Augusto De Angelis: Tutti i Romanzi. Augusto De Angelis

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Eccomi qui… Eccomi qui… – borbottò il Questore. – Anche il soccorso di Pisa arrivò, ma la città era già caduta!… Scommetto che lei non sa neppure che hanno assassinato un uomo in Piazza Mercanti alla Fiera del Libro… Che il cadavere è rimasto tutta la notte sotto il banco della Lega Evangelica… Che hanno rubato un sacchetto contenente gl’incassi fatti ieri, circa mille lire e forse più…

      — Questo non è esatto, commendatore. Il sacchetto non lo hanno rubato! Eccolo.

      E glielo mise sulla scrivania, liberandolo dal giornale in cui era avvolto.

      Il Questore spalancò gli occhi.

      — Oh! come ha fatto a trovarlo? Dov’era lei?

      De Vincenzi glielo disse. A mano a mano che parlava il volto del Questore si distendeva e gli occhi gli s’illuminavano.

      — Meno male! Una volta almeno, la sua passione pei libri le è stata di qualche utilità! Dunque, lei sa tutto! Vada, allora. Vada nel suo ufficio e proceda all’interrogatorio di coloro, che son giù. Il commissario Micheli deve aver fatto chiamare anche i due vigili notturni, che eran di servizio alla Fiera questa notte e spero sia riuscito a trovare il Pastore evangelico dal quale dipendevano l’assassinato e i suoi due compagni.

      De Vincenzi s’inchinò e mosse verso la porta.

      — Un momento. Affido a lei l’inchiesta e le do carta bianca. Ma veda di arrivare a qualcosa di concreto il più presto possibile.

      — Farò del mio meglio, commendatore.

      E scese in fretta. Si sentiva stranamente leggero. Per quanto sapesse che stava per andare incontro a difficoltà d’ogni genere e a un periodo di lavoro intenso e di intimo arrovellamento, il caso era di quelli che piacevano a lui.

      — Fammi venire i due compagni del morto… Voglio sbrigarli per primi, perché desidero che ritornino al loro banco – disse a Sani, passando ed entrando nella sua camera.

      Beniamino e Bertrando entrarono nella stanza di De Vincenzi accompagnati da Cruni, che fece un gesto di meraviglia, quando vide il commissario. Il brigadiere lo aveva cercato dovunque e non era riuscito a trovarlo.

      — Rimani nella stanza del vice-commissario, Cruni… Ti chiamerò, se avrò bisogno di te… Sedetevi, voi due.

      Il colosso sedette subito e mise le braccia conserte, nascondendo le mani sotto le ascelle. Il suo volto rincagnato era duro e immobile e lui teneva gli occhi bassi e soltanto di sfuggita volgeva qualche occhiata al commissario. Bertrando appariva irrequieto e, appena seduto, cominciò ad agitarsi sulla seggiola. De Vincenzi li guardava. Ma perché il destino aveva riunito proprio attorno al banco della Lega Evangelica quei tre tipi tanto fisicamente insoliti e li aveva messi, tutti e tre, il colosso dalla testa di galeotto, quel giovane galletto di cresta rossa e il fu Giobbe Tuama, dal naso a clava e dalle gambe d’uccello, a vender Bibbie protestanti rilegate in nero?

      Un po’ perché li osservava e un po’ perché voleva stancarne preventivamente la resistenza morale, fece pesare su di loro coi suoi sguardi un lungo silenzio. Il colosso rimaneva immobile, massiccio, come un blocco di pietra deposto pesantemente su quella seggiola, che c’era da chiedersi come mai non si frantumasse sotto di lui. Il giovanetto dava sempre maggiori segni d’irrequietezza. Si passava le mani nei capelli, si accarezzava nervosamente le gote, agitava le gambe, preso da un tremito convulso.

      — Come ti chiami tu? – e la voce di De Vincenzi, breve e secca, suonò di colpo, facendo trasalire persino Beniamino.

      — Io!… – Lo spavento si leggeva negli occhi di Bertrando. – Io?

      — Sì, tu.

      — Bertrando Vitali… Ho diciott’anni… Abito in Verziere con la famiglia… Mio padre fa il calzolaio… Vado a far pulizia nella chiesa e servo il Pastore… Ho scoperto io per il primo il corpo del povero Giobbe!… Perché mi chiede tutte queste cose?… È sparito il sacchetto col danaro, vero?… Chi ha fatto una cosa simile? Ah! che orrore!…

      Si coprì il volto con le mani. Aveva parlato tutto d’un fiato, come una macchina sotto pressione, che esplode. Beniamino gli lanciò un’occhiata di traverso. De Vincenzi sorrise.

      — Conoscevi bene Giobbe Tuama?

      — Era molto gentile. È stato lui che mi ha insegnato le pratiche religiose. Mi commentava la Bibbia… Gli altri non gli volevano bene, ma io sì. Con me era buono. Un po’ strano… Prima aveva voluto che andassi a far pulizia in casa sua… la mattina… poi a un tratto non volle più…

      — Dove abitava?

      — Via Bramante, 9.

      — Aveva amici? Qualcuno frequentava la sua casa?

      — La portinaia mi diceva che durante il giorno salivano da lui parecchie persone. Ma io l’ho visto sempre solo. Per la strada non si accompagnava mai con nessuno. Certo, lo hanno ucciso per togliergli il denaro!

      — Ieri che cosa ha fatto? Hai notato che abbia avvicinato qualcuno?

      — No, nessuno… Vendeva le Bibbie… Era lui che gridava… Sapeva farlo con garbo… Parlava bene, dava le spiegazioni con precisione… Era istruito, Giobbe Tuama, e avrebbe potuto sostituire il Pastore nelle prediche…

      De Vincenzi si alzò.

      — Ho capito. Non ho bisogno di altro da te. Torna al banco della Fiera e vendi pure i libri, come se nulla fosse accaduto. Il banco è custodito da un agente, fatti aiutare da lui, fin quando non verrà il tuo compagno.

      Lo accompagnò alla porta.

      Beniamino non s’era mosso. De Vincenzi tornò verso di lui e gli posò una mano sulla spalla. – Veniamo a voi, come vi chiamate?

      — Beniamino O’Garrich.

      — Irlandese come Giobbe Tuama?

      — Sì. Ma naturalizzato americano.

      — Conoscevate Tuama da molto tempo?

      L’uomo esitò. De Vincenzi andò a metterglisi di fronte, appoggiandosi al tavolo. Lo fissava.

      — Siete venuto a Milano assieme al vecchio?

      — No! Questo no!… Ci siamo ritrovati per caso a Milano.

      — Dunque, lo conoscevate?…

      — Avevo avuto occasione di conoscerlo.

      — In Irlanda?

      — No. Né lui, né io siamo nati in Irlanda… Siamo americani di origine irlandese…

      — Lo avete conosciuto in America?

      Altra esitazione.

      — Sì… anche in America…

      — E dove ancora?

      — Nel Sud Africa..

      — Transvaal?

      — Se vuole…

      — Voi che ci facevate laggiù?

      — Che c’entro io? Non vorrà mica conoscere tutta la mia vita!

      — E se volessi proprio questo?

      Gli occhi del colosso mandarono fiamme, ma si spensero subito.

      — Si divertirebbe poco! Lasci andare! Io non ho ucciso Giobbe Tuama…

      — Non vi ho detto che lo abbiate ucciso. A che ora lo avete lasciato, ieri sera?

      — Sarà stata mezzanotte. Gli ho chiesto se veniva via con Bertrando e con me; mi ha risposto che andassimo… che lui comunque faceva un’altra strada… E rimase presso il banco. Per maledizione, ebbi l’idea di consegnargli il sacchetto col denaro, dicendogli di andarlo a portare questa mattina a casa del Pastore… Così hanno rubato il denaro dei poveri… I poveri che noi soccorriamo soffriranno…

      —


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