La plebe, parte II. Bersezio Vittorio
li avesse guarentiti contro tale pericolo.
Urtando qua e là colle spalle nelle cantonate, coi piedi negli scalini, colla testa negli spigoli delle pareti, guidato, tirato, sorretto dalla moglie, Andrea era oramai pervenuto al terzo piano vociferando le più salate bestemmie di questo mondo, fra cui ricorreva sempre il ritornello: I miei figli, sono un miserabile.
Giusto al terzo piano, l'ubbriaco inciampò, e la moglie, troppo debole per sostenerlo, non potè impedire ch'egli andasse a battere con tutto il peso della sua abbandonata persona, contro un uscio, il quale suonò come percosso da una catapulta.
E qui dalla bocca di Andrea irritato giù una filza di bestemmie e d'imprecazioni.
– Accidenti al padrone di casa!.. Che il diavolo si porti quel ladro avaro, sanguisuga della onesta gente, che non mette manco la miseria di un lumino su questa sua scala maledetta di questa casa del demonio che vorrei profondasse fino giù al fin fondo dell'inferno!..
Paolina aveva bel dire: – Zitto, zitto Andrea, non dir così, vieni, andiamo su: – ed aveva bel tirarlo pel braccio; l'ubbriaco non si muoveva di un punto e gridava ancora più forte.
Ora quell'uscio contro cui il marito di Paolina era precipitato con tanto impeto, metteva niente meno che nel quartiere abitato da Nariccia medesimo; ed ecco – vista tremenda per Paolina – aprirsi in quella l'uscio fatale e comparire il signor Nariccia in persona con una lucerna in mano.
– Che cos'è questo chiasso? Cominciò egli a dire con tutta la severa imponenza di cui era capace. Che cos'è questa temerità di percuotere in tal modo contro l'uscio della mia abitazione? Che cosa sono queste sconcie impertinenze che andate sbraitando?
Paolina volle dire alcune parole di scusa.
– È inutile che cerchiate di negare; ho udito tutto, e se non fosse del debito che ho di buon cristiano di perdonare, ve la vorrei far pagare cara e salata…
Andrea era rimasto sovraccolto al primo apparirgli del padron di casa; ma poi tosto, ripigliando quella certa famigliarità che hanno con chicchessia gli ubbriachi, diceva a sua volta:
– Scusi… Perdoni… sa! Quello che ho detto, l'ho detto… ecco… perchè… corpo d'un accidente… gli è la verità…
– Vieni, vieni: s'affrettava ad interrompere Paolina. Non teniamo qui dell'altro il signor Nariccia a questo freddo.
– Lasciami stare: rispondeva Andrea, respingendo la mano della moglie: voglio parlare… voglio spiegarmi… Ecco! Qui è maledettamente scuro come in una caverna dì briganti… non fo per dire… Non ci si vede la punta del proprio naso.
E Paolina a soggiungere:
– Non abbiamo urtato apposta nel suo uscio; mio marito s'è inciampato e…
– Ecco! Interrompeva l'ubbriaco. Mi sono inciampato. Non è già ch'io non istia ritto sulle mie gambe… Tutt'altro! Sfido qualunque, io!.. Sono un miserabile… sì, va bene… ma non sono punto ubbriaco… Dunque se ho risicato di rompermi la cassa de' corni contro i chiovoni di ferro di quel maledetto uscio lì, non l'ho fatto apposta… Sono un miserabile, è vero, ma non l'ho fatto apposta… Ecco!
– Apposta o non apposta: interruppe bruscamente Nariccia; a me poco importa. Del resto opportunamente mi venite innanzi, chè ho da parlarvi, e giusto pochi momenti sono mi son preso l'incomodo di salire fino alla vostra soffitta. E ciò che ho da dirvi, è detto in due parole. Voi mi dovete sei mesi d'affitto: o pagatemeli domani, o doman sera dormirete in altra casa e non più certo nella mia.
Andrea e Paolina rimasero sbalorditi.
– Gesummaria! Esclamò la donna stringendo le mani e levandole supplichevolmente verso il padrone di casa. Oh buon signore, abbia compassione di noi!..
Ma Nariccia fulminando d'uno sguardo velenoso la povera donna col destro de' suoi occhi birci, mentre col sinistro saettava l'oscurità del vuoto della scala, interruppe fieramente:
– Io non sono un buon signore, io! Sono un ladro, un avaro, una sanguisuga dell'onesta gente. L'avete gridato voi…
– Signore…
– L'ha gridato vostro marito.
– S'accerti…
– Niente. Non voglio sentir più nulla, non voglio dir più niente. Avete udita la mia volontà. Basta!
E richiuse con fragore l'uscio ferrato, dietro il quale si sentì il rumore dei chiavistelli ch'egli tirava e dei catenacci che faceva andare a posto.
– Ah cane d'un cane peggiore d'ogni cane: si diede ad urlare Andrea scaraventando con tutta la sua forza dei pugni contro le imposte dell'uscio, saldo come macigno. Gli è così che si tratta la povera gente? Sulla strada e' ci vuol mettere… Accidenti! Sulla strada i miei figli… Sciagurato! Che sì che se ti prendo per quel cravattino bianco… forca e tenaglie!.. ti faccio schizzar fuori quegli occhi guerci…
La moglie lo pregava a tacere, a venir via di lì, lo tirava con tutta la sua forza, gli tappava colla sua mano la bocca; ma l'ubbriaco resistendo, aggrappandosi al muro, puntando i piedi al suolo seguitava pur tuttavia a gridare colla voce rauca, avvinazzata, di cose parecchie.
– Sono un miserabile io, sì, è giusto… Ma mia moglie, giuraddio!.. ma i miei figli, sacramento!.. Cacciarmeli sulla strada? Oh no, oh no, oh no!
E giù nuovi pugni contro l'uscio e nuove imprecazioni contro il padron di casa.
La moglie riuscì pur finalmente a levarlo di lì; e contrastando, inciampando, borbottando, Andrea pervenne alla fine sin nella soffitta abitata dalla miserissima famiglia. Là dentro regnavano un'oscurità non rotta che dal riflesso bianco della neve sui tetti vicini ed un silenzio che pareva di tomba. I bambini, dopo aver aspettato, dopo aver pianto, dopo aver chiamato invano durante l'assenza prolungatasi della madre, avevano ceduto alla debolezza della età e del digiuno, e s'erano addormentati. L'occhio di Paolina, esercitato a quella tenebrìa, li vide, appena fu essa entrata, giacere tutti quattro sul loro strammazzo, l'uno accosto all'altro, come raccolti in un gomitolo, scaldandosi a vicenda e sorreggendosi, le piccole testine reclinate come fiori appassiti, le gambe ripiegate, immobili come tanti piccoli cadaveri.
La povera madre trasse un sospiro e benedisse in cuor suo la pietà del Signore; dormendo, i bambini almanco non sentivano più il tormento della fame. Oh! avessero potuto dormir così tutta notte, fino a che il domani ella fosse riuscita a procacciarsi un po' di pane per essi! Come avrebb'ella ottenuto codesto? Non lo sapeva, ma confidava nella Madonna, confidava nell'efficacia di quelle preghiere in cui avrebbe consumata tutta la notte.
Ma sperare che i bambini potessero non venir desti era un fare i conti senza l'oste, o per dir meglio senza l'ubbriaco.
Andrea, sempre barcollante, cominciò per urtar malamente in un zoppo trespolino che trovavasi fra i pochissimi e poverissimi mobili ond'era composta la masserizia di quella soffitta, e quindi giù una filza di bestemmie a sfogo del suo dispetto.
– Accendi il lume, Paolina, gridava il marito: oh che io ho da camminare allo scuro come i gatti?
– Il lume? Rispose la donna con doloroso accento, pure ammorzando il suon della voce. Non ce no ho di lume.
– Che? Non ce ne hai?
– No, nè olio, nè candela.
– Vanne a prendere.
Paolina mandò un sospiro che somigliava ad un gemito.
– Se avessi qualche denaro avrei comprato del pane pei nostri figli che dormono digiuni da questa mattina.
L'ubbriaco portò le mani con atto macchinale alle tasche del panciotto, che sapeva vuote pur troppo.
– E non ho manco un soldo da darti! Si mise a gridare, cacciando un pugno a quel trespolo contro cui aveva urtato, ed al quale ora sorreggevasi. Oh! sono un miserabile!..
– Taci, taci: disse la donna: non isvegliare almanco i bambini…
Ma il male era già fatto. I figliuoli al rumore avevano aperto gli occhi, ed a quell'incerto barlume vedendo le ombre di due persone, sollevandosi sul