La plebe, parte IV. Bersezio Vittorio

La plebe, parte IV - Bersezio Vittorio


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s'alzò di scatto da sedere e girò tutt'intorno alla stanza uno sguardo fra sospettoso e investigatore.

      – Che cosa sono dunque venuto a fare qui? Che cose, che circostanze son quelle intorno a cui mi si vuole discorrere, e forse scrutare? Se Ella non può aprirmi il vero, perchè sciupare tuttedue il tempo in inutili parole, che nulla hanno da conchiudere?

      Padre Bonaventura tornò a prendere per la mano il giovane, sorridendo più benignamente che mai, lo trasse con dolce violenza a sedere di nuovo presso di lui, e con accento di amorevolezza paterna passando dal Lei a dargli del più domestico Voi, gli disse:

      – Oh impazienza giovenile! Le nostre parole hanno tutt'altro che da essere inutili e non conchiudere nulla. E se da loro al contrario avesse da dipendere più questa, o più quella vicenda della vostra sorte?

      Maurilio fissò il suo occhio, che in questo momento era oscuro come un cielo abbuiato, e in cui dal fondo delle occhiaie balenavano lampi annunziatori di un'interna tempesta.

      Il frate gesuita riprese:

      – Voi sapete di già, per le parole sfuggite alla Gattona, che la famiglia a cui forse voi potreste avere alcun diritto di appartenere è una illustre e nobile famiglia.

      Il giovane non potè frenare una mossa di soddisfazione, di superbia.

      – Ah ah! egli è ambizioso: disse a se stesso Padre Bonaventura, che non cessava di tener il suo sguardo felino fisso sul lineamenti del suo interlocutore. Buono! è questa una presa da poterlo afferrare.

      – Or bene, continuava il frate, questa famiglia, troverete ragionevole anche voi, che voglia conoscere qual sia e che cosa pensi quell'individuo il quale si presenta ora fatto e cresciuto per appartenerle.

      Maurilio, che era oramai tornato in tutta la calma del suo spirito, chiese con una velata ironia:

      – È questo dunque un esame che mi si è chiamato a subire?

      – È una conversazione amichevole, come vi ho già detto, in cui, spero che andremo d'accordo.

      – E di ciò ha Ella ricevuto incarico da codesta mia famiglia?

      – Non vi dico che sia così: rispose gesuiticamente fra' Bonaventura; ma fate come se così fosse.

      Il giovane incrociò le braccia al petto in una mossa di superba aspettazione.

      – Parli dunque Lei primo, Padre reverendo. Esponga il credo che io dovrei avere, perchè i miei congiunti si risolvessero a fare il loro dovere: quello di riparare ad un infame delitto onde mi fecero vittima. Io le dirò di poi se potrò giurare in quelle verba magistri.

      – Ahi! pensò il gesuita: egli è orgoglioso al par di Satana.

      Assunse il contegno più umile e più benigno che e' potesse, congiunse le mani, levò gli occhi al soffitto, come per cercare ispirazione dal Cielo e cominciò:

      – Quantunque sia la prima volta che noi ci troviamo fronte a fronte, io è già da qualche tempo che ho imparato a conoscervi ed apprezzarvi.

      Era una piccola bugia; ma secondo la morale gesuitica l'onestà del fine giustificava agli occhi del frate la lieve colpa del mezzo.

      – Che! esclamò Maurilio stupito. Ella mi conosceva?

      Padre Bonaventura confermò con un cenno e con un sorriso il suo detto, e continuò:

      – Vi conosco, e noi, che c'interessiamo per tutti quelli che hanno un vero valore, che li amiamo più degli altri fratelli nostri in Gesù Cristo, vi seguitiamo con isguardo pieno di cura e di sollecitudine, deplorando le vostre tendenze e pregando Iddio perchè vi guidi sopra sentiero migliore. Voi siete generoso e volete il bene, lo so; ma alla vostra età, colla vita che avete vissuto, non si può scerner ancora con fondamento, quale sia il bene reale del genere umano; non si conoscono tuttavia gli uomini, non si è abbracciato con vista complessiva tutto l'organismo degli ordini sociali, per giudicare che cosa al governo di questi uomini convenga; si va più facilmente dietro a smaglianti chimere che alla meno splendida, ma soda realtà, solo efficace. Anzi per provvidenziale decreto di Dio che vuole l'intelligenza umana riconosca la sua debolezza, quando abbandonata a sè, l'audacia, la temerità giovanile fa scorgere il bene ed il vero nelle strade che nuove sembrano aprirsi allo spirito umano. Si crede un generoso impulso il disconoscere ciò che è insegnato dall'esperienza del passato, dall'autorità della tradizione, ciò che posa sulla base inconcussa della divina rivelazione. Ma voi, da quanto io ho potuto apprendere, avete troppo talento per ostinarvi a chiudere gli occhi alla luce, quando questa vi sia fatta splendere dinanzi…

      Maurilio schiuse la bocca ad un suo sorriso pieno di sì fina ironia, che il frate s'interruppe, e mettendo con mossa affettuosa una mano sulle ginocchia del giovane, soggiunse con paterna bonarietà:

      – Vedo sulle vostre labbra la punta d'un'obbiezione. Parlate, parlate pure liberamente, chè qui siamo per leggerci a vicenda l'uno dell'altro nell'anima.

      – Vuole sapere la ragione del mio sorriso? Eccola. Ella vuole farmi brillare dinanzi la luce: ma che luce è dessa quella che il suo partito e la sua scuola sono disposti a concedere ai miseri mortali? Poichè Ella stessa m'invita alla franchezza, dirò che credo loro intendimento e loro compito la luce del vero misurarla con tanta parsimonia all'uomo che egli trovisi nelle tenebre, costretto a seguire ciecamente per guida i loro consigli e voleri…

      – Se questi voleri e consigli lo hanno da guidare al bene ed alla maggior possibile felicità, interruppe con qualche calore il gesuita, non vi pare opera buona e doverosa il fare che primeggino ed ottengano? Io non contesto quanto voi avete detto, e non vi accuso di attribuirci concetti che non sono i nostri. Vi ho detto che fra di noi doveva esserci un'assoluta franchezza. Sì, noi vogliamo misurare la luce: ma quando una pupilla non è capace di sostenere che una data quantità di chiarore, è prudenza, è carità, è dovere il non dargliene appunto che a quel grado…

      – E chi li fa giudici di questa misura?

      – Il nostro santo ministero medesimo.

      – No: l'interesse d'una casta, che da quello scuriccio ottiene l'opportunità e la sicurezza di dominare.

      – Sia; ma dominando spinge al vero bene l'umanità.

      – La coscienza umana ha acquistato un altro concetto del suo bene, vuole un altro mezzo di arrivarlo: la libertà.

      – Parola ingannatrice! È lo scisma, è l'eresia. In essa appiattasi la facoltà di fare il male… Nel mondo, facciasi checchè si voglia, vi saranno sempre due classi d'uomini: quelli che sanno, che pensano, che hanno il talento e i mezzi d'istruirsi e di conoscere, e quelli che sono condannati a vivere nell'ignoranza: i primi sono i pochi, i secondi sono i molti. Chi può negare che a quelli non appartenga il diritto, anzi il dovere di guidare gli altri, precisamente come ai genitori quello di dirigere i loro figliuoli bambini?

      Maurilio scosse il capo ed accennò parlare.

      – Dite, dite pure: s'affrettò a sclamare il frate interrompendosi.

      – Sì è vero, così parlò Maurilio, l'umanità fu divisa, è divisa ancora in due parti: dei pochi che sanno e che possedono, dei molti che non hanno ed ignorano. Ai primi tutte le distinzioni, tutti i gaudii sociali; ai secondi nulla. Ah! loro non suppongono neppure quali sieno le sofferenze di questa immensa turba di diseredati nella civiltà, quanta sia e dolorosa la cancrena della miseria e dell'ignoranza nella plebe. Io lo so che ho vissuto in mezzo ad essa; io lo so che quelle sofferenze ho provate. E se là in mezzo cadde un'anima più sensitiva, una intelligenza più sveglia, me lo creda, Padre, i tormenti morali saranno peggiori e più crudeli ancora dei materiali.

      – Voi mi cercate delle eccezioni; disse il gesuita colla medesima benignità di sorriso e di voce, ma tuttavia con un accento in cui faceva capolino una lieve impazienza della contraddizione. Sui cento mila ve ne sarà uno capace di sentire quei tormenti morali che voi dite. E poi non è vero che ad una eletta intelligenza, caduta per azzardo nelle basse sfere sociali, sia assolutamente chiuso il cammino. La società è abbastanza bene organata perchè sappia e possa giovarsi di tutte le potenti individualità che Iddio mandi


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