Gli Uomini Rossi. Beltramelli Antonio
vezzo Didino, essendo ascritto al partito clericale militante e figlio di una vecchia nobilissima contessa, salda colonna di nostra Madre Chiesa, non poteva aver speranza d'impalmare, per le consuete formule di legge, la figlia del più fiero repubblicano che la Romagna nutrisse nel secolo rosso.
Così solo Divina fu messa a parte della cosa.
Europa tutto le confessò piangendo e la camerista disse con semplicità:
— Bambina, ci sarò io per te!
Poi, dopo un silenzio, quand'ebbe ascoltato le frasi appassionate della giovane innamorata, conchiuse:
— Quando è l'età, è giusto!... L'uomo ci vuole!...
Così, in una notte d'aprile, dopo un lungo affannarsi silenzioso di Divina, un vegliare ai minimi rumori, un andar cauti lungo le pareti, un soffermarsi agli usci origliando, l'avvenimento si compì.
Manso Liturgico, pallido e tremante, aspettava nella via, guardando, con gli occhi larghi in nuova stupefazione, le fiammelle dei fanali sdoppiarsi e raggiare in grandi aureole.
Se Europa non fosse giunta a l'ora prefissa avrebbe cercato invano l'ardito amatore, poichè il giovanetto moveva già nella mente pensieri di solitaria fuga, allorchè vide avanzare le due donne.
Fece Divina levando una mano in cenno di riconoscimento:
— Ehi!
Ed Europa con maggior timidezza:
— Sei tu?
Manso Liturgico non rispose. Guardava quasi estatico, avvolto in un grande ferraiuolo nero sicchè le due donne sostarono temendo essersi ingannate.
Trascorso qualche secondo d'incertezza, la camerista fece cuor risoluto, avanzò sola, e Didino fu tolto dallo stupore di sogno che teneva l'anima sua assente.
Ondeggiò ne l'immenso ferraiuolo, fece quattro passi, sorrise, volle parlare; ma, ad un cenno, si tacque.
Europa gli si pose a lato e, poi che Divina li ebbe benedetti, partirono verso l'ombra delle campagne; partirono per la loro destinazione primaverile, nel gran rifiorir dei mandorli e dei peschi.
E la gigantesca camerista li guardò disparire sorridendo, poi rientrò in fretta e chiuse la porta, chè, di lontano, si era levata improvvisamente una gazzarra di voci, urlanti gli inni della rivoluzione.
CAPITOLO II. Nel quale Monsignor Rutilante spiega la sua autorità.
— Leggete reverendo — disse la contessa Gilarda Liturgico porgendo a Monsignor Rutilante una lettera sgualcita: — Leggete e ditemi se non ho ragione!
— Comunque sia... — aggiunse Monsignor Rutilante scrollando il capo — ... basta, vediamo.
Inforcati gli occhiali, spiegò il foglietto, e cominciò lentamente, con voce roca e nasale:
Cara mamma,
«scrivendoti, il peccato che sto per commettere mi appare in tutta la sua gravità e ne chiedo umilmente perdono a Dio. So di errare e non posso trattenermi da l'errore. Sii buona, perdonami, perdonami mamma, perchè ti voglio tanto bene e sono molto infelice! (Uhm! commentò Monsignor Rutilante estraendo un suo enorme moccichino rossastro).
«Ho pregato, ho seguito vigilie e digiuni, ho chiesto consiglio al mio confessore; ma nulla, nulla mi è stato di giovevole conforto in questo gran male.
«L'amore è una cosa triste e ineluttabile; io lo sento e chiedo perdono a Dio per la mia debolezza.
«Andrò molto lontano di qui; in qualche chiesa remota, consacrerò a Dio questo disperato amore che mi consuma, poi mi prostrerò su la terra, piangendo.
«Non so scriverti più perchè il pensiero si perde.
«Addio, ti bacio forte, addio.
«Didino.»
— Povero figliuolo! — disse Don Eucaristia.
La contessa Gilarda e Monsignor Rutilante si guardarono negli occhi.
— Che ne diranno i repubblicani? — chiese Don Barchetta con la sua voce stridula e infantile; poi si volse verso la finestra e guardò giù, nel giardino, con aria pensosa.
— Non è un'infamia? — riprese la contessa Gilarda interrogando Monsignor Rutilante.
— In questa faccenda vi deve essere un colpevole — rispose il savio prete — e lo scopriremo. Però mi permetterete dirvi, cara contessa, che se da parte vostra vi fosse stata sorveglianza maggiore e saggia oculatezza, il male che ora ci troviamo inaspettatamente su le spalle, si poteva evitare. I ragazzi non hanno ancora sufficiente discernimento, non possono, nella loro mente, troppo presa dalla fantasia, fare una netta e sicura distinzione fra il bene ed il male, sicchè da l'uno a l'altro, per inavviste propagini, si perdono.
Sta alla precettrice o al precettore che li guida il saperli indirizzare per la retta via, nel santo timore di Nostra Madre Chiesa; essi sono come una barca senza timone, ed attraversano il mare dei perigli; sono come un augello nella tempesta e possono disperdersi negli artifizi del nemico, nelle male reti degli uccellatori. Io so di molti casi consimili, nella mia esperienza di padre.
Certamente, per voi, cara contessa, questo è un grave caso di coscienza e dovrete purgarvene.
— Seguirò la volontà di Dio e la vostra, padre! — disse la contessa Gilarda inchinandosi.
— Ora però — riprese Monsignor Rutilante, dai vivi occhi volpini — conviene cercare la linea di condotta più opportuna per evitare mali peggiori: Quali erano gli amici di vostro figlio?
— Non ne aveva.
— È impossibile contessa. Un giovane di vent'un anno ha sempre qualche amico.
— Didino era un giovanetto solitario...
— Male! — chiosò Don Barchetta.
— ... e non aveva affetto per nessuno, se non forse per un suo cugino che capitava qui due volte all'anno e non più.
— Come si chiama? — chiese Monsignor Rutilante.
— Fedele Barbigi. È figlio del marchese Barbigi...
— Conosco conosco! — Esclamò monsignor Rutilante assentendo.
— È un giovanetto pallido, biondo, tutto gentile di viso: pare una donnina. Didino ne aveva molta compassione.
— E perchè? — chiese Don Barchetta.,
— Per naturale devozione ai deboli! — rispose la contessa Gilarda: — È un insegnamento di nostro Signor Gesù Cristo!
Don Eucarestia, agitando il capo, assentì.
— Non sapete se vostro figlio tenesse corrispondenza col marchesino? — riprese Monsignor Rutilante.
— Si scrivevano qualche volta.
— Le lettere le leggevate voi?
— No.
— Male! — ridisse Don Barchetta.
L'interrogatorio continuò da parte di Monsignor Rutilante:
— E, avete frugato fra le carte di vostro figlio?
— No.
— Neppure una volta?
— Mai, padre!
— Questa è cosa necessaria. Volete avere la cortesia di farmi recare qui la corrispondenza di Manso Liturgico?
— Subito! — rispose la contessa, e toccò il bottone di un campanello elettrico.
Allorchè Monsignor Rutilante s'ebbe i documenti incriminati, cominciò a scorrerli con occhio attento. Passò una pausa durante la quale