Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi. Augusto De Angelis

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Cripopoulo merita ogni sacrificio.

      Salgo due capi di scale; sul pianerottolo vedo una porta e sulla porta una lucida targa d’ottone.

      TAROTS EGYPTIENS – HOROS – SEGRET INDIEN

      INFAILLIBLE

      NIKOLA CRIPOPOULO

      CARTOMANCIE – CLAIRVOYANCE – CLAIRAUDIENCE – CHIROMANCIEN

      Sotto, un cartoncino con una mano dipinta in nero, che indica a destra il campanello. L’indicazione è piena di previdenza, ma io non suonerò: Nikola mi ha avvertito di bussare tre colpi con la nocca. Toc, toc, toc. Spaziati, sonori, significativi. Silenzio di tomba. Toc, toc, toc. Medesimo risultato. Suono il campanello.

      — Saìda (Buon giorno).

      Ma perchè mai mi ha detto di bussare tre colpi?

      — Saìda. Que c’est que m’sieur Cripopoulo est la?

      — Mais!... oui... mais....

      — Mais? Ein?!

      La donnaccola tace e mi guarda. È una sudanese lucida come la tuba del mio Primo Ministro. Gli occhi gialli, iniettati di sangue, le brillano di fosforo e ha una voce graziosamente lacerante da pappagallo innamorato. Sopra le sue spalle, dietro il rosso della mellaia, scorgo lo sfondo di una tappezzeria a fiorami turchini.

      — Mais donc!

      Apre la bocca a un sorriso di squalo, scoprendo la dentatura bianca affilata e tagliente. Che cosa vuol dire tutto questo? Sono io forse un cliente comune o addirittura sospetto? E il nostro patto, Nikola?

      — Voi mi farete il piacere di dire al vostro padrone che c’è....

      — Eccomi, monsieur Domiziani. Sono qui! Nur!... ‘abeden!...3

      Nur si ritrae, infatti, e scompare, lasciandomi vedere il sorridente Nikola, che si inchina:

      — Entrate, mister Domiziani, entrate, dunque.

      Si è ricordato che sono inglese – o quasi – l’ottimo Nikola: era tempo! Ma come s’è vestito, Nikola? In celeste, con un succinto pigiama di seta, e ha le scarpette di vernice nera e una lunga collana di giade, che fa scorrere, grano per grano, sotto le dita della mano sinistra. Saltellando, agitando la destra con un movimento ritmico, le giade penzolano sino a toccar terra, mi precede:

      — Scusatemi! Sono molto occupato, sapete? Ho un cliente. Passate per di qua. Vi farò entrare nel salotto di madama Cripopoulo.

      Il salotto di madama Cripopoulo! Me lo ricorderò, il salotto di madama. Mi ci ha chiuso, dicendomi: – Permettete che termini la consultazione? – ed è scomparso. Oramai lo attendo da circa un’ora. È troppo! È realmente troppo. Ho provato ad aprire la porta per uscire: è chiusa. Qui dentro si soffoca dal caldo e per di più c’è un odore oleoso di legno di sandalo bruciato. Ho osservato la stanza. È barocca e ridicola, pretenziosa e funebre. Stile rococò da far piangere meglio di una cipolla appena tagliata. Un divano rosso sangue di bue e quattro poltrone con certi fiori aguzzi intagliati sugli schienali, nelle quali non mi siederò per stanco che sia. Un tavolo rotondo intarsiato di madreperla. E sette candelieri di ottone lucido, messi in fila sopra una consolle tuttora immoderatamente panciuta, quasi non le bastasse di avere già messo al mondo quel vezzoso comodino, obeso come lei, che le sta accanto.

      Ma quei sette candelieri attirano la mia attenzione da qualche minuto. Essi recano sette candele, bianche quanto l’innocenza medesima, vale a dire colore del volto di un itterico. Nuove, le sette candele, attendono con trepida compunzione che una fiamma venga a lambire i sette stoppini protesi verso un bene naturalmente promesso. Sono le uniche che vivano in questo bazar polveroso. Esse e io. La compagnia non mi rallegra. Do manifesti segni di cattivo umore: certo il cliente di Nikola deve credere che ci sia nella casa un cane alla catena. Vieppiù i miei rumori aumentano, col protrarsi sconveniente e ingiustificabile dell’attesa. Grido, picchio alla porta, ho persino fatto correre le poltrone sul pavimento, sperando che il timore di vedere i suoi mobili resi inservibili – ma servono essi a qualche cosa, che non sia la decorazione di questo scannatoio? – facesse accorrere qualcuno. Invece, nulla. Perchè mai Nikola ha chiuso la porta dietro le mie spalle? Per quanto gelosi gli siano i suoi misteri chiromantici, non avrebbe dovuto temere di un amico, che gli ha dato tangibili segni di benevolenza. Comincio ad essere preoccupato. Se Nikola non fosse quel Nikola che il mio indiscutibile fiuto di «agente segreto» mi ha fatto scoprire? Se fossi stato tratto in un tranello, preparato con diabolica abilità dai miei nemici? Quali, al postutto? Quali? È evidente! Come potrebbe un «agente segreto» di una grande Potenza europea non avere una folta schiera di avversari, di concorrenti, di nemici insomma, appiattati nell’ombra? Ma mi conoscono, essi? A chi ho io parlato della mia missione, del mio viaggio? Mi sono persino imbarcato a Napoli, sotto un nome straniero. Vero è che i miei capelli rossi, possono avermi fatto riconoscere. La Ceka ha tentacoli dovunque! Con quella invenzione delle cellule, si propaga peggio di una malattia infettiva. E l’Inghilterra ha tanti nemici, la vecchia formidabile Gran Bretagna! La vogliono distrutta! Ah! ma ci sono qua io. Occorre agire, occorre. Per cominciare c’è troppo buio qua dentro: la pancia della consolle non ha un aspetto del tutto pacifico e il rosso sangue di bue del divano e delle poltrone è diventato violaceo, nerastro, sangue appunto raggrumato. Luce, luce! Con l’accendisigaro automatico do fuoco agli stoppini di tutte e sette le candele. Ah! Le guardo: sono buffe con quel loro colore itterico e le sette fiamme vacillano in modo veramente miserevole! I nemici dell’Inghilterra! Mi fanno semplicemente ridere. Queste sette candele simboliche attendevano la pallida profumata fiamma di una lampada da esorcismi, che protendesse verso di loro con dolce amabilità il suo becco untuoso! Ah! ah! Se ne sono accorte adesso di quel che voglia dire mettersi contro la forza della vecchia gloriosa Inghilterra! Hanno conosciuto il morso della fiamma lanceolata di un accendisigaro automatico, freddo di acciaio, come le nostre tanks e come le nostre mitragliatrici. Questi barbari fanatici l’avranno da fare con me. Sono nato all’Equatore, è vero, ma ho sangue scozzese nelle vene. Mio padre e il padre di mio padre e persino il nonno del padre di mio padre appartenevano al clan dei Robinson. Conoscete il clan dei Robinson? Ebbene, Nikola Cripopoulo imparerà a conoscere me, che da quel clan indubbiamente discendo, per quanto sia nato all’Equatore.

      Ho acceso le sette candele e adesso traggo di tasca la Browning. Verifico: sette colpi nel serbatoio e uno nella canna. Ce n’è più del necessario, vale a dire.

      — A me! – grido. – Nikola! Se non mi aprite immediatamente, dico im-me-dia-ta-men-te, faccio fuoco.

      La porta, infatti, si apre e compare nel riquadro di essa l’elegante figurina di una donna, giovane, graziosa, sorridente. Ma no! È impossibile! Quelle gambe diritte... quegli occhi verdi... È impossibile! E pure, non sogno: è la mia sconosciuta del Claridge. È lei, vi dico! Sto per gridare al fantasma. Quelle sette candele contro gli specchi, quella consolle panciuta... c’è magia!...

      — A me!... – la voce mi esce strozzata dalla gola.

      — Tacete, dunque, signore, vi prego! Nikola è molto occupato. Sta facendo lo za’ar a un Pascià del Cairo, che aspira alla presidenza del Senato.

      — Nikola?!...

      — Mio marito, signore.

      R

      — Sapete? Io dico za’ar , ma non so che cosa significhi! Soltanto da tre mesi sono la moglie di Nikola Cripopoulo, e non so parlare l’arabo.

      — Za’ar vuol dire esorcismo, magia nera, rimedio sicuro contro i demoni. L’ho imparato poco fa, venendo qui in carrozza. Ma non credo che Cripopoulo stia facendo uno za’ar , anche se lui lo dice soltanto gli stregoni indigeni possono farlo. Io, come inglese, conosco bene l’Egitto. Nikola, secondo voi, è uno stregone indigeno?

      — Volete sedervi, signore? E quelle sette candele accese! Perchè avete acceso quelle candele?

      — Non trovate che la facciata della casa di fronte sia troppo


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