Gli Uomini Rossi. Beltramelli Antonio

Gli Uomini Rossi - Beltramelli Antonio


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       Antonio Beltramelli

      Gli Uomini Rossi

      Romanzo

      Pubblicato da Good Press, 2020

       [email protected]

      EAN 4064066068462

       CAPITOLO I. Nel quale, per l'eterno amore, gli uomini rossi si trovano a mal partito.

       CAPITOLO II. Nel quale Monsignor Rutilante spiega la sua autorità.

       CAPITOLO III. Nel quale Gargiuvîn ha una sua esclamazione consueta.

       CAPITOLO IV. Nel quale gli anarchici prendono consiglio.

       CAPITOLO V. Nel quale Divina piange un dirotto pianto per la soave Primavera.

       CAPITOLO VI. Che serve d'intermezzo esplicativo.

       CAPITOLO VII. Qui fa la sua prima comparsa il Cavalier Mostardo negli uffici dell'«Aristogitone».

       CAPITOLO VIII. Nel quale Don Papera si trova in un terribile ginepraio e non sa come uscirne.

       CAPITOLO IX. Si osserva ora come l'illustre scienziato Gerolamo Parvenza possa appianare momentaneamente le cose.

       CAPITOLO X. Dove si cantano gli osanna.

       CAPITOLO XI. Dove si banchetta alla guisa omerica, superlativamente, e il Cavalier Mostardo trionfa.

       CAPITOLO XII. Nel quale si vede come Madonna Luna si dichiarasse nemica di Monsignor Rutilante.

       CAPITOLO XIII. Nel quale si assiste ad un trionfale ritorno.

       CAPITOLO XIV. Dove Don Papera esplora nuovi cieli e gli anarchici collaborano al bene della repubblica democratica.

       CAPITOLO XV. Nel quale gli Uomini Rossi passano la loro settimana di passione.

       CAPITOLO XVI. Nel quale il giovinetto Imeneo getta la sua ghirlanda di rose e gli anarchici esplorano altri cieli.

       CAPITOLO XVII. Nel quale i repubblicani proclamano il Supremo Trionfo.

       Indice

      Gli uomini rossi.

      Disse un ispirato, una volta, che Adamo, in siriaco, significava rosso e volle da ciò dedurre la remotissima origine del partito repubblicano. La deduzione destò fra gli scienziati tedeschi interminabili dispute; si formò a mano a mano una biblioteca su l'argomento e, come avviene sempre in casi di sì alta importanza, la questione rimase allo statu quo ante.

      Ora io ho pensato non occuparmi delle origini: in primo luogo perchè non sono scienziato e ciò mi sarebbe di grave impedimento; in secondo luogo perchè non intendo abbracciare (e ciò sia detto con tutta la simpatia che la parola modernamente esplica) i repubblicani di tutto l'orbe terracqueo; bensì, con maggior modestia, limitare la mia narrazione a coloro che, in terra di Romagna, si sono votati ai rossi vessilli riassumenti una fede eroica.

      Dopodichè, chiamati a raccolta i sovrani spiriti della memoria, dirò di alcune gesta preliminari nelle quali ha buon partito l'amore.

      Viveva un tempo nella gaia città del piano, Europa, figlia di Gian Battifiore. Ella aveva quattro sorelle, il nome delle quali corrispondeva alle altre quattro parti del mondo ne l'ordine che segue: Asia, Africa, America ed Oceania.

      Gian Battifiore, ch'era uomo sapiente, aveva dato così a' suoi concittadini, un solenne esempio del suo libero pensare.

      Europa, la minore fra le cinque sorelle, compiti i diciott'anni, nel fiorire della sua giovinezza, era graziosa e piacente.

      Asia, incamminandosi per il mezzo secolo, scrutava il passato. Era ella semicalva e brutta come la calunnia, onde fioriva in cuor suo l'odio universo e la maldicenza.

      Africa era biondastra, aveva gli occhi color del mare (velato un poco da lacrimose nubi) e la bocca di una garrula rana.

      Benchè piangesse, pensavano gli anziani che qualcuno avrebbe tratto la giovinetta nave al porto dei legittimi imeni.

      Seguiva America, la quinquilustre; America dalla fluente chioma. Essa era alta ed accesa dal sangue esuberante, onde piaceva agli uomini rossi che amano i vessilli vermigli.

      Ed ultima era Oceania asciutta e mingherlina. Possedeva ella una vocetta aspra con la quale affliggeva l'umanità amica e nemica, dallo spuntare del sole al suo celarsi.

      Ora avvenne un giorno, nella gaia città del piano, che Europa, la giovinetta, per compire la sua coltura letteraria, leggesse varii romanzi nei quali si parlava d'amore.

      Sì intensa ne fu la suggestione, ch'ella, pensosa già di una passionale avventura, decise aiutare il destino.

      Da lungo tempo Manso Liturgico passava e ripassava sotto alle sue finestre volgendo in alto gli occhi sentimentalmente miti; da mesi e mesi, nelle notti plenilunari (allorchè si spegnevano i fanali per le necessarie economie del Comune) una voce litaniante, saliva dalla strada intonando una salmodia amorosa; una salmodia sospirata in tono minore perchè esplicasse, con irresistibile fascino, l'inesausto desiderio di una qualsiasi corrispondenza.

      Europa pensò che l'amore è cosa dolcissima.

      Dicono i romanzieri, i quali si intendono di psicologia e si ripetono con sbrigliata indifferenza, che vi è un punto, un attimo, nella vita di una giovanetta, in cui il cuore le si apre d'improvviso come una melagrana matura, e accoglie il primo amore, indimenticabilmente soave.

      Europa era della stessa opinione una sera, allorchè, volgendo gli occhi per la sottostante via (moriva un crepuscolo di croco dietro una fila di pioppi lontani), vide Manso Liturgico che la guardava con soavità intenzionale; era della stessa opinione e si convinse che il primo amore è un sentimento strano il quale nasce per generazione spontanea senza sapere perchè.

      Assecondò così il giovinetto amatore.

      Dopo qualche sera, Divina, la gigantesca camerista delle cinque parti del mondo, recava nel seno a Europa, una rosea missiva alla quale, naturalmente, la giovinetta rispose.

      Passata una settimana,


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