Prose (1880-1890). Cesare Pascarella

Prose (1880-1890) - Cesare Pascarella


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       Le disgrazie non capitano mai sole.

       Sta' bene e ricevi una affettuosissima stretta di mano dal tuo

       1º gennaio 1885.

       Cesare Pascarella.

      Signore e Signori,

      Sapete? C'è stato un momento, un'ora fa, quando ho posto il piede in queste sale, che spaventato da un esercito interminabile di sedie vuote (Non potete immaginare quale effetto disastroso producano nell'animo di un conferenziere le sedie vuote!) spaurito da tutto questo apparecchio di tappeti verdi, e di bottiglie piene d'acqua inzuccherata ho avuto improvvisamente l'idea di ripigliarmi lo scialletto e il cappello, e d'andarmene.

      Voi sorridete, Signora? Capisco ciò che significa il vostro sorriso. Voi pensate che se io me ne fossi andato, a quest'ora a voi sarebbe risparmiata la noia di ascoltarmi e a me lo scorno di stare quassù impacciato davanti a questo tavolino. Ma ora, o Signora, il rammaricarsi è vano; perchè io ci sono, voi, eh! voi ci siete; insomma noi ci siamo; e conviene, bene o male, a me di parlare e a voi di ascoltarmi.

      Non potete immaginare quanto mi dispiaccia di non essere un valido e forte conferenziere! Eh, se lo fossi a quest'ora avrei già abbozzato una diecina di righe di preambolo, me ne sarei scivolato giù nell'argomento, e una volta nell'argomento felicissima notte! Poichè è proprio vero, che il difficile sta nel cominciare. Una volta incominciato, in fondo ci si arriva. Le idee son come le ciliege; una ne tira un'altra. Di ciliegia in ciliegia si arriva in fondo al piatto, come, bene o male, di idea in idea si arriva in fondo alla conferenza. Ma io, purtroppo! non sono un valido conferenziere. Io sono venuto quassù impacciato con la testa fra le nuvole; tanto che se io avessi bisogno di un bicchier d'acqua dovrei stare bene attento a non far accadere una inondazione su questo tavolino.

      E giacchè sono in vena di fare delle confessioni, ci metto anche questa. Cinque minuti fa, quando sono sceso da quella stanza che mi parve l'anticamera dei sospiri, per venir qui, attraversando la sala ho gittato timidamente uno sguardo tra la folla ed ho visto tanti amici che mi guardavano ridendo e tante belle signore che mi osservavano curiosamente attraverso alle lenti degli occhialetti. I primi mi hanno rammentato la folla pigiata sotto ai funamboli che salgono sul soffitto del teatro per eseguire i loro difficili esperimenti, e mi è balzata alla memoria la considerazione che fa il popolano al vedere la vita dei poveri acrobati esposta al pericolo. Ricordate?

       Quer che te dà piacere, poi, è l'artezza

       Indove stanno a lavorà' 'sti giochi:

       Si quarcuno viè' giù nu' la rippezza!

      E a dirvi la verità, non vorrei davvero proprio io, stasera, venir giù dal soffitto di questa conferenza!

      Le seconde, le signore, oh! le signore mi hanno ricordato la folla elegante che si stringe attorno alla fiala di vetro, ove nuota nello spirito un mostricino presentato dal Barnum in abito nero e cravatta bianca, come un fenomeno très intéressant.

      Forse, a cercarlo bene, il mostricino c'è; ma se c'è il mostricino, manca lo spirito.

      Difatti...

      (Il conferenziere ad un signore che, sbuffando, si dimena fastidiosamente su la sedia):

      Come? Che cosa dice? Ah! Il manichino? Scusi tanto. Chiacchierando lo avevo dimenticato. Ma, prego, non s'impazienti! Guardi, incomincio subito.

      (Qui l'oratore fa un passo indietro, si inchina e con voce solenne incomincia):

      Quand'è, o signori, che è comparso sulla scena del mondo il manichino? Quand'è? Quand'è? Curiosa davvero! Sento di essermi dimenticato di qualche cosa e non riesco a capire di che. Ah, per bacco! scusate tanto, nientemeno che m'ero dimenticato di bere il bicchier d'acqua di rito.

      Io veramente non ho sete; ma siccome ho visto come tutti i conferenzieri prima di entrare nell'argomento bevano un bicchier d'acqua, io, ripeto, non ho sete, ma per non infrangere la consuetudine, giacchè lo bevono tutti, lo bevo anch'io.

      (L'oratore vuota un bicchiere, poi manda un sospiro di contentezza e sorride).

      Ah! ora capisco perchè si beve il bicchier d'acqua. Ma davvero che questo bicchiere d'acqua mi ha dato una larghezza di vedute, una lucidità di mente tale, che incomincio a credere sul serio di arrivare fino in fondo senza fermarmi mai più. Dunque dicevamo? Ah! dicevamo: quand'è, o signori, che è comparso sulla superficie della terra il manichino? Per rispondere a questa dimanda sento il bisogno di ricorrere ad una frase fatta. L'origine del manichino, o signori, si perde, pur troppo, nella notte dei tempi. Ed ora, giacchè ci sono, sèguito. Accendiamo dunque il lanternino della storia, o per dir meglio, delle induzioni; e ricerchiamo questa origine.

      Ci sono molti i quali affermano che il manichino c'era già prima che il mondo esistesse; e costoro aggiungono che basta gittare lo sguardo su tanti quadri, per vedere come su quelle pitture colui che si affanna con le braccia spalancate a creare tutto questo po' po' di mondaccio birbone, non sia altri che un manichino rivestito di stoffe aranciate e azzurre, campeggiante in una bella aureola di giallo di Napoli: ma questa può sembrare un pochino sballata, e così pare anche a me. Non teniamone conto. Scartiamola, e procediamo diritti per la nostra via. Però prima di addentrarci nella selva selvaggia delle induzioni, stabiliamo bene una cosa. Si conoscono o non si conoscono manichini preistorici? Qualcuno di voi potrebbe dirmi che i manichini preistorici esistono, e sono posseduti dal signor Dovizielli[1]; ma questo sarebbe uno scherzo e la gravità della mia conferenza ne andrebbe perduta. No, i manichini preistorici fino ad ora non si conoscono. Forse fra qualche mese, fra qualche anno, la scienza, che progredisce sempre nelle scoperte utili, inventerà anche il manichino fossile; ed allora sarà il caso di riparlarne: allora Temistocle Gradi ci farà sù un bel racconto. Paolo Lioy ci scriverà sopra un articolo per il Fanfulla della domenica e un Pascarella dell'avvenire lo illustrerà con una nuova conferenza. Auguro a quel Pascarella dell'avvenire la fortuna di avere innanzi a lui un pubblico così colto, numeroso, e gentile come questo che ora mi ascolta. Assodato, adunque, come i manichini preistorici non esistano, io mi risparmio di sciorinarvi le teorie darwiniane, e vado innanzi.

      Assolutamente è chiaro, o signori, che il manichino ha dovuto comparire sulla superficie della terra subito dopo che l'uomo nella sua qualità di essere ragionevole, e di principe della natura, ha sentito il desiderio di possedere qualche cosa di falso somigliante al vero, ma che però cotesto vero non riuscisse a raggiungerlo mai. Mi spiego. Per ricercare l'origine del manichino, o signori, è necessario, logicamente parlando, di ricercare la origine dell'arte. Quando, o signori, è nata l'arte nel mondo?

      Belle dimande direte, voi. Ma che sul serio, dico, vogliamo credere alla storiella dei due amanti di Sidone? All'amante maschio che parte proiettando nettamente sul muro l'ombra della sua persona, e all'amante femmina che resta, e che vedendo sul muro l'ombra del suo innamorato corre a graffiarne il contorno con un chiodo o con una lisca? Scioccherie. L'arte è nata con l'uomo, e l'uomo non appena è comparso su la scena del mondo, ha inteso la necessità, il bisogno ineluttabile dell'arte. E io me lo figuro, quest'uomo primitivo, che, aperti gli occhi alla luce, appena ha cominciato a passeggiare per le vie del mondo, invece di fabbricarsi un paio di brache per ripararsi dal freddo, un ombrello, magari da pochi soldi, per difendersi dalle piogge torrenziali, io me lo figuro, reggendosi con una mano la foglia di fico — l'unico tout de même allora di moda — segnare con l'altra, su di una pietra non ancora ricoperta di muschi, con una silice dura il ritratto del suo babbo, della sua mamma e della sua innamorata; me lo figuro e lo compiango. Badate bene però, che non mi arrischio di metterlo fuori qui questo compianto, perchè qui troppi pittori mi ascoltano. Anzi io qui dirò come l'arte sia prepotente bisogno nell'uomo e qualche volta anche nella donna, e sosterrò come l'uomo perfetto sia colui che dipinge quadri. Solamente io spero che lor signori vorranno essere tanto ragionevoli da lasciarmi aggiungere all'uomo perfetto che dipinge quadri, l'uomo perfettissimo: quello che li compra!

      Accertata adunque l'esistenza del pittore nelle prime epoche mondiali, è appunto a quelle epoche che risale l'origine del manichino. Difatti, ammesso una volta il pittore,


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