Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II. Amari Michele
a rilento nel pagare, Sâin si mostrò nell'Adriatico, con quattro navi grosse. Imbattutosi nello stratego che n'avea ben sette, lo slavo non se la stette a pensare che l'assalì e il vinse. Sbarcato poi, prendea Termoli nel mese di settembre o d'ottobre; e si riducea alfine a Mehdia con dodici migliaia di prigioni.385 Fu ultima di sue scorrerie questa del novecentoventinove. E credo che in tal tempo l'armata e le genti slave fossero venute a svernare ogni anno in Palermo, e che parte ve ne rimanesse a mercatare dopo la partenza di Sâin; poichè il rione più grosso della città, contiguo al porto, si addimandò il Quartiere degli Slavi.386
Lunga pezza poi respirò l'Italia meridionale sendo stato soddisfatto il tributo dai Bizantini fino alla morte del Mehdi;387 racceso poscia il fuoco della guerra civile in Sicilia; e nel frattempo rivolte le forze navali dei Fatemiti contro Genova. In que' primordii della repubblica, sembra già cresciuto il commercio, poichè attirò gli avvoltoi, fatemiti. Abu-l-Kasem-Mohammed, figliuolo del Mehdi, salito al trono il novecentotrentaquattro, allestiva immantinenti un'armata di trenta legni da guerra;388 con la quale Ja'kûb-ibn-Ishak corse la riviera ligure, sbarcò nei contorni di Genova, fecevi bottino e prigioni.389 Donde Abu-l-Kasem, ragunato novello esercito il novecentotrentacinque, rimandavalo in quelle parti. I Musulmani allor posero l'assedio alla città; apriron la breccia;390 entrati con la spada alla mano fecero carnificina degli uomini, preser le donne e i fanciulli, saccheggiaron le case e i tesori delle chiese391 e rimontarono su lor legni. Di passaggio approdano in Sardegna; opprimon col numero que' fieri isolani; lor ardono molte navi; fan lo stesso gioco in Corsica;392 e impuni se ne tornano a Mehdia, recando in cattività un migliaio di donne italiane.393 Così leggiamo ne' ricordi loro il lagrimevol caso di Genova,394 accennato appena dai nostri scrittori del tempo, con giunta dell'avviso che n'avesse dato il Cielo, tingendo di sangue una polla d'acqua.395 Alla fine del decimoterzo secolo, non bastando tal prodigio alla repubblica potente e vittoriosa, si finse una terribile vendetta: come la gioventù genovese fosse ita fuori con l'armata; come al ritorno, vedendo la città vota, d'un subito rivolte le prore in caccia de' Saraceni, colseli che si godean l'acquisto in un isolotto disabitato presso la Sardegna, ne fece un monte di cadaveri, e riportò a casa le mogli, le sorelle, i figliuoli. Favoletta sì semplice che par trovata pei bambini; e sta bene in bocca di chi la compose o la ripetè: Iacopo da Varaggio, arcivescovo di Genova, compilator della Leggenda Dorata.396
CAPITOLO IX
Non fia lungo a narrare le vicende interiori della Sicilia da una rivoluzione ad un'altra. Ressela per venti anni, con titolo di emir, quel Sâlem-ibn-Rescid, lasciatovi alla partenza d'Abu-Sa'îd.397 Ma l'autorità era mutilata. Le fazioni in Terraferma, com'abbiam visto, si condussero per capitani mandati apposta d'Affrica; nelle quali, se talvolta andò Sâlem, fu da ausiliare.398 Il navilio siciliano, che diè tanta briga al Mehdi al tempo d'Ibn-Korhob, combatteva ora gli ortodossi sudditi degli Abbassidi in Egitto; i quali ben sapeano che i Siciliani ci andassero contro voglia. E però dopo la giornata navale che guadagnarono gli Abbassidi fuori Rosetta (919), menati a terra i prigioni, il popolo di Misr nè scevrò i Kotamii per ammazzarli; perdonò la vita ai Siciliani, Tripolitani e abitatori dell'Africa propria.399 Del novecentoventisette; venne d'Affrica a por taglie400 su la Sicilia, il figliuolo dell'emiro Sâlem, con due sceikhi401 detti il Belezmi e il Kalesciani402; e tornovvi del trentadue, con preposti nuovi: Ibn-Selma e Ibn-Dâia; i quali aggravaron la mano sul popolo, ma rappresentatisi a corte l'anno appresso, caddero in disgrazia del padrone;403 parendogli forse, che del camelo, com'ei solea dire, gliene avessero recato gli orecchi.404 Veggiamo infine che Sâlem accordava la tregua a Taormina e altre castella dei Cristiani dì Sicilia nella state del novecentodiciannove.405 Da tutto ciò è manifesto che il Mehdi adoperasse in Sicilia l'espediente tollerato dai pubblicisti musulmani del tempo: scindere l'emirato in due oficii, l'un di guerra e polizia, l'altro di azienda e giurisdizione;406 e che non contento a ciò, togliesse l'occasione e le forze da far la guerra. Un capitan generale della sbirraglia con l'antico titolo d'emir; un presidio di Kotamii o fanti poliziotti, com'or diremmo; pace coi Cristiani dell'isola, per lasciarvi disarmati i coloni; gli affari d'azienda e di guerra accentrati in Affrica: con questi ordini il Mehdi tenne la Sicilia. Usò modi somiglianti con le popolazioni arabiche d'Affrica. In generale serbò la pace con l'impero bizantino, e con le popolazioni berbere independenti. Meglio che la spada, amò la penna, i raggiri fiscali, gli artifizii da gran maestro, ai quali era stato educato. Condusse per man del figliuolo la guerra d'Egitto, saviamente ostinandosi a quel conquisto; ma non gli riuscì.
La morte del Mehdi, seguita il tre marzo novecentrentaquattro, si riseppe in Sicilia il venticinque agosto; poichè il figliuolo che gli succedette, Abu-l-Kasem-Mohammed, soprannominato El-Kâim-biamr-illah, la occultò quanto ei potè,407 temendo gli umori ostili degli Arabi d'Affrica, le sètte karegite dei Berberi e lo scompiglio che dovea recare nella setta ismaeliana la disparizione del semideo. A' dieci marzo del medesimo anno, fu morto dinanzi il palagio di Sâlem in Palermo, un Rendasc, governatore di Taormina:408 questo sol ne sappiamo; ma il nome greco ci porta a supporlo capitan del municipio cristiano che avesse infranto la tregua, e caduto in mano di Sâlem fosse mandato al supplizio. Il diciannove poi d'ottobre, ingrossati per piogge i torrenti delle montagne che circondano Palermo, calamità troppo frequente, si rovesciarono su la città, portaron via molte case fuori e dentro le mura, e v'annegò della gente.409 Corso poco più d'un anno, l'undici luglio del trentasei, soffiò sopra l'isola uno scirocco sì infocato, ch'arse le frutta in sugli alberi; nè quella stagione si potè far vendemmia.410
Ridestossi nel trentasette la rivoluzione a Girgenti; la quale città par che il governo fatemita non avesse disarmato nè imbrigliato al par di Palermo, in grazia, sia del sangue berbero, sia della pinta data a Ibn-Korhob. Ciò non togliea nè l'avarizia del fisco, nè i soprusi degli oficiali di Sâlem; sul quale piombò l'odio dei Girgentini, come d'ogni altro musulmano di Sicilia. Levatosi dunque il popolo, a' diciassette aprile, contro Ibn-'Amrân ch'era 'âmil, o, diremmo noi, delegato di Sâlem in Girgenti, lo andarono ad assalire in Caltabellotta, forte rôcca a trentadue miglia, ov'ei si tenea sicuro con suoi gendarmi;411 e, fatto impeto nella fortezza, il capo fuggì; gli sgherri furono svaligiati. Al quale annunzio Sâlem mandava Abu-Dekâk, Kotamio, con le genti di sua tribù, le milizie siciliane, e i fanti di Meimûn-ibn-Musa, che sembran altra caterva di gendarmi: e Abu-Dekâk s'era messo a stringere 'Asra, terra d'incerto sito,412 tra Palermo e Girgenti e rivoltata anch'essa, quando lo sopraggiunsero i Girgentini. Appiccata la zuffa il ventiquattro giugno, par che i soli a combattere tra i regii fossero stati que' di Kotama; poichè di lor soli si narra la sconfitta e la strage, nella quale cadde anco il capitano, e la prigionia dei rimagnenti. I vincitori marciarono sopra Palermo. Dove, o che il popolo non si fidasse per anco di levar la testa, o che il movesse l'antica nimistà coi Girgentini, si lasciò condurre da Sâlem e da Meimûn-ibn-Musa a combattere per gli oppressori. Scontrati i Girgentini, il due luglio, a Mesîd-Bâlîs,413 i Palermitani li ruppero dopo fiero combattimento,
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Confrontinsi:
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Ibn-Haukal nella descrizione di Palermo dà questo nome topografico. In oggi si chiama il Quartier del Capo.
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Nowairi, l. c.
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Dsehebi. Mi par bene dì accennare distintamente la origine dei particolari che sappiamo di questo fatto importante della storia italiana.
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Ibn-el-Athîr, Ibn-Khaldûn. Nel confuso racconto di Dsehebi si fa anche cenno d'un assalto anteriore a quello in cui fa presa la città.
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Dsehebi.
391
Liutprando:
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Così chiaramente nel manoscritto di Dsehebi. In que' d'ibn-el-Athîr si legge chiaramente Karkesia, e così in uno de' due squarci d'Ibn-Khaldûn, ove si aggiugne “su le spiagge di Siria.” Ciò ha spinto l'erudito baron de Slane a correggere “Cesarea;” sendo grossolano errore Karkesia. Ma ibn-Khaldûn, o il copista, par che abbia aggiunto quella spiaggia di Siria, appunto perchè non gli venne a mente che si trattava della Corsica. Ciò mi par certo dalla narrazione d'Ibn-el-Athîr, il quale parla di unica espedizione a Genova, in Sardegna e in quel terzo paese.
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Dsehebi.
394
Si confrontino:
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Liutprando,
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Iacopi de Varagine
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Il Martorana, tomo I, p. 86 e 215, nota 115, seguito dal Wenrich, crede personaggi diversi Salem emiro del 917 e Salem del 937, fondandosi in su questo, che Nowairi aggiunga nel primo caso il nome patronimico Ibn-Ased; e Abulfeda nel secondo, Ibn-Rescîd. Tal supposto or si dilegua con l'autorità degli altri compilatori citati nel capo VII, p. 160, e soprattutto d'Ibn-el-Athîr, il quale scrive Sâlem-ibn-Rescîd sì nel 313 e sì nel 325 dell'egira.
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Si vegga il Capitolo precedente, p. 170, seg., 176.
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Eutichii,
400
401
Così la Cronica.
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Cioè il primo di Belezma, città d'Affrica che abbiam citato altrove; il secondo, di Kalesciana a 12 miglia da Kairewân, della quale il Bekri,
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404
Si vegga al Capitolo VIII, p. 172, 173.
405
406
Si vegga il Capitolo I di questo Libro III, p. 3 in nota.
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Confrontinsi:
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409
Confrontinsi:
410
411
Il testo ha
412
Il nome non sarebbe molto diverso da Asaro, l'antica Assorus; ma l'a scritta con un'
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La Cronica di Cambridge, la sola che fornisca questo e gli altri particolari della guerra, dà il secondo vocabolo in guisa da potersi anco leggere Tâlis, Nâlìs, Iâlis e Mâlis. Il primo è suscettivo della ottima lezione