La plebe, parte II. Bersezio Vittorio

La plebe, parte II - Bersezio Vittorio


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proposito. Messer Nariccia non è ancora venuto?

      – Non l'ho visto… Ah! c'è qui la Gattona che vorrebbe parlare a Lei.

      – Ah ah! la Gattona: esclamò il frate volgendosi verso la vecchia con uno di que' suoi piacevoli sorrisi.

      La Gattona, tenendo sempre il piccino per mano si avanzò verso il frate e fece una profonda riverenza.

      – Sì, Padre, diss'ella: se volesse usarmi la carità d'ascoltarmi…

      Padre Bonaventura si assettò comodamente sopra una seggiola a bracciuoli che c'era presso al braciere, pose i piedi sull'orlo di legno di quest'esso, e guardandosi compiacentemente le unghie rosee e le mani bianche, disse alla vecchia:

      – Parlate pure.

      La vecchia fece guizzare uno sguardo di sfuggita verso il sacrestano e verso il ragazzo che stava ancora inginocchiato presso al braciere.

      – Celso, disse il frate, comincia intanto per accendere le candele all'altare, poi verrai a vestirmi le paramenta.

      Il sacrestano prese un cerino, lo accese alla lampada che pendeva e si avviò verso la chiesa.

      – Vai anche tu ad aiutar Celso: soggiunse il gesuita, facendo una carezza alla guancia del ragazzo che gli era vicino, va, e ti darò poi una bella immagine di Gesù bambino coi fregi dorati.

      Il ragazzo si levò sollecito e seguì il sacrestano.

      – Or dunque: disse allora padre Bonaventura alla Gattona. Che cosa avete da dirmi?

      – Sono venuta a demandarle un consiglio: cominciò la vecchia abbassando la voce e curvandosi verso il frate che, abbandonato sul seggiolone, coi gomiti appoggiati ai bracciuoli, si era disposto ad ascoltare.

      – Che consiglio?

      – Ieri sera un signore… oh no, non mi ha di troppo l'aria d'essere un signore… un uomo ch'io non conosco, ma che mi diede qui il suo nome scritto sopra una cartolina… Eccola; guardi un po' Lei se ha mai sentito a menzionare questo individuo.

      E trasse fuor della tasca del grembiale, spiegazzata e sporca, la polizzina che Maurilio le avea data la sera innanzi.

      Padre Bonaventura la prese, se la pose innanzi agli occhi il più distante che potè col braccio teso, perchè la sua vista era da presbite, e lesse quello che già sappiamo esservi scritto su: Maurilio Nulla, scrivano pubblico, via… porta num. 7, piano quarto.

      – Ecco un nome originale: disse il gesuita: un nome che finora non mi avvenne mai di vedere nè di udire, quindi, eccetto che ne abbia anco un altro, l'individuo che lo porta mi è perfettamente sconosciuto. Ebbene, che cosa avete voi da spartire con questo tale?

      – E' mi venne in casa inaspettato, e mi fece una proposta che io ho accettata, e che ora ho paura di aver fatto male ad accettare.

      Il frate levò i suoi occhi grigi sul volto aggrinzito e ributtante della vecchia.

      – Oh oh! esclamò egli. Che razza di proposta?

      – Niente contro l'onestà e contro il timor di Dio: si affrettò a rispondere la lurida vecchia. Si tratta qui di questo biricchino – (ed accennava al ragazzo che teneva sempre per mano) – che anzi gli è stato lui che me l'ha menato in casa, chè lo ha trovato per le strade ch'era già tardi, perchè questo poco di buono s'indugia sempre a baloccarsi e peggio e non c'è verso di farlo rientrare al cader del giorno com'io vorrei…

      – Bene, bene: interruppe padre Bonaventura con qualche impazienza, tamburellando colle dita grassotte sui bracciuoli del seggiolone. Udiamo questa proposta ch'e' vi fece.

      – Io, già, sono una povera donna. Ella lo sa; vivo d'elemosina, e questo bardotto qui mi è di un peso… di un peso!..

      – Si, sì, me lo avete già detto parecchie volte; ma egli pure vi guadagna qualche solduccio.

      – Oh sante piaghe! Gli è così poco… E giusto, gli è a questo riguardo che quel cotale mi fece quella certa proposta.

      – Sentiamola dunque, via, questa benedetta proposta.

      – E' mi ha domandato s'io non gli avea fatto imparare a Gognino il leggere e scrivere, s'io non lo mandavo a scuola; ed udito che no, mi profferse di darmi egli dieci soldi al giorno, a patto che lo lasciassi andare in casa sua dov'egli avrebbe insegnatogli lettura, scrittura ed abbaco.

      – Cospetto! Esclamò il gesuita meravigliato, spalancando tanto d'occhi. E questo per la bella cera di quel martuffino lì?

      – Disse che voleva fare quest'opera buona.

      – Uhm! E che figura ha egli codestui?

      – Non ho potuto nemmanco vederlo bene. E' si teneva in testa un certo cappellaccio colla tesa sugli occhi. Una faccia strana, nè da giovane, nè da vecchio; una voce che ha una certa imponenza; i panni piuttosto da povero che da ricco.

      Padre Bonaventura prese fra l'indice e il pollice della mano destra il suo mento grasso a doppia piega, nell'atto della riflessione.

      – E voi dunque avete accettato il partito?

      – Ho pensato che dieci soldi al giorno non si trovavano mica lì, sotto il primo sasso della strada. Me il bisogno mi perseguita. Mi parve una vera grazia mandatami dalla Madonna del Carmine. E poi ho pensato che Gognino avrebbe così imparato di meglio a servire la messa. Ora son io che debbo fargli entrare nella memoria le parole a forza di recitargliele, e le assicuro che la è una fatica… una fatica. Ho detto di sì… Ho forse fatto male?

      – Che intenzioni può egli avere quell'individuo? Diceva il gesuita, come continuando a parole pronunziate le sue riflessioni. A questo mondo non si fa niente per niente. Voi Gattona, vecchia come siete, dovreste saperlo.

      – Ho immaginato si volesse con siffatta carità far dei meriti per la vita eterna.

      – Eh! che i meriti si acquistano con altri modi, più acconci, chi abbia fede veramente nella nostra santa religione. Scommetto che gli è uno dei moderni disseminatori di falsità e di eresie, uno dei campioni del progresso, come si usano chiamare, il quale vuole guadagnare all'errore un'anima di più.

      – Ho dunque fatto male? Esclamò la Gattona con accento spaventato: oh creda, padre Bonaventura, che io subito dopo ho pensato di venirle a raccontar tutto e di pregarla a volermi guidare in proposito. E s'Ella adunque mi dice che ciò non si deve fare, io non manderò a quel cotale, Gognino, nemmanco se mi volesse caricar d'oro… Ci perderò dieci soldi al giorno belli e sicuri; ma che cosa m'importa? Io non guardo a codesto quando si tratta di schivare il male e di obbedire a Lei, padre Bonaventura… benchè io sia miserissima, e debba contare non che i soldi, ma i centesimi. Oh! ci è una Provvidenza lassù; ed io sono tanto divota della Madonna e del Sacro Cuore di Gesù e di Santa Filomena, che non sarò abbandonata, e son persuasa che vostra reverenza medesima, se potrà, troverà modo di compensarmene, facendomi partecipare un po' più alle elemosine di questa parrocchia…

      Padre Bonaventura, il mento sempre appoggiato alla mano, guardava la vecchia con i suoi occhi fissi, nella cui espressione non avreste saputo se fossevi ironia o bonarietà.

      – Ben sapete: disse a quel punto il frate colla sua voce più melliflua ed insinuante; ben sapete, Modestina, che siete fra le prime nella lista dei poverelli a cui amiamo distribuire i soccorsi delle carità che raccoltiamo.

      La Gattona prese la mano sinistra del gesuita che era posata sul bracciuolo e la baciò con divozione; ma padre Bonaventura, a cui non parve molto piacevole quel contrassegno di reverenza, fu lesto ad allontanare la sua mano paffutella, dalle labbra vizze, triate e violacee della vecchia.

      – Or dunque, riprese quest'ultima, io mi guarderò bene dal mandar Gognino colà…

      – Aspettate: disse vivacemente il gesuita a cui pareva nata una nuova idea. Sarebbe forse meglio far così. Lasciateci pure andare il vostro ragazzo da quest'uomo, ma inculcategli bene di osservar tutto, di tenere a mente tutto ciò che vedrà, che sentirà, che avverrà in ogni modo, e di farvene una relazione esatta giorno per giorno.

      – Che


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