Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II. Amari Michele

Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II - Amari Michele


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la Sicilia, se si ricordi il valor della denominazione analoga di Berr-el-A'dwa in Affrica. I Franchi combattuti da Abd-Allah non poteano esser che le genti dei duchi di Spoleto e Camerino condotti ai soldi di Leone il Sapiente. Ritraggiamo infatti ch'egli nel 904 abbia mandato danaro ai Franchi per rinforzare l'esercito destinato contro la Sicilia. Veggasi il cap. IV del presente Libro, p. 87, 89.

154

Johannes Diaconus Neapolitanus, l. c.

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Nowairi, Storia d'Affrica, MS. di Parigi 702 A, fog. 53 verso; e traduzione di M. De Slane, in appendice a Ibn-Khaldûn, Histoire des Berbères, tomo I, p. 431; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, versione di M. Des Vergers, p. 138 e 139. Avvertasi che M. De Slane ha saltato il luogo del Nowairi, ove si dice della malattia che colpiva Ibrahim in questo momento. Quanto alla tradizione, sembra che il Nowairi l'abbia tolto da Ibn-Rekîk; al par di Ibn-Khaldûn, il quale lo attesta espressamente. Egli è vero che Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 35 recto, riferisce aver letto nella Storia d'Ibn-Rekîk, che Mo'tadhed minacciò di deporre Ibrahim e surrogargli, non il figliuolo, ma il cugino Mohammed; ma questo si dee tenere come fatto diverso, seguito appunto nell'896, prima della uccisione del detto Mohammed, della quale abbiam fatto parola nel Capitolo precedente, p. 58. Debbo avvertire che secondo una variante proposta dal prof. Fleischer nel testo di Nowairi, invece di “malattia biliosa” si dovrebbe tradurre “gli si fece incontro con vestimenta negre.” Biblioteca Arabo-Sicula, testo, p. 451, e Introduzione, p. 63. Ma non n'è certo quel dotto orientalista; nè io.

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El-Fâsik. Questo soprannome si legge in Ibn-Abbâr, op. cit., fog. 32 verso.

157

Baiân, tomo I, p. 125 e 126.

158

Veggasi nel Capitolo II del presente libro la nota 2 a p. 55.

159

Riscontrinsi: il Baiân, l. c.; e Nowairi, Storia d'Affrica, nell'op. cit., p. 432.

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Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167 verso; e MS. di Bibars, fog. 123 recto, seg.

161

Riscontrinsi: Nowairi, l. c.; Ibn-el-Athîr, anno 261, MS. A, tomo II, fog. 92 recto; e MS. C, tomo IV, fog. 246 verso; Baiân, tomo I, p. 126.

162

Johannes Diaconus, Translatio corporis S. Severini, presso Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 62; e presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte IIª, p. 209, seg.

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Ibn-el-Athîr e Nowairi, ll. cc. Nella versione di M. De Slane la data della partenza per Nuba è posta per errore di stampa in vece del 16 il 22 di rebi' secondo, che tornerebbe al 5 aprile.

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Trapani certamente, come scrive Ibn-Khaldûn, ancorchè nel testo di Nowairi si legga Tripoli. Nelle opere arabiche quei due nomi son confusi spesso. Ma qui il testo di Nowairi non lascia luogo a dubbio, portando che Ibrahim da Nûba navigò a quella città, e che indi cavalcò per a Palermo.

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In maggio, secondo la diligentissima Cronica di Cambridge. Secondo il conto di Nowairi lo sbarco sarebbe avvenuto nella seconda metà di giugno, poichè Ibrahim si intrattenea diciassette giorni a Trapani; ma questa cifra può essere sbagliata, come lo è di certo quella del soggiorno in Palermo.

166

Giovanni Diacono napoletano espressamente nota che Ibrahim sdegnasse d'entrare in Palermo, come casa propria. All'incontro Nowairi riferisce tanti particolari da non potersi mettere in forse l'andata. Il detto che Ibrahim non tenne, ma fece tenere da altri il Tribunale dei Soprusi, mi fa supporre che il tiranno fosse rimaso fuor la città vecchia.

167

Riscontrinsi: Nowairi, Storia d'Affrica, MS. di Parigi 702 A, fog. 53 verso; e traduzione francese di M. De Slane, in appendice a Ibn-Khaldûn, Histoire des Berbères, tomo I, p. 432; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, versione di M. Des Vergers, p. 142; Johannes Diaconus Neapolitanus, Translatio corporis Sancti Severini, presso Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 61. Non cito Ibn-el-Athîr perchè il testo è viziato, come dissi nel capitolo precedente, nota, p. 73. Avvertasi che la versione di M. De Slane in questo luogo del Nowairi sembra poco esatta, e v'ha qualche error di stampa nelle date, oltre lo errore del Nowairi che Ibrahim arrivato in Palermo il 28 regeb (8 luglio), e soggiornatovi quattordici giorni, ne fosse partito il 7 scia'bân (17 luglio). M. De Slane ha soppresso quest'ultima data, accorgendosi che fosse sbagliata.

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Il nome di Costantino si legge nella Vita di Sant'Elia da Castrogiovanni, e gli è dato il titolo di patrizio. I cronisti bizantini scrivon che “fosse In Taormina,” al tempo della espugnazione, Caramalo, come e' pare, capitano del presidio, quantunque non gli dian titolo di patrizio, nè altro. Penso io dunque che si tratti d'un medesimo personaggio per nome Costantino, e di casato Caramalo. I bizantini non dicono nè anco il grado di Michele Characto, ma ch'egli accusò di viltà e tradimento il Caramalo, quand'entrambi si rifuggirono a Costantinopoli. Da ciò la conghiettura che il Characto fosse secondo in grado, o capitanasse qualche corpo ausiliare, il quale virtuosamente avesse combattuto contro Ibrahim. Giorgio Monaco fa supporre che Eustazio, drungario dell'armata, fosse stato inviato a Taormina o incaricato di recarle aiuto; il che ei non fece, e indi ne fu punito. Ma par che il cronista supponga questa colpa, confondendola con quella che certamente commise Eustazio, mandato contro l'armata di Leone da Tripoli di Siria.

169

Riscontrinsi: Georgius Monachus, De Leone Basilii filio, § 25, p. 861; Theophanes continuatus, lib. VI, § 18, p. 365; Symeon Magister, De Leone Basilii filio, § 9, p. 704; Leonis Grammatici, Chronographia, p. 274.

170

La versione latina ha: Quippe lumbare lineum supra lumbos suos ponere. Dunque il buon vecchio, gittata la cocolla, si mostrava con le sole mutande, per imitare, credo io, la foggia degli schiavi. Vita Sancti Eliæ Junioris presso Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 73 e 74; e nella collezione dei Bollandisti, 17 agosto, p. 479, seg.

171

Corano, Sura XLVIII, verso 1.

172

Corano, Sura XXII, versi 20 e 21.

173

Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr, anno 261, MS. A, tomo II, fog. 92; MS. C, tomo IV, fog. 246 verso; e MS. di Bibars; Nowairi, Storia d'Affrica, testo nel MS. di Parigi 702, A, fog. 53 verso, e traduzione presso De Slane, op. cit., p. 432, 433; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 142; Chronicon Cantabrigiense, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 44; Johannes Diaconus presso Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 61. Non cito i Bizantini perchè non portano particolari del fatto, nè date. Nella Cronica di Cambridge l'anno è sbagliato dal copista che scrisse sifta (sei) in luogo di sena (anno), la qual voce differisce dalla prima per un sol punto diacritico. Così vi si trova 6416 in luogo di 6410, cioè 908 in luogo di 902. Ma le altre testimonianze storiche non lascian dubbio su la vera lezione; e a ritrovarla basterebbe anco il calendario, perchè la Cronica di Cambridge espressamente dice presa Taormina la domenica primo d'agosto, il qual dì incontrò in domenica il 902, e non il 908. Il giorno designato da Ibn-el-Athîr, è il 22 scia'bân 289, che risponde esattamente al 1º agosto 902. La Cronica del Monastero di Volturno, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte IIª, p. 415, accenna senza data la espugnazione di Taormina.

174

Johannes Diaconus, l. c. È verosimile e perciò non l'ho tolto via, quel vanto da cannibale che Ibrahim forse non intendeva di consumare. Nel Baiân, tomo I, p. 123, leggiamo che il 283 (896) egli avea fatto uccidere quindici persone a Taurgha nell'odierno Stato di Tripoli, e cuocerne le teste, come se volesse imbandirle a mensa;


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