Скачать книгу
kala't (rocca) e da φάνος; il che prova che vi fosse stata una torre da segnali al tempo della dominazione musulmana, o anche prima. Terzo, che i segnali con fuochi furono tentati nell'847 durante lo assedio di Lentini, come già narrammo nel Libro II, cap. VI, p. 317 del primo volume.
102
Confrontinsi: il Baiân, tomo I, p. 215; Nowairi, in appendice alla Histoire des Berbères par Ibn-Khaldoun, versione di M. De Slane, tomo I, p. 424; Bekri, Descrizione d'Affrica nelle Notices et Extraits des MSS., tomo XII, p. 476, 477; Ibn-Wuedrân, MS. arabo, § 6º. I due ultimi scrittori riferiscono la fondazione di Rakkâda agli anni 273 e 274. Il nome nacque, secondo alcuni, dall'amenità del sito che inebbriasse di voluttà e sforzasse al sonno; secondo altri, da un gran mucchio di cadaveri che vi si trovarono a dormir l'ultimo sonno.
103
Si pronunziino le ultime due lettere ciascuna col proprio suono, non unite con quello della th inglese. Il nome vuol dir “Padre della vittoria.”
104
M. De Slane, op. cit., p. 425, ha tradotto queste parole del Nowairi “un certain nombre d'entr'eux parvint à se réfugier en Sicile.” Ma il testo dice chiaramente “rilegare,” e così lo ha interpretato M. Des Vergers in nota a Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 127.
105
Ciò è notato da Nowairi, op. cit., p. 425, e 427. Veggansi per cotesti fatti: Nowairi, l. c.; e il Baiân, tomo I, p. 110.
106
Tomo I, p. 126.
107
Baiân, tomo I, p. 114. Quivi si fa menzione di due diverse emissioni di moneta. L'una fu di dirhem sihâh, ossiano “schietti,” come li chiamava il principe. Così ei soppresse le ritaglie d'oro senza conio, con che si soleano pagare le frazioni di valori, per lo scrupolo religioso di non cambiar metallo con metallo; onde si tenea biasimevole pagando, per esempio, una merce del valore di mezzo dinâr, dar al venditore un dinâr e riceverne mezzo dinâr in altra moneta. Per questa ragione nei paesi musulmani i cambiatori, sirâfi, come li dicono, erano per lo più giudei. Non sappiamo se desse luogo al malcontento quello scrupolo di coscienza, ovvero la cattiva lega dei dirhem. Represso il tumulto, aggiunge il Baiân, rimasero abolite per sempre in Affrica, non solo le ritaglie (kitâ'), ma anche i nokûd, che significa buona moneta in generale, e qui parmi si debba intendere di quella dei califi, che avea corso in tutti i paesi. Venne dopo ciò la coniazione dei dirhem e dinâr detti 'asceri, ossia decimali. La numismatica ci permette di aggiugnere che Ibrahim coniasse altresì quarte di dinâr in oro; che ve n'ha pubblicate parecchie, e una ne ho veduto nel Cabinet des Medailles di Parigi, uscita probabilmente dalla Zecca di Sicilia l'anno 268, e del peso di un grammo e cinque centesimi, che valea da tre lire e sessanta centesimi pria della attuale perturbazione nel pregio dell'oro.
108
Baiân, tomo I, p. 125. Quivi è usato il vocabolo kabâlât, al singolare kabâla o gabâla, poichè la prima lettera partecipa del suon della g. Indi è agevole a riconoscervi la nostra voce gábella. Etimologicamente significa promessa, offerta, prestazione.
109
Baiân, l. c. Il testo porta che nel 289 Ibrahim, riformando parecchi abusi del proprio governo “prese le decime in frumento e rilasciò il kharâg di un anno ai possessori delle dhiâ'.” Le varie significazioni di queste voci, di che abbiamo discorso nel capitolo precedente, lascian dubbio se le decime fossero zekât, ovvero tributo fondiario su i grani, e il kharâg rilasciato, questo medesimo tributo, ovvero censo; e in fine se si tratti di dhiâ', poderi demaniali, ovvero beneficii militari.
110
Baiân, tomo I, p. 117, anno 280 (893-894).
111
Nowairi, in appendice all'Histoire des Berbères, par Ibn-Khaldoun, versione di M. De Slane, tomo I, p. 426; Ibn-Khaldûn stesso, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, versione di M. Des Vergers, p. 128. Secondo Ibn-Khaldûn, ebbe infino a 3,000 schiavi stanziali; secondo il Baiân a 5,000, e Nowairi dice 100,000, forse il numero totale dello esercito.
112
Il Principe, cap. XVIII.
113
Baiân, tomo I, p. 116; Nowairi nell'opera citata, p. 427, il quale registra questo fatto due anni prima del Baiân, cioè nel 278.
114
Questa riflessione si legge nel Baiân, l. c.
115
Nowairi, op. cit., p. 498. Veggasi ciò che notai a questo proposito nel Libro II, cap. X, p. 429 e 430 del primo volume.
116
Confrontinsi: il Baiân, tomo I, p. 117, 123; Nowairi, op. cit., p. 428, 429; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, versione di M. Des Vergers, p. 130 a 132. – Il Baiân, dal quale tenghiamo la narrazione degli onori resi a Meimûn, dice donategli tre sorte di vesti di seta: 1º kherz, o diremmo noi filosella, seta grossolana dei bozzoli forati dal baco; 2º wesci, credo drappo intessuto d'oro; e 3º dibâg, drappo operato e di varii colori. È trascrizione dal persiano dibâh, preso alla sua volta dal greco δίβαφος.
117
Nowairi, op. cit., p. 427.
118
Baiân, tomo I, p. 116.
119
Confrontinsi: il Baiân, l. c.; e Nowairi, op. cit., p. 427.
120
Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiat. di Parigi, fog. 33 recto.
121
Confrontinsi: il Baiân, tomo I, p. 116; Nowairi, op. cit., p. 436; e Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, traduz. di M. Des Vergers, p. 139.
122
Baiân, tomo I, pag. 127; Nowairi, op. cit., p. 437.
123
Veggasi il Libro II, cap. XII, p. 476.
124
Riadh-en-nofûs, MS. fog. 55 verso.
125
Libro II, cap. XII, p. 511.
126
Baiân, tomo I, p. 116. Su questa maniera di supplicio, usata nei paesi musulmani almeno fino al XVI secolo, si veggano Sacy, Chrestomathie arabe, tomo I, p. 468; Quatremère, arsione dell'opera di Makrizi, Histoire des Sultans Mamlouks, tomo I, pag. 72 e 182; De Freméry, nel Journal Asiatique, série IV, tomo III (gennaio 1844), p. 124.
127
Mi discosto in questo passo dalla versione di M. De Slane.
128
Op. cit., pag. 430.
129
Baiân, tomo I, p. 124. Ho seguíto piuttosto la cronologia di questa compilazione che del Nowairi, il quale reca il fatto nel 281 (894-895).
130
Confrontinsi: Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 35 recto; Baiân, tomo I, p. 281; Nowairi, op. cit., p. 430.
131
Confrontinsi: il Baiân, tomo I, p. 115 a 127; Ibn-Abbâr, l. c; Nowairi, op. cit., p. 428, 436, 437; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, fog. 139, il quale accenna appena le crudeltà del tiranno.
Ibn-el-Athîr, risoluto a lodarlo come principe forte e sostegno dell'islamismo, salta a piè pari tatti quei misfatti, e narra solo i principii del regno e la morte di Ibrahim; pur si lascia sfuggir dalla penna che l'eroe Abu-l-Abbas vivea in continuo terrore della “maligna indole del padre.” MS. A, tomo II, fog. 92 e 172; MS. C, tomo IV, fog. 246 verso, e 279 recto, anni 261 e 289.