La plebe, parte IV. Bersezio Vittorio

La plebe, parte IV - Bersezio Vittorio


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no, rispose tuttavia con sufficiente franchezza; anzi ho fatto per quel cotale una che si può dire opera buona. Ti conterò poi tutto un'altra volta.

      Il domani, come aveva promesso alla moglie di fare, Andrea uscì dal segreto riparo in cui si nascondeva così bene, che da quella sera in cui era stato condotto in Cafarnao nè Marcaccio ned altri non lo avevano visto più, e s'avviò verso l'ospizio ov'erano ricoverati i suoi figli. Per giungere a questo ospizio, la strada più corta era quella in cui si trovava la casa di messer Nariccia, ed Andrea ci passò, e come tutti quelli che in quella mattina la percorrevano, fu arrestato dal capannello di curiosi che impediva il passo all'altezza appunto della casa dell'usuraio. Il marito di Paolina dalle vive ciarle che udì intorno a sè, apprese tosto quel che era avvenuto al suo già padrone di casa, e fu grave e profondo l'effetto ch'egli ne provò. Pensò di botto a quelle chiavi da lui fabbricate, e non ebbe dubbio nessuno che esse avessero servito a commettere quell'orribile delitto; egli dunque ne aveva pure la sua parte di colpa, a lui si doveva il compimento di quella strage, su di lui la giustizia divina e l'umana avrebbero potuto e dovuto far ricadere quel sangue. Il povero Andrea seppe così poco nascondere il suo turbamento che i presenti lo notarono tutti, e parlandone poscia al Commissario, rafforzarono in lui i sospetti che complice dell'assassinio fosse Andrea, e che, mandato appunto da quelli che avevano fatto il colpo, fosse venuto lì quella mattina ad esplorare come si mettessero le cose.

      Intanto il marito di Paolina, allontanatosi da quel luogo di buon passo, desideroso di fuggire quella strada e quelle voci, arrivava ancora tutto sossopra dell'animo all'ospizio in cui erano ricoverati i suoi figliuoli. Colà domandava gli fosse concesso prender seco i bambini e condurli al letto della madre poco meno che moribonda; e la passione dell'animo ond'era afflitto, diede alle sue preghiere tanta efficacia, che le monache sotto la cui direzione era quel pio istituto, acconsentirono senza difficoltà nessuna a lasciar andare col misero padre i bambini; i quali, di vero, appena vistolo, s'erano gettati addosso a lui e pregavano piangendo li togliesse con sè, li conducesse dalla mamma, tornassero tutti nella loro soffitta a vivere come prima.

      Andrea li abbracciò e baciò con tanta tenerezza, quanta forse non aveva provata mai; ringraziò le monache alle quali promise avrebbe fra due ore al più tardi ricondotti i piccini, cui loro raccomandava colla più commovente effusione, e toltosi in braccio il più piccolo, mandandosi innanzi gli altri, si diresse verso l'ospedale in cui giaceva la moglie.

      Quest'infelice aspettava con ansioso desiderio che le faceva parere lentissimo il tempo. Ad ogni minuto domandava alla monaca, che aveva più specialmente cura di lei, qual ora fosse, e udendo sempre che trammezzavano ancora parecchi minuti al punto in cui avrebbero cominciato ad essere ammessi i visitatori, sospirava dolorosamente.

      Ma quel momento giunse pure alla fine: vide Andrea comparire in fondo al camerone col piccino in braccio che girava attorno attoniti i suoi occhioni tondi come se volesse cercare la mamma che il babbo gli aveva detto eran venuti a vedere; scorse gli altri suoi figliuoli che camminavano tenendosi per mano colle mostre dello stupore ancor essi sulle loro faccine a quei nuovi oggetti che si trovavan dintorno; Paolina provò una tale emozione che ne attinse la forza di drizzarsi alquanto della persona sul letto, di levar fuori dalle coltri le braccia e tenderle a quei suoi cari che s'avanzavano verso di lei, mentre le sue bianche labbra tremanti esclamavano:

      – Figli… oh figli miei!

      In un momento, fra quelle braccia mosse da tanta tenerezza si trovò stretto con amoroso trasporto l'ultimo de' bimbi che il padre ci aveva messo. La povera madre lo baciava piangendo, dicendogli mille incoerenti, inintelligibili parole; il bambino guardava sempre con que' suoi medesimi occhi attoniti, pareva non riconoscer più sua madre: quelle due lunghe file di letti, con entrovi tanti volti quasi cadaverici e tanti occhi riarsi dal fuoco della febbre, parevano spaventarlo, faceva greppo e se non avesse avuto soggezione, molto facilmente sarebbe prorotto in pianto. Il padre lo riprese, recandoselo al petto, ed egli si serrò colle piccole braccia al collo di lui, guardando la madre quasi sgomento: la infelice donna rispondeva a quello sguardo con un mesto sorriso tutto bontà e con una dolorosa rassegnazione entro gli occhi. Gli altri figliuoli furono dalla giacente abbracciati del pari; poscia il marito sedutosi vicino al capezzale, i bambini sulle ginocchia di lui, e l'ultimo nato, accoccolato sulla sponda del letto, passarono un po' di tempo dicendo parole pochissime, ma guardandosi, ma pensando di molto i due miseri genitori al loro passato, alle miserie presenti, alle paurose minaccie dell'oscuro avvenire. Il più piccino dei bimbi, superata oramai quella prima impressione di timoroso disagio, riconosciuta compiutamente la mamma, s'era accostato vicino vicino al capo materno ch'essa aveva dovuto abbandonare di nuovo sul guanciale, e colla manina ne accarezzava le pallide gote.

      Così rimasero forse un'ora, non felici di certo, ma con una dolce e preziosa tregua nel loro reciproco soffrire. Ed ecco che il momento doloroso di separarsi era giunto. La monaca pietosa colle più umane forme e col più mite accento venne ad avvertirneli. Andrea si levò a malincuore, con un evidente sforzo, quasi avesse da sollevare con sè un grave peso che lo tenesse piantato a quel posto; Paolina fissò il volto de' suoi figli con un'espressione di spasimo, di rimpianto, quasi di terrore. Oh com'era passato presto quel tempo! Come! già separarsi da que' suoi dilettissimi! Rimaner di nuovo sola, ripiombare così presto nella privazione della vista di quei visini, nella lontananza da ogni suo affetto! E li avrebbe essa potuto rivedere ancora? Era quello forse l'ultimo addio che loro dava!.. Le sue labbra fatte tenaci, parevano non potere staccarsi dalla fronte dei figli in quel bacio d'addio. Non potè dir molte parole; balbettò confuse frasi soltanto; non potè piangere nemmeno; due lagrime sole ma cocenti le colarono giù dal volto; e la espressione dello sguardo con cui seguitò marito e figli che partivano, finchè non furono usciti dal camerone; quell'espressione disperatamente dolorosa, chi la potrebbe dire?

      Quando e' furono fuori della soglia la misera nascose il capo sotto le coltri, e fu udita allora dolorosamente singhiozzare.

      Andrea veniva fuori dell'ospedale, quando due uomini gli si slanciarono contro e prima ancora d'aver pronunziata una parola lo afferrarono alle braccia e lo disgiunsero da' suoi bambini che furono in là respinti.

      – Venite con noi: gli dissero col tono poco gentile che è usuale a tutti gli sgherri del mondo.

      Andrea diede una strappata affine di sciogliersi da quelle manaccie; ma i birri travestiti, coll'abilità e prestezza che hanno acquistate coll'uso in codesta bisogna, gli ebbero messo di subito i cantini ai polsi e dando una giratina colle mani glie li fecero entrare nelle carni, con un dolore che obbligò l'infelice a mandare un grido. La tremenda verità balenò innanzi al povero Andrea, a cui come uno spavento si presentò l'idea della carcere.

      – Dove volete condurmi? domandò egli con un'ombra ancora di speranza che quello fosse un errore oppure d'altra cosa si trattasse. Chi siete?

      – Siamo agenti della forza pubblica: risposero: ed abbiamo da condurvi dritto dritto al correzionale.

      Molta gente usciva in quel punto dall'ospedale: presso alla porta stavano venditori e venditrici di arancie, cui sogliono comprare i visitatori per recare agl'infermi; tutti costoro e chi per caso passava in quel momento per la strada, si raccolsero in un gruppo curioso, abbastanza fitto, che si serrò intorno ai birri ed all'arrestato. I fanciulli che non capirono che cosa avvenisse, ma videro che si voleva separarli dal padre loro, colle manine intirizzite dal freddo, e gonfie dai geloni, afferrarono i panni del babbo e si diedero a strillare. Andrea volse tutt'intorno, su quelle faccie curiose che lo guardavano, un occhio smarrito, e gli parve che quelle faccie avessero centinaia e centinaia di pupille larghe, brillanti, che lo saettavano di schernitrici occhiate: il sangue gli salì prima alla testa, poi gli si aggruppò al cuore, sentì possedersi da un'immensa vergogna, si fece rosso come una fiamma, poi pallido come un morto e balbettando disse:

      – È impossibile… Si sbagliano… Io non ho fatto nulla.

      – Non ci sbagliamo: risposero col solito accento e coi soliti improperii gli sgherri. E se non avete fatto nulla, lo direte a chi conviene, a suo tempo.

      E diedero una nuova strappata ai polsi per farlo camminare con loro. Andrea sentì trarsi i panni dai bambini che vi si tenevano afferrati.

      – I miei figli: disse egli, piantandosi a resistere alla tirata; io non posso abbandonare


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