mai sapesse ch'io ero venuto, o, sapendolo, si curasse di vedermi. Forse ci eravamo incontrati per la strada, ci eravamo urtati col gomito senza ravvisarci.... Ma c'è di peggio.... Con la sicurezza ch'egli fosse a Milano credo che l'avrei cercato; ma se il giorno prima m'avessero avvertito ch'egli abitava a Monza, temo che non mi sarei spinto fin lì.... Mi sarebbero sorti mille dubbi. — Forse non è in paese e faccio il viaggio per nulla.... Forse lo secco.... Forse non si ricorda più.... sarà tanto cambiato....
Ora invece mi sembrava di vivere in quei tempi remoti. Rivedevo la povera casa a San Simeone Profeta, con le sue imposte sgangherate, col suo tralcio di vite che s'arrampicava lungo il muro, tra due finestre; rivedevo il maestro Agenore, tranquillo e sereno in mezzo ai suoi debiti; rivedevo la signora Palmira, piccola, asciutta, loquace, sempre in faccende; e la Cassandra co' suoi occhioni neri, col suo busto da trasteverina; e l'Aspasia bianca, rosea, con un'aria civettuola che non lasciava certo presagire in lei la vocazione pel chiostro; rivedevo Socrate, il più maleducato della famiglia, ma non privo di spirito naturale. Ma sopratutto rivedevo lui, Licurgo, bello, grande, forte, spensierato, un po' vanitoso pe' suoi facili trionfi col bel sesso.... E mi pareva di averlo dinanzi nel giorno della sua partenza clandestina pel confine svizzero, insieme ad altri giovani ch'emigravano con lui. Egli, nella baldanza de' suoi vent'anni, pronosticava il suo ritorno trionfale entro sei mesi....
Da quel giorno del gennaio 1859 era trascorso un terzo di secolo, e io non l'avevo più visto. Chi sa dopo quante peripezie, dopo quanti dolori e quante miserie egli arrivava oggi nel porto ove tutti dobbiamo arrivare!...
Pieno di queste immagini e di questi pensieri io avevo continuato a camminare macchinalmente accanto al carro funebre del commendator Baggi, e, senz'accorgermi, ero giunto al Cimitero Monumentale. Il carro si arrestò, si fece un gran silenzio. Un signore in occhiali, che seppi essere un assessore del Municipio, tirò fuori dalla tasca del soprabito un foglio di carta e lesse con voce monotona un breve discorso; un secondo borbottò alcune parole in nome della Camera di Commercio; un terzo portò alla bara il saluto del Consiglio d'amministrazione della Rete Adriatica; un quarto pianse per conto della Banca Generale. Io coglievo appena qualche frase staccata; la mia mente era altrove, il mio sguardo seguiva lontano l'umile convoglio del povero Bertizzoni che si dirigeva lentamente dalla parte opposta del Camposanto. Sentii corrermi due lacrime giù per le gote. Di tutti quelli che avevano accompagnato all'ultima dimora il commendator Baggi ero il solo che piangesse, ciò che costrinse i due nipoti ed eredi a portarsi, per pudore, il fazzoletto agli occhi.
E i due nipoti ed eredi mi strinsero vigorosamente la mano. — Grazie, grazie, signor.... E grazie a tutti i preposti della Banca....
La gente si disperse; si trattenevano ancora i soli parenti sino alla collocazione del feretro nella tomba di famiglia. Qualcheduno mi offerse ricondurmi in città in carrozza; io preferii d'andare a piedi, preferii d'esser solo.
M'avviai lungo il viale fiancheggiato da platani. Un fiacre che veniva anch'esso dal cimitero mi passò rasente. Ebbi una visione. Al finestrino di quel fiacre s'affacciò un giovinetto vestito a bruno, pallido, dalla faccia scomposta, ma bello, ma vigoroso. Era il ritratto preciso di Licurgo Bertizzoni, quale io me lo ricordavo a diciotto o diciannove anni. Vedendosi fissato, egli si voltò verso un amico o un congiunto ch'era con lui nella vettura. Dopo il primo sbalordimento, indovinai che quello doveva essere il figlio del povero Licurgo, il ragazzo impiegato alla Cooperativa. Ebbi un istante l'idea di chiamarlo.... A che pro? Per dirgli che un terzo di secolo addietro ero amico intimo di suo padre, e che poi me lo ero quasi interamente dimenticato?
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