La plebe, parte II. Bersezio Vittorio

La plebe, parte II - Bersezio Vittorio


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noi si conviene non dormire.

      – Ah! Esclamò Andrea recandosi le mani alla fronte, come per raccogliervi le idee.

      La memoria degli avvenimenti della sera innanzi glie ne tornò a quel punto: ma le impressioni che egli ne aveva ricevute erano state così annebbiate dai vapori dell'ebbrezza, ch'e' non sapeva se quelle erano vaghe reminiscenze di sogni oppure ricordi veri di fatti.

      – Che cos'è dunque avvenuto? Diss'egli quasi esitante. Aiutami un po' a ricordarmene, Paolina. Ieri sono uscito di qua mezzo disperato per andare a cercar lavoro e pane pei bambini.

      – E non sei tornato più: disse amaramente la moglie: e noi abbiamo passato eterne ore ad aspettarti invano, i piccini piangendo, io non sapendo più a che santo votarmi per farli acchetare.

      Un'ombra di confusione passò sulla fronte di Andrea.

      – Che cosa vuoi? Riprese egli, non senza impaccio. Ho girato mezza città per trovar lavoro; ho battuto a un centinaio di porte, e sempre inutilmente. Ero disperato. Non osavo ricomparirvi dinanzi per dirvi: non ho nulla, non ho trovato nulla, non vi ho portato nulla. Giravo senza saper più dove batter del capo, quando ho trovato Marcaccio.

      Una fiamma passò negli occhi di Paolina.

      – Ed io, non vedendoti tornare, ho indovinato tutto: interruppe ella. Quando la sera fu venuta corsi all'osteria di Pelone. Sapevo che mentre noi spasimavamo qui, tu eri colà…

      – Paolina! Esclamò il marito con accento di profonda vergogna, abbassando la testa.

      La moglie si arrestò; guardò con occhio pietoso la vergogna del marito ed ebbe la generosità di non dir più che queste parole:

      – E là ti ho trovato.

      Andrea allora ebbe come un barlume di memoria che nella taverna era avvenuto qualche cosa fra sè e la moglie; gli tornò ad un tratto preciso il ricordo del modo crudele con cui egli l'aveva trattata, del colpo violento datole da lui, della caduta di essa. Levò gli occhi in volto a Paolina, come per vedere in quello se ciò era vero. L'aspetto, lo sguardo, il mesto sorriso medesimo cui abbozzarono le labbra scolorate della donna gli dissero eloquentemente che sì. Non si parlarono in quel punto, ma si compresero ambedue: eravi il più profondo pentimento dall'una parte, il più generoso perdono dall'altra.

      Andrea mandò un'esclamazione soffocata e nascose nelle sue mani la faccia.

      Paolina lo lasciò un istante alla sua meditazione; quindi, mettendogli dolcemente una mano sulla spalla, riprese a parlare.

      – Ma non è del ieri che dobbiamo ora occuparci, gli è dell'oggi che ci si presenta più terribile che mai. Tu non hai mezzo alcuno nè speranza alcuna di trovar lavoro e guadagni…

      Il marito scosse dolorosamente la testa.

      – Ai bambini conviene assolutamente dar pane…

      Andrea levò con impeto la testa, contratti spaventosamente i lineamenti del viso.

      – E l'avranno: esclamò egli: l'avranno… dovessi rubarlo.

      Paolina gli mise una mano sulla bocca.

      – Oh taci!

      Vi fu il silenzio d'un minuto; un penoso silenzio in cui non si udiva che l'affannoso respiro della povera Paolina.

      Fu questa a ravviare il discorso.

      – Il padron di casa, diss'ella abbassando ancora la voce, ha minacciato mandarci via se non gli paghiamo entr'oggi la pigione.

      – Gli è dunque vero anche codesto? Esclamò Andrea, il quale erasi lusingato sino allora di aver solamente sognata una sì brutta novella.

      La moglie curvò il capo in segno di dolorosa affermazione.

      – Alla croce di Dio! Proruppe l'uomo. Tu vedi bene che non c'è più scampo alcuno per noi!

      – Forse sì che c'è ancora: rispose Paolina. Ho pensato a codesto tutta la notte, ed ho pregato Iddio, ho pregato tanto che spero non ci mancherà il suo aiuto.

      Andrea scosse le spalle in modo che dinotava nutrir egli assai poca fiducia in quell'aiuto supremo.

      – Il signor Nariccia, continuava la donna, è un uomo religioso.

      – È un impostore.

      – Ah! non giudichiamo male del prossimo. Pregandolo in nome di Gesù Cristo, chi sa che non si pieghi a concederci un po' di respiro. Egli va tutte le mattine al Carmine ad udire la prima messa detta da padre Bonaventura, che è suo confessore, e che ha una grande influenza su di lui. Ho pensato dunque d'andar io pure colà, di raccomandarmi a padre Bonaventura di pregare lui messer Nariccia per le cinque piaghe ad averci compassione.

      – E fa pur così, poichè te n'è nata l'idea: disse il marito con tono di scoraggiamento; ma non fondarci su molte speranze, chè il cuore di messer Nariccia è di bronzo, e l'anima di quel gesuita è più nera della sua sottana… Del resto poi, mettiamo pure che la tua Madonna del Carmine faccia il miracolo d'intenerire quei sassi, sarebbe già molto, ma ciò non darebbe ancora per oggi, nè per l'avvenire il pane ai nostri figliuoli.

      – Anche a ciò ho pensato. Dopo la messa del Carmine andrò al palazzo del marchese di Baldissero…

      – Ah! il marchese; disse Andrea con esitazione. Egli ha protestato che non ci avrebbe mai più dato soccorso nessuno… Egli ti strapazzerà, povera Paolina… Egli ti dirà un mondo di male de' fatti miei.

      – Il marchese è di cuore così generoso, che, non ostante tutte le sue minaccie di non sovvenirci più in nulla, quando sapesse le tristi nostre condizioni, pur tuttavia non mancherebbe di aiutarci. Ma però ho pensato di non rivolgermi a lui… Duole anche a me sentire a dir male de' fatti tuoi… e non poterti difendere… C'è in quella casa una angelica creatura, la quale non può a meno d'aver pietà di noi: madamigella Virginia; ed ho pensato di parlare a lei.

      – Sì, sì: disse Andrea con vivace premura che provava quanto più gli piacesse che se ne parlasse alla signorina che non allo zio marchese; sì, rivolgiti a madamigella Virginia. Oh ella non ti respingerà di sicuro. Anco se messer Nariccia non volesse menomamente cedere alle tue preghiere, come son sicuro pur troppo che avverrà, da quella brava signorina potrai avere, per poco che tu sappia fare, fin anco i denari della pigione.

      – Non ne dubito. Ma questo, anche succedendo, come speriamo, se ci trae dalle tremende strette del momento, non ci salva ancora per l'avvenire.

      – È vero: disse il marito con voce appena intelligibile, curvando più basso di prima la testa.

      – Codesta salute, per noi, continuava la donna, non può venirci da altri che da te. Sei tu che hai da restituire nelle condizioni d'un tempo la tua famiglia, tornando, come già un tempo, al lavoro.

      Andrea non osò ancora levare il capo, nè lo sguardo verso sua moglie.

      – Ma se di lavoro non posso trovarne a niun modo: diss'egli con voce soffocata.

      – Ne troveresti cambiando costumi. Sei tu ben deciso a cessare da questo modo di vita che ha tratto a sì mal passo la tua famiglia?

      – Oh sì: rispose il marito.

      – Posso io sicuramente prometterlo per te?

      – Certo.

      – Ebbene, dopo che sarò stata al palazzo Baldissero, correrò all'officina Benda.

      – Ah! il sig. Benda è un uomo ostinato: mi ha già scacciato due volte dai suoi lavoratoi, non mi riprenderà più la terza.

      – Anche colà mi rivolgerò alle donne della casa. La moglie e la figliuola del signor Benda sono due pietose creature ancor esse.

      – Puoi provare: disse Andrea scoraggiatamente: e se riuscirai tanto meglio.

      – Non muoverti dunque di casa fin ch'io ritorni. Se i bambini si svegliano, prometti loro che alla mia venuta avranno cibo. Di certo non tornerò senza recare per essi del pane.

      E avviluppatasi la testa in un misero fazzoletto, Paolina uscì frettolosa che era l'alba appena.

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