Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II. Amari Michele

Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - Amari Michele


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tomo I, p. 115. Aggiugne il cronista che Ibrahim trovò con maraviglia il cuore confuso (leggo nel testo fânian) col fegato, e irsuto di peli. In Sicilia si dice d'uom tristo e vendicativo ch'abbia il cuor peloso; il quale pregiudizio o la frase può ben venire dagli Arabi. Quanto ai movimenti convulsivi che si narrano di Ibn-Semsâma, non mi sembrano più meravigliosi di quei che la storia ricorda di tanti altri decapitati; nè parmi strano che vi concorra il proponimento fermatosi in mente da un uomo nell'atto di ricevere il colpo mortale.

134

Confrontinsi il Baiân, tomo I, p. 126 e 127, e Nowairi, op. cit., pag. 436 seg. Entrambi citano Ibn-Rakîk, cronista affricano del X secolo, e il Baiân aggiugne aver trovato cotesti fatti anche in altri autori. Ibn-Abbâr, MS. citato della Società Asiatica di Parigi, fog. 35 recto, solo narra il fatto delle donne incinte sparate per cavarne il feto, dicendo che seguì l'anno 283 (896-897) e conchiudendo con la esclamazione: “enorme peccato contro Iddio, ch'ei sia esaltato.” Immediatamente appresso cita Ibn-Rakîk per uno aneddoto relativo alla deposizione di Ibrahim. In generale per la vita di questo tiranno si veggano i tre scrittori or citati e Ibn-el Athîr, Ibn-Kaldûn, e gli altri compilatori che più o meno ripetono gli stessi fatti. La più parte del racconto di Nowairi era stata tradotta, prima di M. De Slane, da M. Des Vergers, nelle note a Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, pag. 138, seg.

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Martirio di San Procopio vescovo di Taormina, cavato dalla Traslazione del corpo di San Severino alla città di Napoli, presso Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 60, seg.; e presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte II, p. 269. L'autore è lo stesso della cronica dei Vescovi di Napoli, come lo prova il Muratori nel tomo citato del Rerum Italicarum, pag. 287, seg. L'altra narrazione alla quale alludo è il martirio dei fratelli siracusani, presso Gaetani, op. cit., tomo II, p. 59.

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Confrontinsi: il Baiân, tomo I, p. 124, anno 285 (27 gennaio 898 a 15 gennaio 899), e il Chronicon Cantabrigiense, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 43, anno 6406 (1º settembre 897 a 31 agosto 898). Supponendo precise quelle due date, l'avvenimento si ristringe ai sette mesi che corsero dalla fin di gennaio a quella d'agosto 898. Si noti che il Baiân non spiega chi fosse il capo dei Berberi, e chi degli Arabi. Ma vi supplisce il nome di Hadhrami; poichè l'Hadramaut è regione a levante del Iemen. Se tuttavia rimanesse dubbio, lo toglie la Cronica di Cambridge dicendo che i Berberi, dopo assalito il giund, consegnarono agli Affricani Abu-Hosein e i suoi figliuoli. Quegli era dunque il lor capo. Ho corretto secondo la Cronica di Cambridge il soprannome di costui, che nel Baiân si legge Abu-Hasan.

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Veggasi il Libro II, cap. IX, p. 390 del 1º vol., nota 4. Ho scritto il nome come si trova in Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167 recto; e MS. di Bibars, fog. 123 recto. Il Nowairi, Storia di Sicilia, presso di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 11, dà il nome di Abu-Malek-Ahmed-ibn-Iakûb-ibn-Omar-ibn-Abd-Allah-ibn-Ibrahim-ibn-Aghlab. Questo compilatore, che in tutto merita minor fede, dice che Ahmed governò la Sicilia per ventisei anni (correggasi 28), dal 259 al 287 (872 a 900); dimenticando che nella Storia d'Affrica egli stesso avea nominato in quello spazio di tempo due altri emiri di Sicilia. Perciò suppongo che Ahmed fosse stato scambiato una prima volta, e rieletto, dopo molti anni, verso il 287.

138

Chronicon Cantabrigiense, presso di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 43. La versione stampata porta: Anno 6407 commissum est prælium in Franco Forth. Le due parole del testo, nelle quali parve di ravvisare questo nome geografico, sono sbagliate nelle edizioni di Caruso e Di Gregorio; poichè nel MS. originale, secondo la collazione che me ne ha fatto il cortese signor Power bibliotecario dell'università di Cambridge, si legge chiaramente la seconda voce mofâreka; e la prima, mancante di punti diacritici, si compone delle seguenti lettere: 1º f, ovvero k; 2º r; 3º b, t, th, ovvero i, n; 4º h, g, ovvero kh; 5º a. Badando alle sole radicali, non esito a dire che siano f, r, g con che si scrive il verbo fereg, “scindere, fendere;” e son certo che questa parola mal copiata o piuttosto male scritta in arabico dall'autore, greco di Sicilia, sia il plurale irregolare di un vocabolo che significasse “scissura;” proprio il greco σχῖσμα. Non lascia luogo a interpretarla altrimenti la voce precedente mofâreka, che si accorda grammaticalmente con questa, e che è l'aggettivo feminino cavato dalla terza forma del verbo ferek, “separare, disgregare.” Si corregga dunque la versione: “L'anno 6407 varie fazioni guerreggiaron tra loro.”

Occorre di aggiugnere che il nome di Francoforte o altro simile non poteva esistere in Sicilia avanti i Normanni; e che non v'ha in oggi, nè v'è mai stato. Il comune attuale di Francofonte, e non Francoforte, fu fondato nel XIV secolo.

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Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167; MS. di Bibars, fog. 123 recto. Il Nowairi, nella Storia di Sicilia presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 11, senza fare menzione delle guerre che seguirono, dice Abd-Allah eletto emir di Sicilia il 287; e nella Storia d'Affrica data da M. De Slane in appendice a Ibn-Khaldûn, Histoire des Berbères, p. 431, lo fa andare in Sicilia il 284, sbarcare nel mese di giumadi primo (giugno 897), espugnare Palermo, e accordare poi l'amân. Da ciò si conferma la incertezza delle sue compilazioni.

140

La Cronica di Cambridge dice che Abd-Allah “passò” di Affrica a Mazara il 24 luglio; Ibn-el-Athîr che “arrivò” in Sicilia il primo di scia'bân, che risponde al primo agosto.

141

Questi è Ibn-Khaldûn, nella Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 57 del testo, e 134 della versione di M. Des Vergers. Non so donde abbia cavato tal particolare l'autore, che nel resto del racconto compendia Ibn-el-Athîr.

142

Nei due MSS. di Ibn-el-Athîr si trova il secondo nome senza punti diacritici. Credo vada letto Bâgi. Questo, a detta del Lobb-el-Lobbâb di Sojuti, edizione del Veth, può esser nome di famiglia persiana, o nome etnico derivato da Bâgia, chè così addimandavasi una città della penisola spagnuola (Beja in Portogallo); un villaggio in Affrica (Bedja nell'odierno reame di Tunis, città dentro terra a poca distanza da Tabarca); e un villaggio presso Ispahan in Persia.

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Traduco “vespro” la voce 'asr che indica una delle ore della preghiera, e risponde a ventun'ora, secondo l'antico modo italiano, cioè nei primi di settembre, e in Palermo, alle tre e mezza dopo mezzodì. Veggansi le tavole delle ore delle preghiere musulmane alla latitudine del Cairo, presso Lane, Modern Egyptians, tomo I, p. 302.

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Il Baiân dice combattuta la giornata “alle porte della città;” il che si deve intendere fuori i sobborghi, poichè Ibn-el-Athîr dice occupati questi dopo la vittoria. È da ricordarsi che la strada da Trapani a Palermo infino alla metà del XII secolo, e forse più oltre, passava per Carini, come il mostrano gli itinerarii di Edrisi. Però dovea correre per una delle valli che fiancheggiano Monte Cuocio, e uscire alla pianura, sia tra Bocca di Falco e Baida, sia tra questa e la montagna di Petrazzi, lungo la linea della nuova strada da ruota di Torretta.

145

Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167, seg.; e MS. di Bibars, fog. 123 recto, seg.; Baiân, tomo I, p. 125; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 132, seg.; Chronicon Cantabrigiense, p. 43; Giovanni Diacono di Napoli, Traslazione del corpo di San Severino, presso Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 60, ripubblicato da Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte IIª, p. 269. È maraviglioso lo accordo di Giovanni Diacono coi cronisti musulmani intorno la importanza dei fatti; e della Cronica di Cambridge, di origine greca, con Ibn-el-Athîr, su la data della battaglia di Palermo, che l'uno porta il 10 di ramadhân, e l'altro l'otto di settembre,


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