La plebe, parte II. Bersezio Vittorio

La plebe, parte II - Bersezio Vittorio


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cogli occhi, che voleva dire: – Ci si intende; e continuò:

      – Luca è ben capace di osservare ciò che gli incontra e di saperlo esporre di poi?

      – Oh sì, sì, che per la sua età è il più sveglio e il più furbo che ci sia sotto le stelle.

      – Benone. Così voi non perderete quel po' di vantaggio che vi fu promesso, e noi, sapendo giorno per giorno come si passan le cose, potremo giudicare delle vere intenzioni di quel cotale; ed appena ci accorgiamo che tenti avviare quest'anima alla strada del male, possiamo porci rimedio. Anzi sarà bene che di quando in quando mi conduciate qui il ragazzo perchè io possa interrogarlo in proposito.

      – Sì, Padre.

      – Lasciatemi qui questa cartolina coll'indirizzo di quell'uomo. Potrò giovarmene per raccogliere informazioni. Vedrei volontieri un simile originale, e credo sia individuo da tenersi d'occhio.

      In quella il sacristano si accostava a padre Bonaventura.

      – Le candele sono accese, la messa è suonata, e se la si vuol vestire…

      – Gli è tempo eh? Bene, bene, eccomi qua.

      Si alzò da sedere, e s'avviò verso il luogo in cui erano spiegate le paramenta pronte ad indossarsi.

      – Vieni, Gognino: disse la vecchia incamminandosi, andiamo a sentir la messa del buon padre Bonaventura, e diremo la coronella secondo le sue sante intenzioni.

      Paolina era sempre rimasta là nel suo cantuccio, tutto freddolosa, aspettando con ansia insieme e con timidità che il momento venisse di presentarsi ancor essa al gesuita. Ora che la Gattona erasi partita da lui avrebb'ella voluto avanzarsi; ma vedendo il frate accingersi a vestire i sacri arredi aiutato dal sacristano, e borbottando quelle preghiere che si suole in tal caso, non ardiva altrimenti accostarsi.

      Uno scoppio violento di quella tosse malvagia che la tormentava rivelò la sua presenza al gesuita, che fino allora non l'aveva vista, od aveva fatto mostra di non vederla. Guardò egli da quella parte, e la povera Paolina fu lesta a fargli una profonda riverenza per saluto.

      – Se non m'inganno, disse padre Bonaventura al sacristano, quella donna lì è Paolina la moglie del fabbro Andrea.

      – Sì, Padre, la è dessa. Anzi è venuta cercando di Lei.

      – Ah ah!

      Paolina credette opportuno il momento di farsi innanzi.

      – Se mi volesse far la grazia di ascoltare due parole.

      Il sacristano la interruppe con burbero accento.

      – Eh! vedete bene che ora si veste, e non ha tempo da badare a voi.

      – Deo gratias! Disse in quel punto alle spalle dei nostri personaggi una voce nasale da frate zoccolante.

      Era messer Nariccia che arrivava sollecito e con un occhio guardava indignato Paolina, mentre coll'altro fissava la faccia fresca del gesuita.

      – Siete qui, messere: disse Bonaventura sorridendo al nuovo venuto. Temevo già che foste per mancare a servirmi la messa.

      – Oh mai, mai! Figuratevi se voglio perdere tal favore. Sapete che questo è anche il mio giorno di confessione.

      La presenza del suo padron di casa aveva prima fatto tremar Paolina, poi datole risoluzione. S'ella lasciava sfuggire quell'occasione in cui Nariccia avendo da accostarsi al sacramento della confessione avrebbe più facilmente ceduto alle esortazioni del gesuita, quando questi si decidesse di fargliene in favore della povera famiglia, mai più non si sarebbe presentato un caso tanto favorevole.

      La misera donna ardì adunque fare ancora un passo verso il gesuita, e disse con infinita supplicazione nell'accento, stringendo insieme le mani:

      – Oh per carità, padre Bonaventura, mi ascolti un momento.

      – Subito?

      – Sì, Padre; sono due sole parole.

      – Ma due sole in verità?

      – In fede mia.

      – Bene. Se gli è così, dite pure, e sollecita.

      Il sacristano e messer Nariccia si scostarono di pochi passi; ma se Paolina avesse visto lo sguardo che quest'ultimo saettò su di lei nell'allontanarsi, avrebbe conservato pochissima speranza di poter ottenere qualche cosa da lui.

      Paolina colle meno parole che potè espose al gesuita le tristissime condizioni in cui si trovava la famiglia, la minaccia fatta di Nariccia di cacciarli nella strada, lo supplicò per tutti i Santi del Paradiso volesse interporre la sua autorevole parola affine di ottenere dal padrone di casa più benigni propositi.

      Padre Bonaventura ascoltò sino alla fine col capo chino, gli occhi bassi, la faccia oscurata, ed in un silenzio che prometteva poco di bene. Quando la donna si tacque, e sorreggendosi all'orlo della vicina credenza, chè le forze le mancavano, stava aspettando la risposta con ansia ed affanno, il gesuita levò lentamente la testa e senza guardarla in volto, anzi facendo scorrere i suoi occhi per tutto altrove che verso la persona di lei, disse a sua volta con accento di affettato dolciume:

      – Benedetto Iddio! Povera donna che siete, io vi compiango dal profondo dell'anima, proprio come una mia sventurata sorella che siete in Gesù Cristo, il cui santo nome sia lodato! Sì le vostre condizioni sono dolorose, anzi dolorosissime, e non so chi non ne resterebbe commosso… Io non vorrei accrescervi il peso di esse col menomo cenno di rampogna; ma pure, mia cara, il mio stesso ministerio mi obbliga a dirvi che queste percosse della sorte c'è forse stato qualche cosa in voi che ve le ha attirate dalla mano giusta e punitrice di Dio. Il vostro uomo primamente, tiene egli la condotta di un vero cristiano? Chi l'ha più visto accostarsi ai santi sacramenti? Chi l'ha più visto soltanto in chiesa da mesi e mesi a questa parte? E voi stessa, voi Paolina, che pure un dì avevate il santo timor di Dio e il rispetto alla religione…

      – Oh! li ho tuttavia: interruppe con vivacità la povera donna che ascoltava quelle rimostranze a capo chino nell'atteggio d'una colpevole pentita.

      – Li avete, li avete: riprese il frate; ma non lo date a divedere, affè, ed agite come se non sapeste affatto che cosa sono. Alle funzioni religiose non vi si vede…

      – Non manco mai tutte le feste di precetto alla messa…

      – Non basta. Bel merito udir la messa, – una messa alla sfuggiasca – una volta per settimana! Ma alla predica ed alla benedizione ed ai vespri non vi si vede; ma alla Via crucis non vi si vede; ma alle quarant'ore non vi si vede; ma – che è peggio – al confessionale non vi si vede.

      – Ho tanto da fare! Balbettò sommessamente Paolina. Quattro bambini a cui accudire. Mio marito non è mai a casa. Come lasciarli soli?..

      – Eh! chi ha la volontà d'una cosa trova tempo, mezzo ed occasione par farla: e Dio aiuta chi lo adora come vuole la nostra Santa Madre Chiesa. Voi vi astenete dalle pratiche della divozione per accudire, voi dite, alla famiglia. Oh guardate come le vi van bene le cose di questa! Credete voi che se foste proprio que' divoti cattolici che si deve sareste ancora in siffatti imbrogli? Oh che il buon Gesù e la Madonna troverebbero modo ben essi di aiutarvi.

      Nariccia si accostò al frate col suo collo torto e colle mani giunte.

      – Perdonate, padre Bonaventura, ma vi faccio osservare che l'ora passa.

      – È vero: disse il gesuita disponendosi a prendere tra mani il calice, mentre l'usuraio s'impadroniva del messale.

      – Dunque, supplicò Paolina con ansia, mi vuol Ella fare la carità che imploro? Non per me, nè per mio marito, ma pei miei figli!.. Sono innocenti loro.

      – Bene: rispose a voce sommessa il frate. Rimanete. Dopo messa udrò in confessione messer Nariccia, ed allora glie ne dirò.

      Alla povera donna parve con ciò di aver già ottenuto un sommo favore, ed aprendo il suo cuore angosciato ad un po' di speranza recossi nella chiesa ad ascoltar la messa detta da padre Bonaventura. Dopo la messa il frate, spogliatosi dei paramenti, fatte le solite preghiere, confabulato con parecchie donnaccole venute a parlargli,


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