Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1. Bertini Giuseppe

Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 1 - Bertini Giuseppe


Скачать книгу
in questo senso non è conosciuta che dalle nazioni dotte, e da coloro che in queste nazioni hanno assuefatto il loro spirito alla riflessione ed allo studio. Cosichè può dirsi che vi sia Musica presso tutti i popoli, perchè l'istinto del genio musicale è comune a tutti i secoli ed a tutte le nazioni: ma che non vi ha sistema di Musica se non presso quei popoli che hanno unito alla coltura di quest'Arte quella delle altre scienze.

      E per parlare primieramente degli Ebrei, di quella nazione che primeggia fra tutte per l'antichità e certezza de' suoi storici monumenti, e per l'affinità che ha con noi cristiani, ben sappiamo l'uso grandissimo che sin da' più rimoti tempi fecero essi della Musica, l'immenso numero di persone che fra loro vi s'impiegava, le scuole erette per formar degli allievi in quell'arte, che di esercitar non isdegnavano nè i re, nè i profeti, nè i religiosi ministri della nazione26. Le lodi di un Dio sommo ed onnipotente, e che non ammette compagnia di altri Dei ne furono il soggetto, e ciò la rese invariabile per lo spazio di più di mille anni, in cui conservossi pura ed intatta l'ebrea credenza. Ma i progressi fatti in questa facoltà da un popolo, come fu l'Ebreo per religione e per genio segregato dal commercio di ogn'altra nazione, perirono insieme con questa Repubblica, e nulla contribuirono alla perfezione di quella Musica, che si propagò per tutte le colte nazioni dell'Antichità.

      Benchè egli sia certo, che non furono i Greci i primi inventori della Musica, e che dovettero anzi apprenderla in su i principj da nazioni della loro in que' tempi più ripulite e più antiche27: pur nondimeno i Greci, la di cui immaginazione era così bella, di cui l'ingegno era così sublime, e l'anima così sensibile, tanto presi rimasero dagli incanti della Musica che divenne ben presto tra le loro mani la prima delle Arti. I musici de' primi loro tempi furono i Poeti, che erano insieme i legislatori, gli storici e i teologi della nazione. La Musica, dice Mr. de Barthelemy, diede anima successivamente ai versi d'Esiodo, d'Omero, d'Archiloco, di Terpandro, di Simonide, e di Pindaro: essa era inseparabile dalla poesia, e l'una e l'altra tramandavansi a vicenda i proprj vezzi. (Viagg. d'Anac. cap. 27.) La Storia, le massime, le esortazioni, i proverbj, le leggi, gli oracoli degli antichi Greci non si appalesavano che in versi ed in musica. Onde è che la persona del musico-poeta era tenuta come sacra dal popolo ed in somma venerazione e rispetto. Oltr'a ciò tutta l'Enciclopedia de' Greci consisteva nella Musica: essa comprendeva l'oratoria, la morale, la politica, la fisica, la medicina; nè veruno riputavasi in queste uomo di vaglia che non fosse insieme un bravo Musico. Tale era lo stato di quest'arte sino a Pitagora: ell'era perfettissima pria che venisse al mondo quest'ingegnoso filosofo, come cel dimostra la storia di più valenti artisti, che riscontrar si possono nel nostro Dizionario. “Benchè Pitagora, dice un recente Scrittore, non sia stato nè il primo, nè il solo tra' Greci che abbia dinotato il potere della Musica su gl'individui, e la sua influenza su i costumi delle nazioni intere, e che abbia impiegata la Musica, o per guarire delle malattie, o per eccitare o calmare le passioni, fu il primo frattanto, secondo l'opinion generale e riconosciuta per vera, che cercò di soggettare quest'arte a certe regole.” (Meiniers, Histoire des Sciences dans la Grèce, traduite par Laveaux.) Egli stabilì una nuova teoria della musica, con introdurre in essa le ragioni numeriche, e credendo di trovare un legame intimo tra l'astronomia e la musica, formò il fantastico sistema dell'armonia celeste e terrena, il quale altro effetto non produsse che di spargere sull'arte l'incertezza, la confusione, e le tenebre.28

      Prova di ciò ne sia l'oscurità che s'incontra nelle opere dei filosofi posteriori a quest'epoca, di quelli eziandio che non furono seguaci di Pitagora. Essi rendonsi inintelligibili, se non si sanno le regole armoniche fondate sopra i numeri de' musici pitagorici. Da ciò derivano ancora tutte le questioni e i dubbj su la greca musica, che han diviso e dividon tuttora i letterati, malgrado i tanti Scrittori della medesima di questa nazione, le cui opere salvate si sono dalle ingiurie de' tempi, come un Aristosseno, un Aristide Quintiliano, un Gaudenzio, un Nicomaco, un Bacchio, un Euclide, un Tolomeo, un Briennio ec. Se non che il più volte da noi lodato Requeno con un zelo degno di sì grand'uomo, e con indefesso studio è venuto a capo d'interpetrarci cogli sperimenti e co' fatti, i principj musicali di siffatti scrittori, e di ordinare in un corpo di Storia le preziose memorie della Greca Musica. Tuttochè egli abbia avuta la modestia di non dare alla sua luminosa opera che il titolo di Saggi, parmi, che dir si possa a ragione, aver egli soddisfatto appieno alle brame d'ogni uomo di lettere, espresse alcun tempo avanti dalla geometrica penna del Signor d'Alembert29.

      In Roma, secondo l'espressione di un dotto Inglese30, fu la musica quasi innestata, e trapiantata onde non potè avere quell'influsso su i costumi, sul governo e sull'educazione che ebbe presso i Greci loro maestri. Nulla in fatti hanno aggiunto i Romani alla Musica di costoro, contentandosi solo di copiarli e di tradurli. I Scrittori latini della teoria musicale, come S. Agostino, Cassiodoro, Albino, Marciano Capella, Macrobio e più di tutti Boezio più non dissero di ciò, che avevano imparato da' Greci, cui ciecamente seguivano.

      Ma lo stato della musica divenne ancor più deplorabile alcun tempo dopo la rovina dell'impero Romano. Fra tante nazioni barbare che se ne impadronirono, solo trovò un'asilo, il che sembra incredibile, presso i Saraceni o gli Arabi. Costoro dopo di aver distrutto nelle loro prime conquiste tutti i monumenti delle Scienze e delle Arti, e tutti i tesori letterarj che conservavansi nella famosa biblioteca d'Alessandria, appassionatamente si diedero quindi a ristabilirle, e con particolarità nella Spagna. Sopravanzano ancora alcuni loro scritti su la Musica, che essi coltivarono con impegno e come Arte, e come Scienza, recato avendovi l'ajuto delle matematiche cognizioni. L'Ab. Andres, che fè tradurne alcuni dal dotto Casiri autore della Biblioteca Arabo-Ispana, per la sua Storia Letteraria, così ne giudica. “Si vede, egli dice, che gli Arabi, benchè seguaci della dottrina de' Greci, non l'abbracciarono senza esame; ch'ebbero forse più giuste cognizioni della parte meccanica de' suoni, che gli stessi loro maestri, e che in varj punti ne corresser gli errori, ed empirono il vuoto della loro dottrina. Ma degli scritti arabici su la Musica rimasti sepolti nelle biblioteche, poco, o nulla sappiamo per poterne ritrarre qualche lume, e conoscere i progressi, che dovrà forse quella scienza all'erudite loro fatiche, ma che sono a noi poco noti.” (Dell'origine, dei progressi ec. tom. 4.)31.

      Nel decorso di questi secoli d'ignoranza dee la Musica alla Religion Cristiana qualche misero avanzo di cultura: non considerossi più allora come un'arte di genio, di cui i progressi interessar dovessero la sensibilità e 'l piacere, ma come una specie di liturgico rito, cui bastava aggiugnerne quello soltanto e non più che richiedevasi per soddisfar al bisogno. “Non per erudizione e cultura, non per compiere il quadrivio delle scuole, non per illustrare le matematiche discipline, ma per cantare degnamente i divini ufficj si coltivava lo studio della musica: e nel lungo catalogo, che si potrebbe formare degli Scrittori di musica di que' tempi, non s'incontrano che monaci ed ecclesiastici.” (Andres ib.)

      Dissipatasi finalmente in Europa poco a poco la spessa nebbia, che per lungo tempo oscurato aveva l'intendimento degli uomini, e postosi il genio in attività, rinnovossi l'amor delle scienze e le arti liberali cominciarono a riprendere il loro antico vigore. La Musica, egli è vero è stata fra queste l'ultima a coltivarsi, perchè non trovò essa come le altre, degli antichi esemplari e modelli da imitare, perita essendo quasi del tutto la pratica musicale de' greci e de' latini, e non essendosi scoperte ancora le opere di costoro, che in qualsivoglia maniera ne contenevano i precetti. Per tal ragione si è quest'arte dovuta creare nuovamente del tutto in Europa. Rozzi è vero ne furono i principj, ma questi non debbonsi che all'Italia32: i primi albori di questa scienza non apparvero che in questo clima felice. Guido monaco d'Arezzo sul cominciare dell'undecimo secolo fu l'inventore di un metodo precettivo di Musica, e dettò delle regole certe. A ragione, dice l'Arteaga, “vien egli comunemente considerato come il fondatore ed il padre della moderna musica. In que' tempi tenebrosi egli è ciò, che nel mare agli occhi de' naviganti smarriti è una torre, che veggasi biancheggiar da lontano. I suoi meriti principali sono d'aver migliorata l'arte del cantare, ampliata la stromentale, gittati i fondamenti del contrappunto, e agevolata la via a imparar presto la Musica troppo per l'addietro spinosa e difficile.” (Rivol.


Скачать книгу

<p>26</p>

Veggansi più luoghi della divina Scrittura, come nel Genesi, nell'Esodo, nei libri de' Re, e de' Paralipomeni, ed il cap. 44, dell'Ecclesiastico.

<p>27</p>

Intorno all'origine della musica presso i Greci, puossi leggere con profitto la Storia che con fior di erudizione e di senno ne tesse il dotto ab. Requeno. Egli ne fa derivar loro la cognizione dagli Egizj, ed a questi dai figli di Noemo, che appreso l'avevano dai discendenti de' primi inventori del suono e del canto Jubal ed Enoch. Saggi ec. Tom. 1, cap. 2, e. 4.

<p>28</p>

Leggasi l'esposizione di questo strano sistema nell'opera classica dell'Eximeno, e la dotta confutazione insieme ch'egli ne ha fatta nel cap. 1, del primo libro. “I moderni letterati credono, che Pitagora perfezionasse l'arte armonica, e che la cavasse dall'antica rozzezza; ma basta vedere il piano dell'arte musica anteriore a Pitagora, e l'altro da lui introdotto nella Grecia, per capire quanto danno arrecassero i Pitagorici all'armonia.” Requeno Saggi t. 1, part. 2, cap. 1.

<p>29</p>

Ecco le sue parole: “Ci starebbe molto a cuore che per rischiarare, per quanto sia possibile, questo punto importante della Storia delle Scienze, qualche uomo di lettere, versato del pari nella lingua greca e nella musica, si accingesse a riunire e discutere in una stessa opera le opinioni più verisimili stabilite o proposte dai dotti sopra un argomento sì curioso e difficile. Questa Storia ragionata dell'antica Musica è un'opera che manca alla nostra letteratura.” Disc. prélim. aux Elém. de Mus.

<p>30</p>

Brown, dissert. sull'origine, unione ec. della poesia e della musica, Londra 1763.

<p>31</p>

Nell'Enciclopedia Metodica all'articolo Arabes si dà un Saggio della musica specolativa e pratica di questa nazione.

<p>32</p>

C'est aux Italiens que l'Europe doit la renaissance de la musique comme de tous les arts. Mr. Suard, au mot Académie dans l'Encyclop. method.