Il bacio della contessa Savina. Caccianiga Antonio

Il bacio della contessa Savina - Caccianiga Antonio


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gli baciai la mano teneramente, assicurandolo della mia riconoscenza per tutti i benefizi ricevuti, della mia ferma volontà di camminare sulla via dell'onore, e lo lasciai balbettando le ultime parole strozzate dall'emozione.

      Mi coricai colla testa sconvolta, e piansi tutta la notte. Alle quattro del mattino accesi il lume e mi alzai. Presi la medaglia che stava da tanti anni appesa al mio letto, le diedi un bacio, e mi parve di sentire la benedizione di mia madre. Mi posi in tasca quella santa reliquia con religioso rispetto. Era il solo retaggio di famiglia del povero orfano, che ritornava a trovarsi solo sulla terra!..

      Apersi il balcone quando le stelle incominciavano ad impallidire alla luce del crepuscolo. La finestra dicontro era chiusa; la contemplai lungamente, e sentivo di non poter distaccare qualche cosa di me stesso, forse un lembo dell'anima che rimaneva attaccato a quel palazzo.

      Intanto ella dormiva certamente d'un sonno tranquillo sotto le candide cortine del suo letto, e mentre nell'alcova elegante aleggiavano dei sogni color di rosa, il povero orfano, ferito mortalmente, abbandonava il tetto ospitale, e andava incontro all'ignoto, disingannato di quegli sguardi fatali che gli promettevano il cielo, e poi lo abbandonavano ramingo sulla terra.

      Veronica entrò nella stanza, portandomi del caffè e latte caldo, del pane abbrustolato e del burro, volendo che non partissi digiuno. Cure affettuose d'una povera donna che non mi doveva nulla, e che pure ebbe sempre tanti delicati riguardi per me.

      Non poteva staccarmi dalla mia cameretta, muto testimonio di tanti sogni, e girava gli occhi intorno, quasi salutando quelle pareti che per tanti anni mi avevano ricoverato, e veduto crescere, amare, soffrire e vivere d'illusioni.

      Ma essendo giunta da un pezzo la vettura, dovetti risolvermi, e scendere le scale, accompagnato dalla Veronica che singhiozzava. Giunto alla porta, mi fu impossibile dirle alcuna cosa, le strinsi la mano, essa mi gettò le braccia al collo… ci siamo baciati piangendo e partii.

      Attraversando le vie di Milano, sentivo di amare teneramente tutte le case, i selciati, gli alberi, i banchi di pietra della mia città; li conosceva tutti, mi ricordavo di averli veduti tante volte e mi pareva impossibile di poterli lasciare; ma ero trascinato dal destino, rappresentato da una vetturaccia da nolo e da un rozzone coi sonagli.

      Pochi momenti dopo, essendo uscito dalla città ed avviato per la strada postale da Milano a Como, mi nicchiai nell'infausto veicolo, e chiusi gli occhi per meditare con pieno raccoglimento sulle mie sventure.

      Non conosco l'intensità del dolore che accompagna il viaggio degli esiliati in Siberia, ma non posso persuadermi che le loro ambascie giungano a superare gli affanni che ho provati in quel giorno. Al pari di loro io perdeva la patria, la famiglia, le affezioni e le speranze della vita, e mi avanzava verso le fredde regioni dell'esilio e della solitudine.

      Era il mio primo viaggio, non essendo mai uscito da Milano che a piedi e per poche miglia. Altre volte l'idea d'un viaggio mi avrebbe acceso d'entusiasmo, allora invece mi metteva spavento; le montagne della Valtellina mi si presentavano alla mente come l'estremo lembo del mondo; chiuso nel mio dolore io non sentiva nemmeno il bisogno di osservare le campagne che fiancheggiavano la via, e i vari paesi che si attraversavano. Il vetturale si arrestava ad ogni osteria, il cavallo non andava mai avanti, e arrivammo a Como dopo la partenza dei battelli a vapore.

      Essendo costretto di attendere l'indomani per continuare il viaggio, avrei potuto visitare la città e i suoi monumenti, e percorrere quei deliziosi contorni che attirano l'ammirazione dei viaggiatori. Invece mi chiusi in una stanza d'albergo coi miei pensieri.

      Il primo disinganno è forse il massimo dei dolori, perchè non siamo ancora avvezzi a soffrire. Le tinte rosee che abbellano l'orizzonte all'aurora della vita, come il firmamento all'alba d'un giorno sereno, se si mutano all'improvviso nelle tetre nubi d'un temporale, incutono lo spavento che presentano tutti i disordini della natura. Però tanto nella primavera quanto nella gioventù l'orizzonte cambia sovente d'aspetto, e talvolta un raggio di sole attraversa le nuvole dell'uragano. Questo raggio di sole comparve al mio spirito sotto la forma d'un dubbio!.. – Se ella non avesse osato corrispondere al mio bacio?.. Io mi era preparato con lunga premeditazione a quell'atto decisivo; ma essa fu colta improvvisamente dalla sorpresa. È naturale che la mia audacia insolita ed inaspettata l'abbia gettata nello sgomento. E poi chi sa quale aspetto presentava il mio volto agitato e sconvolto da un'esaltazione febbrile sopportata per varie ore!.. forse le ho fatto paura… E poi una fanciulla che non s'adombra ad un tale atto ha oramai perduto il fiore più soave della gioventù… Essa ignorava completamente le varie peripezie che mi trascinarono a tale tentativo, essa giungeva calma e tranquilla dalla campagna, desiderosa di vedermi, e me ne dava una prova presentandosi immediatamente alla finestra. Dapprima io doveva mostrarmi grato alla sua bontà, riconoscente della sua cortesia, e poi a poco a poco condurla, trascinarla per gradi a quella dimostrazione decisiva. Invece con un atto brusco ed acerbo ho precipitato la catastrofe, ho commesso un'azione grossolana e volgare, ingiustificabile, che doveva produrre un effetto contrario al desiderato. Che cosa prova dunque la sua fuga?.. poteva essa fare altrimenti?.. Io non sono che uno sciocco, ho scalzato le fondamenta d'un edifizio, e poi mi sorprendo che la fabbrica crolli. Io sono un imbecille… ecco la verità! Quella simpatia irresistibile, alimentata dalle assidue contemplazioni che andava sempre maggiormente prendendo l'aspetto d'una passione sincera, rivelata da lunghi e profondi sguardi, e da mille prove che non isfuggono al giudizio acuto di chi ama, quella passione che progrediva lenta, ma tenace nel suo cammino, e già dimostrava d'avere resistito alla lontananza ed alle varie distrazioni di un'intiera stagione, quella passione soave io l'ho troncata con un atto violento, imprudente, inesplicabile, io stesso l'ho obbligata ad arrestarsi, a misurare il pericolo, a fuggire spaventata!..

      Imbecille!.. ed ho disertato il mio posto al primo rovescio, senza riparare il mio fallo, senza tentare una nuova prova! All'indomani avrei potuto dimostrare il mio pentimento, e mi avrebbe perdonato. Calmata la prima impressione, ella stessa forse pensa di riparare la troppo brusca ripulsa, forse il suo cuore le spiega l'arcano, ed essa mi attende alla finestra, per consolarmi con uno sguardo divino del suo rifiuto!..

      Oh! non è possibile esitare un istante di più, io devo ripartire immediatamente per Milano, e riparare il torto della mia fuga precipitosa, una risoluzione insensata non deve decidere la sorte di tutta la vita… Con tali pensieri uscii dall'albergo per correre in traccia d'una vettura.

      Vagai lungamente per le vie senza sapere ove andassi, lottando fra gli opposti pensieri. Che cosa avrei detto a mio zio per giustificare il mio ritorno? Come mi avrebbe egli accolto? aveva io il diritto di scialacquare il denaro ch'egli aveva destinato al mio viaggio ed alla mia dimora mostrandomi leggiero, capriccioso, vano, insensato? Una volta entrato nella via delle riflessioni non mi mancarono argomenti per persuadermi che era tempo di finirla colle pazze fantasticherie, e di pensare in sul sodo. D'altronde, ritornandomi in mente le savie osservazioni del mio benefattore, coll'accompagnamento delle risa convulse, mi si risvegliava quel senso di dignità che l'amore aveva assopito. Pensai che i grandi favori della fortuna non bisogna chiederli, ma meritarli, pensai che nella solitudine che mi attendeva avrei forse trovato nuove forze per tentare la prova letteraria che mi restava ancora come un filo di speranza per l'avvenire. Allora mi parve nuovamente che il mio Lucchino Visconti rivelasse tale novità e altezza di concetti da aprirmi l'adito ad una splendida vita letteraria. Tale fiducia nell'avvenire mi spinse a tentare nuove prove, e decise della mia sorte. – Partirò per la Valtellina, dissi fra me; alcuni mesi di lavoro basteranno a completare la mia tragedia ed a perfezionarla. Ritornerò a Milano col mio tesoro nel sacco; e quando avrò raccolto la palma del trionfo, quando tutti i giornali avranno proclamato l'immenso successo del Lucchino Visconti… mi presenterò alla finestra… rinnoverò la prova… allora la gloria mi darà diritto all'amore… forse potrò sperare d'aver meritato un bacio dalla contessa Savina.

      IV

      Dopo lungo girovagare, avvicinandosi la notte e sentendomi stanco, sfinito, rientrai nell'albergo. Nella gioventù le passioni più violente tolgono l'appetito ed il sonno fino ad un certo punto, oltre al quale la natura si rivolta e reclama i suoi diritti. Chiesi da pranzo, e subito da bere, chè mi sentivo la gola inaridita. Mi servirono un vinetto bianco che mi parve il néttare degli Dei, c'era qualche cosa in quel vino che calmava l'anima agitata, esilarava lo spirito, sorrideva alle illusioni, rinfrancava le speranze.


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