L'alcòva d'acciaio: Romanzo vissuto. F. T. Marinetti
del mare che bolle sicuro di sè. Piove fuoco argenteo vivo di gioia artistica. Ogni onda ha una sua idea in cresta che fiammeggia. Per essere più degno e più intriso d’arte sublime mi arrampico su un trampolino e
Patapluum Plufff
giaaaa ggggggggg di schiuma
Nuoto sott’acqua a occhi aperti, vedo in alto una volta incendiata. Scintille di rumori nelle orecchie blublublublu bloblo tlac tloc gott gluglu.
Emergo. Luce anguillante di pittura futurista in ogni onda. Elastici tessuti di riflessi viola gialli, verdi, azzurri. Si prolungano così ramificandosi i sincronismi celesti dei raggi.
Il mare è una tavolozza sovraccarica di colori. Pennello vivente, voglio nuotandovi dentro dipingere anch’io un quadro.
Comincio col nuotare alla rana. Formo così un groviglio duro di linee. Poi a destra, nuoto alla marinara sul fianco come le donne formando una capigliatura di linee molli sfumate. Balzo a sinistra e nuoto over facendo ruotare il braccio sinistro col braccio destro teso in avanti. Dipingo nell’acqua una ruota. Mi slancio con un braccetto vigoroso facendo ruotare alternativamente le due braccia, ma tenendo la testa fuor d’acqua.
Nel mare si dipingono così due ruote davanti alla prima ruota. Tuffo la testa nell’acqua accelerando il doppio movimento alternato delle mie due braccia rotanti. Intuisco con gioia il liquido meccanismo di orologeria colorato che nasce da me.
Vedo accendersi il rosso di quella nave camuffata come un incendio, torcersi quella spirale azzurra intorno alla ciminiera come una molla gigantesca sulla quale una nuvola elasticamente molleggia come un saluto di padre eroico al figlio combattente.
Gioia di rinvigorire il corpo perfezionandone i tessuti, aguzzandone i muscoli, perchè scattino dalla schiena ai piedi come una codata di pesce! Gioia di acquistare la potenza guizzante d’un grande pesce-spada prima di partire per il fronte. Le bocche dei cannoni nemici amano simili pesci temerari. Mi succhio un dito. Sono fresco e saporito. Il pasto dei cannoni, porrebbe essere veramente succulento. Ma la fortuna sorride ai grandi pesci audaci che ora come me si nutrono lo stomaco del buon carbone tot igienico che le navi-quadri- futuristi spargono sul mare.
A grandi bracciate, facciamo il giro solenne dei conoscitori di quadri. Intorno ad ogni nave camuffata coloratissima ride il pavimento liquido moltiplicando la bollente gioielleria dei riflessi. Chi può comperare pescecanescamente l’opera impagabile? Le navi a tinte rosee hanno intorno a loro mille riflessi di carne femminile come migliaia di donne bagnanti che applaudano. Le navi a tinte purpuree e gialle hanno intorno dei riflessi in forma di vetrate insanguinate e rotte e talvolta l’intera cattedrale di Reims sommersa. Il sole stanco di conferenze e proiezioni sulla lavagna del cielo abbandona la sala della grande esposizione. Occhiata d’oro vermiglio, fronte e calvizie di fuoco sereno!
—Somiglia alla tua! mi grida un compagno, nuotando.
Sulla calvizie del sole si posano con ali febbrili di farfalle, due idrovolanti.
Torniamo con un ampio giro che ci conduce verso gli affastellamenti di tettoie e camini e la foresta di fumi Ansaldo. Nuotiamo come squali guidati dalle gigantesche carni sanguinolente che gli alti forni sembrano masticare. Magnetismo delle colate d’acciaio. Il ritmo delle presse e dei magli titanici cadenza le nostre bracciate, mentre la nostra bocca sputa schiuma bianca come i torni sputano limatura argentea.
Entriamo sempre più nell’oceanica sinfonia dei rumori del ferro in rissa col ferro. Attacchi e contrattacchi, boxe. Fierezza dell’acciaio, Cocciutaggine di colossi in fusione. Nell’aggrovigliato paesaggio di rumori ormai quasi buio si accaniscono a quando a quando le immense fruste e i lazos delle fiamme rosse. Fiuto la presenza di mille cannoni antiaerei nuovi sui loro candelieri colla bocca al cielo pronta ai lunghi sputi precisissimi di fuoco zenitale.
Sono nuovi pennelli ultra-dinamici di Balla per ridipingere le nuvole all’aurora. Fiuto le nuove Tanks già costruite con un volantista un cannoniere e un cannone da 37, serrate, armatissime, ultrasintetiche come libri futuristi.
Vedo poi giganteggiare il cannonissimo 381 allungato che dovrà tirare da Venezia a Pola (130 Km.) simbolo perfetto del genio italiano a lunghissima portata.
VII.
LA 74
Non conoscete la mia nuova amante? Ve la presenterò. Intendiamoci, quella preferita, che escluderà tutte le altre e sarà forse definitiva.
Non ha un nome, ha un numero e ciò mi piace poichè ogni Rosina è sempre tradita dal ricordo di un’altra Rosina, ogni Maria dal ricordo di un’altra Maria. La mia nuova amante si chiama 74, 7 e 4 fanno 11, il mio numero augurale che mi segue dovunque e mi è più o meno sempre favorevole.
La mia 74 ha una salute di ferro, anzi d’acciaio, una meravigliosa sensibilità, ma blindata. E’ capace d’offendere e d’uccidere. Mentre è assai difficile ferirla mortalmente. La conobbi ieri nel cortile della caserma di S. Benigno. Mi aspettava in riga con le sue sette compagne che le rassomigliano come sorelle. Con delle differenze però importanti. Sono tutte donne autoblindate color verdone scurissimo, tutte armate.
Ma la mia è la più agile di tutte, ha un cuore-motore più forte, e il fuoco delle sue ironie mitragliate non ha debolezze nè distrazioni. Fu la sorte a designarmi come compagno della bella 74. Subito le baciai i fianchi d’acciaio, la grande palpebra metallica e lei mi ringraziò con un mezzo giro della sua cupola ornata d’un fascione tricolore. Volli, allora, penetrare nella sua anima. Tutta affettuosa, la mia 74 mi aprì sportello destro e sportello di sinistra cosicchè occupando il seggiolino della sua volontà e impugnando il volante dei suoi segreti pensieri la slanciai fuori a bella velocità giù per la strada tortuosa che scende al porto di Genova. Sento la gioia gonfiare le arterie della mia 74 che mi porta cantando. Non ha una voce sola, ma un’orchestra di voci bene intonate. Ora godo il languido canto lamentoso del suo cuore-motore che fa da freno in discesa. La sua gioia cresce ed ecco flauti, clariiini, violiiini accompagnano il ritmo delle ruote.
La mia 74 ha forse un difetto; i suoi fianchi sono troppo vasti per poter anguillare e correre senza urtare nelle strade ingombre di Genova. Debbo preoccuparmi anche del suo culo di acciaio veramente poderoso armato di una mitragliatrice a guisa di pungiglione. Con mano molle, ma pronta al volante consiglio i suoi fianchi di non agganciare a destra e a sinistra tram e carrozze.
—Su presto! le grido, ti conduco a Rapallo, a salutare i miei cari e poveri amici mutilati. Vi sarà danza questa sera, belle donne e canti al chiaro di luna sul mare.
Il cuore-motore della mia 74 precipita i suoi battiti e mi risponde come un cavallo con nitriiiti, nitriiiti, nitriiiti.
La sua allegria si manifesta nel mostrarmi tutte le sue virtù. Ecco il ci-ci-cigolio di mille passeri giulivi nelle sue giunture-costole d’acciaio. Sarà bello amarla e stringerla con passione, o meglio viverle nel cuore quando si batte.
Ma sono stanco di goderla dall’interno, voglio vedere le sue forme potenti correre fra le raggere tropicali di questo pomeriggio sulla strada di Varazze.
Lascio il volante al mio volantista Menghini, che avrà pieni poteri in mia assenza sul cuore-motore della mia 74. Ho aperto lo sportello di sinistra. Seduto di fianco sul seggiolino colla schiena presa nella cinghia-spalliera ho le gambe penzoloni fuori a picco sul mare di schiaffi pugni bava e smeraldi vendicatori.
Gioia disinvolta sfrenata di darmi così alla molleggiante velocità com’è una saltatrice sul cavallo nel circo dopo il bel cerchio di carta sfondato. Mi sento preso così a mezzo corpo dall’immensa rabbia amorosa dell’orizzonte marino. La mia gamba destra allungata verso l’invisibile acceleratore della velocità spirituale; la mia gamba sinistra piegata sul predellino fuori.
Sotto di me, le volanti docce di schiume bianchissime e gazose ggggggg. Microscopico stabilimento di bagni che magnetizza i miei muscoli polverosi. Al sole obliquo una cuffia rosso carminio