La plebe, parte IV. Bersezio Vittorio

La plebe, parte IV - Bersezio Vittorio


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per nulla, riesce evidentemente un far male a lui, un creare un pericolo alla società. Che gli si migliori la sorte: questo sì, a ciò credo egli abbia qualche diritto, ma pretendere di più non lo può neppure quel giovane il quale, in fin dei conti, non ha nessun mezzo sicuro e legale di venire alla scoperta mai de' suoi parenti, cui basta il silenzio della Gattona, la quale non ha ancora parlato, e di Nariccia che non parlerà se non si vuole, per lasciar sempre nelle più dense tenebre intorno alla sua origine, il quale ci viene innanzi con indizi fortissimi di essere quello che pensammo finora perduto per sempre, ma non ce ne porge però delle prove sicure ed irrefragabili. Chi o qual cosa ne può togliere il dubbio che quegli oggetti, per un caso qualunque, e mille ce ne possono essere stati, non sieno caduti in potere d'un altro? Come rimaner proprio certi che il bambino trovato in mezzo di una strada a Torino sia proprio quello nato in una villa presso Milano? E non deve metterci in sospetto la differenza delle epoche fra la nascita e il rinvenimento, che sarebbe accaduto un anno dopo? Sono tutte questioni, pare a me, che ci debbono fare riguardosi e di molto. Come vorrebbe Ella risuscitare tutto quel tristo passato, richiamare l'attenzione del mondo sopra un sì doloroso episodio della sua famiglia ora compiutamente posto in oblìo per chiamare a condizione di cui non è degno un cotale cui nulla mai potrà provare sia davvero l'individuo supposto?

      Il marchese stette alquanto pensoso, evidentemente impressionato da queste parole.

      – Prima di decidere se questi dubbi ch'Ella accenna con giusto criterio sieno risolubili o no, converrà parlare con messer Nariccia. Egli ci potrà chiarire di molte cose, e forse dalle sue rivelazioni sorgerà alla nostra mente l'evidenza… Ma, appunto; nessuno ancora ritorna a darmi conto della imbasciata fatta a Nariccia.

      Tese la mano per afferrare il cordone del campanello, ma in quel punto medesimo l'uscio s'aprì vivamente e il cameriere del marchese, così concitato che aveva perfino trascurato di chieder licenza d'entrare, si precipitò nella camera con aspetto turbatissimo e quasi sgomento.

      – Volevo suonare, appunto per voi: disse il marchese prima che il servo aprisse bocca. Si fu da Nariccia?

      – Sì… sì signore: rispose l'altro con voce che tremava. Ci fui io stesso… Ah! Eccellenza, se sapesse!..

      Il marchese notò allora il turbamento del domestico.

      – Ebbene?.. Che avvenne?.. Ce l'avete trovato?

      – Il povero signor Nariccia questa notte fu barbaramente assassinato.

      Baldissero e fra' Bonaventura sorsero di scatto da sedere. – Assassinato! esclamarono essi. Morto?

      – No… Pare ch'e' non sia morto del tutto, per ora, ma gli è poco meno. Non ha cognizione, non può più parlare, ed ho udito che i medici lo danno per bello e spacciato… gli assassini gli hanno quasi tagliata la testa. Un rubalizio dei più audaci e dei più barbari che sia stato compito mai… La povera vecchia fante fu sgozzata come un pollastro: quella è morta per davvero… Scassinarono il forziere e portarono via tutto il denaro che c'era, si dice delle somme enormi… E dovevano aver delle chiavi che aprivano dapertutto, perchè non ci fu la menoma effrazione, ned alcuno dei casigliani ebbe ad udire il menomo rumore… La cosa fu scoperta stamattina che andò, secondo il solito, a recar loro il latte la rivendugliola della cantonata, e trovato l'uscio aperto s'introdusse nel quartiere e mirò l'orrendo spettacolo. Ella mise in un momento a rumore tutta la casa e non tardarono ad accorrere la giustizia e la forza pubblica… Adesso colà c'è un mondo di gente… Già si dice che gli assassini sono i soliti di quella famosa cocca che non si sa mai cogliere e che sono il terrore di tutta la città.

      Il marchese fece un atto colla mano che il servo prese per un ordine di silenzio e un cenno di congedo: si tacque, e camminando all'indietro come i gamberi si avviò verso l'uscita.

      – Si attacchino i miei cavalli… subito: comandò il marchese.

      E il domestico dopo un ultimo inchino uscì sollecito.

      – È una fatalità che il filo ci si debba spezzare tra mano? Soggiunse il marchese. Nariccia che potrebbe dileguare i dubbi, ci viene ora tolto. Voglio vederlo: Padre, venite anche voi meco.

      – Molto volentieri: rispose untuosamente il gesuita, tanto più che se quell'infelice non è ancora morto, può essergli utile il mio santo ministero.

      L'audacia e la misteriosità di quell'assassinio così ferocemente compito avevano sdegnato e quasi direi spaventato, non che la popolazione, ma le pubbliche autorità medesime; e tanto la giudiziaria quanto la politica erano disposte a mettere tutto il possibile impegno per rintracciare i colpevoli. Sventuratamente d'indizi non se ne avevano, fuor due: nella destra contratta di Nariccia (il quale da principio era stato creduto cadavere ancor esso) stava stretto uno squarcio di panno, che probabilmente aveva appartenuto agli abiti del suo assassino; sopra un mobile vicino al posto in cui era caduta sgozzata la povera Dorotea, si vedeva l'impronta sanguinosa d'una mano grossa, a dita tozze e robuste, la mano d'un uomo di forme colossali e di forza non comune. Era di certo l'uccisore della vecchia fante, il quale colla mano intrisa del sangue di quell'infelice, erasi appoggiato a quel mobile. Il commissario Tofi, accorso egli stesso in persona ad esaminare le cose, alla prima sguardata di quell'impronta, disse col suo accento secco e burbero:

      – Qui c'è entrato quel brigante di Stracciaferro; ecco il suo bollo. Stracciaferro non va senza Graffigna: son essi che han fatto il colpo… Conviene snidarli dal covo in cui queste belve si nascondono, ad ogni costo.

      Affine di procedere con ordine ed attenzione all'esame d'ogni menoma cosa nel quartiere abitato da Nariccia, Tofi ordinò si facesse sgombrare il locale da tutti i curiosi, e le guardie intanto, mentre non avrebbero più lasciato entrare alcuno fuor quelli di cui era bisogno, custodissero a vista i vicini e coloro fra gli accorsi che parevano poter fornire all'uopo qualche utile testimonianza. Mentre il Giudice ed il Commissario di Polizia procedevano ad una minutissima investigazione, l'ufficiale sanitario, fatto venire in tutta fretta, verificava che la fante era morta senza più rimedio pel taglio della gola che quasi le aveva separato la testa dal busto, ma che invece il padrone viveva tuttavia, che la ferita di lui non era mortale, che la minaccia alla vita glie ne veniva non dalla pugnalata ricevuta al collo, ma dall'apoplessia che lo aveva assalito e la quale anzi molto probabilmente l'avrebbe già ucciso se lo scolo del sangue per la trafittura del pugnale, facendo funzione d'un abbondante salasso, non avesse d'alcun poco diminuito la forza dell'accesso.

      Il medico giudicò che altre cavate di sangue erano ancora necessarie, e l'assassinato fu posto sopra il letto, dove gli si aprì la vena a quel braccio medesimo la cui mano teneva tuttavia stretto il pezzo di panno. Al signor Tofi non era sfuggita la importanza di quel piccolo squarcio di pannilana, e fin dal primo istante aveva cercato impadronirsene; ma le dita contratte dell'assassinato erano strette come una morsa di ferro, talmente che per quanta forza il Commissario ci mettesse, non ne potè venire a capo: ma dopo i due salassi che a breve intervallo, il medico stimò bene si facessero all'assassinato, le irrigidite membra si rammollirono un poco, e fu possibile finalmente lo impadronirsi di quell'importante oggetto, che poteva diventare utilissimo stromento a rintracciare gli scellerati.

      Si capiva facilmente che quello era un pezzo di bavero d'un vestito maschile: era di panno fine di color marrone, e circostanza che diede un sussulto di soddisfazione al Commissario, nella parte inferiore aveva trapunte in filo di seta due lettere dell'alfabeto – F.B.

      – Ecco un prezioso documento: disse Tofi al giudice, riponendo accuratamente lo squarcio di panno. Lasci in mio potere per qualche poco quest'oggetto, ed io saprò bene trovare fra i sarti di Torino e d'altrove se occorre quell'informazione che ci servirà da buon capo a dipanar la matassa.

      Benchè vi fosse ordine di non lasciar entrare nessuno, quando alla casa di Nariccia si presentò il marchese di Baldissero, tutte le porte gli si aprirono; e con esso penetrò eziandio fino al letto dell'usuraio Padre Bonaventura.

      Nariccia poteva dirsi trattenuto sulla soglia del buio regno della morte, ma non che vivesse; l'irrigidimento delle membra aveva sminuito alquanto, ma la immobilità la più compiuta le toglieva all'ubbidienza della sua volontà, se pur era che la volontà fosse tornata in quell'essere: la paralisi, una compiuta paralisi di tutto il corpo lo teneva inchiodato sul letto senza voce, senza possibilità nessuna di manifestare


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