La plebe, parte II. Bersezio Vittorio
du meilleur monde; però soggiunse con quell'altezzoso cipiglio che le era naturale:
– Ma gli è figlio d'un petit bourgeois, un bottegaio, un fabbricante o qualche cosa di simile.
Virginia si sentì arrossire, si chinò sul pianoforte presso cui si trovava e da cui il giovane s'era alzato poco stante, e si diede a sfogliare un quaderno di musica.
– Io lo ricevo come un artista di buone maniere: disse la padrona di casa, quasi volendo scusare la presenza di quell'intruso nel suo salotto.
Una certa conoscenza si stabilì fra l'avvocato artista e la famiglia Baldissero, non tanta che permettesse al giovane di presentarsi come visitatore nelle sale del palazzo del marchese, ma tale da poter salutare le signore quando le trovasse per istrada, da parlar con esse allorchè s'incontravano in qualche pubblico convegno, da visitarle in palchetto a teatro.
Virginia e Francesco avevano parlato rare volte insieme e sempre di cose le più indifferenti; ma pure nei loro colloquii avevano avvertita una certa corrente di simpatia che li assembrava, per cui spesse volte le idee dell'uno erano quelle dell'altra, e la fanciulla soprattutto non aveva potuto a meno di notare una certa contenuta emozione che vibrava nella voce del giovane quando a lei dirigeva la parola. Francesco da canto suo non aveva potuto osservar nulla in lei che valesse a dargli l'incoraggiamento d'una menoma speranza a quella passione che oramai lo possedeva tutto e che non poteva più nascondere; ma tuttavia la gentilezza con cui la nobile donzella lo accoglieva, parevagli talvolta alquanto maggiore e più cordiale di quella ch'essa soleva usare con tutti. L'incidente intravvenuto al ballo dell'Accademia filarmonica, mercè il turbamento che le pose nell'animo, apprese alla titolata ragazza che quel giovane borghese erale più caro di quanto ella si sarebbe pensato, di quanto avrebbe voluto.
Virginia, tornata a casa, non potè trovare il menomo riposo. Alla mente non le soccorreva alcun mezzo da poter impedire il duello imminente; e lasciarlo compirsi le sembrava una gran colpa. Sapeva che, avesse anche tutto confidato allo zio, questi, colle sue idee delicatissime in punto ad onore, si sarebbe guardato bene dal muovere pure un dito per distogliere suo figlio da uno scontro stabilito, foss'egli il provocatore o il provocato. Accolse persino un momento la matta idea di scrivere essa a Francesco, pregandolo a non dar seguito alla sfida: ma poi capiva che quest'atto imprudentissimo e non conveniente in lei non avrebbe nulla rimediato, perchè il giovane non l'avrebbe di sicuro obbedita, e quando avesse ottemperato alla sua preghiera, ella sentiva che glie ne avrebbe diminuita la stima. L'oltraggio era veramente tale che un uomo non lo deve a niun modo tollerare: la si sdegnava, a questo pensiero, contro suo cugino, il quale aveva commesso atto sì villano: e si diceva che, secondo le regole di buona giustizia, a lui in un giudizio di Dio, qual era il duello, avrebbe dovuta toccare la punizione: poi tosto inorridiva di questo suo pensiero e se ne accusava come di un gravissimo fallo.
Quando, suonato perchè a lei venisse la cameriera, questa venne a dirle come e con quali parole ed aspetto Paolina erasi presentata al palazzo a domandare di lei, Virginia, secondo quello che ho già detto, sentì un impulso vivissimo a recar subito e di persona conforto a quella misera; chiamò a sè la governante che soleva accompagnarla ogni qual volta ella desiderasse uscire senza la zia (e in ciò le si lasciava una certa libertà) fece attelare la carrozza e venne, come abbiam visto, alla soffitta del proletario Andrea.
– Oh ch'Ella sia benedetta! Dicevale Paolina, prendendo fra le sue la mano inguantata della marchesina e baciandola con fervore di riconoscenza. Sì che la sua visita mi fa bene all'anima ed anco alla salute.
Poi tosto la povera donna sentì che quest'entusiasmo di gratitudine verso colei che in quell'occasione non aveva ancora fattole altro benefizio che di mostrare in mezzo a quella squallidezza lo splendore della sua avvenenza, poteva sembrare un immeritato oblio, un manco verso quella pietosa che già avevala più efficacemente soccorsa; laonde facendo scorrere il suo sguardo verso Maria, la quale si teneva in disparte, ammirando sinceramente la bellezza della sua antica compagna di collegio, Paolina soggiunse:
– Ah! ce n'è ancora di anime d'oro sulla terra; e la Provvidenza ha voluto, nell'eccesso della nostra miseria, mandarcene due.
– Sì: proruppe in quella Andrea colla sua voce rauca e commossa: due angioli.
Virginia si volse vivacemente verso la sorella di Francesco.
– E il merito è tutto di chi venne per primo: diss'ella con infinita grazia, facendo un passo verso Maria.
Quest'essa, quasi abbacinata da quell'aspetto, chinò gli occhi, arrossì e non seppe rispondere che con una riverenza.
Virginia fermò il suo sguardo limpido ed espressivo sulle graziose sembianze di Maria. Riconobbe che esse non erano nuove per lei, e ad un tratto ricordò dove le avesse viste e qual nome portasse chi le aveva. Di botto ella non ebbe più il menomo dubbio che a quel giovane, per la cui sorte in quel momento ella era in pena, fosse congiunta la fanciulla che le stava dinanzi. Per moto irriflessivo, fece vivamente alcuni passi verso Maria, e disse con accento vibrato, come impresso di subita emozione:
– Ma noi ci conosciamo, s'io non m'inganno. Non fu ella nel Sacro Cuore?
– Sì: rispose Maria a cui questo riconoscimento con voce ed espressione così cordiali della marchesina produceva un aggradevol sentimento, quasi di gratitudine.
– Madamigella Benda, non è vero?
– Per l'appunto.
Gli occhi di Virginia balenarono d'un lampo di vero affetto; le sue mani si tesero tuttedue verso Maria che si affrettò a stringerle con affettuosa effusione.
– Con quanto piacere la rivedo! Ogni qual volta mi avviene di trovare alcuna compagna di quel tempo è per me una festa.
Maria non si domandò neppure come avvenisse che essa, a cui nel convento la marchesina non aveva badato più che tanto ed appena era se avesse parlato due o tre volte, ora destasse sì viva emozione nell'aristocratica donzella; ma, buona ed innocente com'ella era, si commosse per quell'accoglienza, e partecipò di vero cuore a quel sentimento quasi di tenerezza che si adombrava nelle parole e nel contegno della sua antica compagna.
– Anche per me: disse Maria un po' confusa; gli è un piacere… Io veramente sono stata così poco tempo in quel collegio… Ero d'altronde così bambina ancora!.. Ho avuto pochi rapporti con Lei; ma tuttavia ricordo che fra le grandi Ella era una delle più graziose verso noi piccole, e mi ricordo sopratutto che la ammiravo già come prima e migliore di tutte in tutto.
Virginia sorrise con modestia.
– Ella mi vuole insuperbire.
– Oh no: proruppe Maria con quella sua schietta e irriflessiva vivacità; no, perchè a me non piacciono i superbi.
– Ed ha perfettamente ragione: disse graziosamente la marchesina.
Tacque un istante, e parve cercare una transizione affine di passare a dir cosa che le importava e per cui non sapeva troppo come cominciare; poi decisasi ad un tratto, disse sollecitamente, non senza arrossire un pochino:
– Ella è parente, s'io non erro, del sig. Benda, che scrive così graziose composizioni musicali?
– È mio fratello: rispose Maria con ingenuo orgoglio.
– Ah!..
Virginia esitò un momentino; poi con leggerezza d'accento che un osservatore avrebbe conosciuta un po' forzata:
– L'ho veduto questa notte al ballo della Filarmonica… che fu in verità uno stupendo ballo… Suo fratello le avrà detto quanta folla ci fosse…
– Mio fratello non mi ha dello nulla: interruppe Maria sorridendo: perchè quando sono uscita di casa egli dormiva ancora della grossa.
La marchesina mandò un'esclamazione quasi di gioia, e prese vivamente la destra di Maria.
– Dormiva? Davvero! Ella è certa che suo fratello non fosse uscito di casa?
La sorella di Francesco guardò tutto stupita in volto alla sua antica compagna.
– Altro che certa; rispose. La mamma mi fece parlare e camminar piano tutta la mattina, per non disturbare sor Francesco.
Virginia