Il figlio del Corsaro Rosso. Emilio Salgari
allora vedrete quali miracoli saprà compiere il vostro equipaggio guidato dal signor Verra! Forse che i liguri non sono sempre i primi marinai del mondo?
– Ma una palla di cannone può uccidere l’uomo piú audace del mondo.
– Non un filibustiere però – rispose Mendoza, – specialmente quando ha in mano un buon archibugio o si trova dietro a un pezzo di cannone.
Il corsaro sorrise, senza mostrarsi peraltro troppo persuaso dalle parole del vecchio filibustiere.
– Cerchiamo un po’ d’ombra – disse dopo qualche momento. Il sole è caldo nel grande golfo.
A cinquanta passi da loro, presso una scogliera scendente ripidissima verso la rada, s’alzavano dei maestosi banani con foglie enormi. La raggiunsero e si gettarono sotto quegli splendidi vegetali, già carichi di enormi grappoli.
– Armiamoci di pazienza ed aspettiamo – disse il conte. – Io sono certo che, appena le tenebre caleranno, i galeoni e le caravelle daranno battaglia alla mia nave.
– Io spero di raggiungere la fregata innanzi che si spari il primo colpo di cannone – disse il mulatto. – Datemi le vostre istruzioni, signor conte.
– Non avrai da dire al mio luogotenente che una sola cosa: che ci aspetti al capo Tiburon e che sorvegli attentamente il passaggio della Santa Maria.
– Permettetemi, capitano, che aggiunga una cosa – disse Mendoza.
– Parla pure, amico.
– Suppongo, Martin, che tu aspetterai che il sole scompaia per gettarti in acqua.
– Non è necessario – rispose il mulatto. – Nuoterò sempre sott’acqua.
– E come faremo noi a sapere se giungerai alla fregata? È troppo lontana per poter scorgere un uomo.
– E vuoi concludere? – chiese il conte.
– Che ci faccia segnalare se ha potuto dare al luogotenente le vostre istruzioni.
– Sei sempre furbo, tu. Dirai al signor Verra, Martin, che accenda quattro fanali verdi disposti in fila sul cassero.
– Sarà fatto, capitano – rispose il mulatto.
Si levò la casacca, i pantaloni, gli stivali e gettò a terra le pistole e la spada. Non portando né camicia né mutande, era rimasto completamente nudo.
– Che Dio vi aiuti, signor conte, – disse – Io non dimenticherò le vostre istruzioni.
– Va, amico, e guardati dalle palle degli spagnuoli – disse il signor di Ventimiglia.
– Addio, camerata – disse Mendoza. – Guardati anche dai pesci-cani.
– Io me ne rido di quelli – rispose il mulatto.
Spiccò tre o quattro salti, come per provare l’elasticità delle sue membra, poi si gettò fra le rocce che scendevano accavallate bizzarramente verso la rada, strisciando come un serpente. In pochi istanti raggiunse il fondo e, con un magnifico salto di testa, scomparve sott’acqua.
– È un vero diavolo! – disse il conte. – Io non ho mai veduto un nuotatore piú abile di lui.
– Scommetterei la mia spada contro una carica per la mia pipa – rispose il marinaio – che egli riuscirà ad eludere la sorveglianza degli spagnuoli e a passerà sotto i loro nasi senza che se ne accorgano… Là! là: lo vedete? È rimontato.
A duecento metri dalla riva un punto scuro era comparso sulla superficie della rada scomparendo poi quasi subito.
Il mulatto aveva fatta la sua provvista di aria, mettendo fuori solamente il naso, poi si era rituffato, nuotando sempre sott’acqua.
Era impossibile che i soldati, che vegliavano sulle calate che si trovavano alquanto discoste dal luogo occupato dai due corsari, avessero potuto accorgersi di qualche cosa. E poi quella macchia bruna si poteva anche benissimo scambiare per una testa di pesce.
Altre due volte il conte e Mendoza, i quali spiavano ansiosamente la superficie della baia, videro spuntare il naso del mulatto, poi piú nulla. La distanza era ormai troppo considerevole e cominciava a scendere l’oscurità.
– Giungerà? – si chiedeva ansiosamente il conte.
– Non pensate a lui capitano – rispondeva Mendoza. – È piuttosto della fregata che noi dobbiamo occuparci. Io non so che cosa aspettino i galeoni e le caravelle.
– La notte.
– Io, se fossi il comandante della squadra, assalirei subito.
– Il combattimento non tarderà ad impegnarsi. Non vedi che delle scialuppe cariche di soldati si staccano dalle calate e prendono il largo?
– Pessima manovra, signor conte! Non ne sfuggirà una alle bordate della fregata.
Il conte si era alzato e si era messo a passeggiare nervosamente intorno ai banani; Mendoza invece aveva caricato la sua pipa e fumava placidamente.
Quella calma del vecchio marinaio era piú apparente che reale, poiché di quando in quando si dimenticava di tirare e la pipa si spegneva. Intanto le tenebre scendevano rapidamente avvolgendo la città, il porto e le navi.
La fregata, che si trovava presso la bocca d’uscita, non si scorgeva quasi piú.
Ad un tratto il corsaro mandò un grido:
– Il segnale! Ah, bravo Martin!
Quattro fanali verdi, che spiccavano vivamente nella profonda oscurità, disposti l’uno dietro l’altro, erano comparsi sull’altissimo cassero della fregata.
– Ve lo avevo detto io, capitano, che quel diavolo sarebbe riuscito – disse Mendoza vuotandosi la pipa. – Ora potremo andare un po’ in campagna a gustare i vini di San Josè. Si dice che siano squisitissimi.
– Adagio Mendoza. La fregata non è ancora fuori del porto.
– Se è per questo, riaccendo la pipa; sono sicuro che passerà fra i galeoni e le caravelle. Una volta fuori del porto, le diano la caccia se ne sono capaci.
– Se riesce ad aprirsi il varco, sarò pienamente tranquillo, mio bravo marinaio. Nessuno può raggiungerla e nemmeno…
Un colpo di cannone interruppe il suo discorso.
La Nuova Castiglia aveva aperto il fuoco, sfidando le navi spagnuole a battaglia.
Quel sinistro rimbombo, che si ripercosse fragorosamente contro le case della città, fu seguito da un breve silenzio, poi si udí una seconda cannonata.
Il corsaro e Mendoza avevano scalate rapidamente le rocce, per meglio assistere alle diverse fasi del combattimento.
L’uno e l’altro, quantunque avessero piena fiducia nella robustezza e nell’armamento della nave e nel coraggio dell’equipaggio, formato interamente d’intrepidi filibustieri reclutati alla Tortue, erano in preda ad una profonda angoscia.
Sapevano bene che la Spagna aveva pure valenti marinai, capaci di disputare lungamente la vittoria.
Un altro mezzo minuto trascorse, poi terribili bordate partirono dai galeoni e dalle caravelle.
La battaglia era cominciata.
CAPITOLO V. LA FUGA DELLA FREGATA
La Nuova Castiglia, salpate le sue âncore e spiegate le sue vele, approfittando di una fresca brezza che soffiava dalla parte di terra, si era messa arditamente in marcia, muovendo verso la bocca del porto, niente atterrita per la presenza dei galeoni e delle caravelle.
I suoi fucilieri, quei terribili filibustieri che quasi mai sbagliavano un colpo e che erano armati di grossi archibugi tutti di buon calibro, si erano disposti in un lampo dietro le murate, sopra le quali avevano arrotolato le brande, aprendo subito un fuoco infernale sui ponti delle navi avversarie, per abbattere i timonieri e gli ufficiali.
Altri si erano lestamente arrampicati sulle coffe, per lanciare bombe, delle quali quei formidabili scorridori del mare facevano molto uso e con buon