Della scienza militare. BLANCHY

Della scienza militare -   BLANCHY


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dal 1792 al 1815, sulla Guerra della successione di Spagna pubblicata dal general Pelet, sui Grandi capitani, sulle Osservazioni di Napoleone sui commentari di Cesare, sulla Campagna del maresciallo Paskievicht nell'Asia minore e sulle Guerre dei russi contro i turchi del general Valentini.

      Noi non esitammo ad asserire che la guerra era limitata dallo spazio, dal tempo, dai mezzi di sussistenza e dal numero delle milizie, poiché il genio stesso nelle sue piú luminose intuizioni non può interamente a suo modo regolare e spingere un grande e complicato esercito, il quale, anche con il perfezionamento de' metodi e la piú artistica classificazione degli uomini e delle cose, supera la forza e l'intelligenza umana; e che quando dei grandi spazi separavano dal campo i luogotenenti, e che non era poco il tempo per far loro pervenire e rettificare i propri ordini, questi restavano giudici supremi nei decisivi momenti, e le ispirazioni del genio dileguavansi in ragione delle distanze che separavano chi le produceva da chi doveva averne l'impulso. Ed appoggiandoci ai fatti sí ben narrati dai due indicati storici, potemmo mostrare che entrata la Francia nella carriera di rilevar sé e il mezzogiorno di Europa e ritornare al tempo anteriore al trattato di Utrecht, la spedizione di Russia era necessaria; che la riuscita era possibile ma non durevole; che cominciava piucché terminava una serie di guerre; e che la rovina era possibile e poteva e doveva divenir estrema, come il fatto ha dimostrato; e finalmente che il quadro delle guerre della rivoluzione è istruttivo oltremodo, giacché si vedono tanta gloria, tanti sagrifizi, tanti sforzi, tanti uomini superiori e il genio piú vasto che l'arte e la scienza conti nella storia far sí che la Francia, che da Filippo Augusto quasi in ogni regno aveva fatto delle riunioni, degli acquisti e conquiste, dopo ventiquattro anni di guerre sia la sola ch'è rientrata nei limiti che aveva un secolo fa, anzi un po' diminuita, al contrario dei suoi nemici che si sono di tutte le rovine da essa fatte impinguati. Eppure queste guerre han potentemente modificato il mondo sotto tutti gli aspetti civili, politici, commerciali e morali; per cui se si vuol misurare geograficamente, sono tristi i risultamenti per la Francia; considerati sotto l'aspetto del cammino della societá, offrono una vasta importanza: ma che non perciò ne soffre la grave veritá che non si può lottare alla lunga con molti, che si trae profitto da' prodigi propri come dagli errori degli avversari, ma che è piú che leggerezza il fondare un sistema su fortuiti ed incerti accidenti che possono e non possono realizzarsi, ma che compromettono la sorte de' popoli e ciò che di piú caro essi hanno. La preziosa corrispondenza della guerra della successione di Spagna pubblicata dal general Pelet e corredata da una dotta introduzione da lui dettata, ha completato questa prima parte della quistione, mostrando che in quell'epoca era fissata la guerra con i suoi elementi e i suoi metodi; che se i risultamenti non erano proporzionati, ciò si doveva alla poca mobilitá degli eserciti, e che questa, ottenuta nel nostro secolo, aveva prodotto quei grandi effetti di cui siamo stati testimoni, e come in quell'epoca la decadenza del mezzogiorno cominciò ad apparire: fatto che si è sviluppato ai dí nostri con l'elevazione progressiva delle potenze del nord, da cui derivati sono gli ultimi trattati che rincarito hanno su quello di Utrecht che questa tendenza aveva segnalato. Per esaminare se i grandi capitani facevano scuola e in che limiti ciò operavano, dettammo l'articolo sui grandi capitani, analizzando le guerre che seguirono la loro morte; e in tutte vedemmo che i metodi non erano sufficienti per menare ad effetto le grandi concezioni, ma il genio ci voleva dell'artista, perché la guerra nella sua pratica applicazione è piú arte che scienza, per cui sfugge al calcolo esatto delle scienze ed ha bisogno dell'ispirazione dell'artista per render fecondi i grandi aiuti e i metodi che la scienza le fornisce.

      Naturalmente si presentava un altro lato del complesso problema che volevamo risolvere, cioè di determinare fino a che grado le guerre fatte a popoli ove s'incontrano piú ostacoli nella natura che negli uomini, e piú in questi che nell'intelligenza di chi i loro sforzi dirige, possono far rilevare in un capitano le qualitá trascendenti che lo pongono tra i grandi che la storia registra. Le osservazioni preziose di Napoleone sulle guerre di Cesare, la campagna del maresciallo Paskievicht nell'Asia minore e la relazione del general Valentini delle guerre tra i russi e i turchi in questo secolo ci sembrarono atte a facilitarci lo svolgimento di tale quistione. Le guerre di Cesare ci servirono anche a meglio svolgere e riformare il nostro secondo discorso, ove ci occupammo di esporre in che risiedevano le differenze tra la scienza e l'arte della guerra fra gli antichi e i moderni. Dalle luminose osservazioni che il piú gran capitano dei moderni tempi fa sulle geste del piú celebre dell'antichitá viene sviluppato il carattere di questa diversitá ed i suoi effetti sono determinati nelle belliche operazioni, mostrandosi come ciò che allora era possibile con quegli ordini e quelle armi non sia piú ai nostri dí con egual bravura, e si mette in luce come ciò sia avvenuto e come la perdita della parte vinta era sí disproporzionata a quella che i vincitori soffrivano. Indi passammo ad esaminare da un luogo delle osservazioni se vero era che se Cesare non avesse combattuto altri che i Galli, non si sarebbe potuto giudicare di tutto il suo merito che svolse nelle guerre civili, in cui aveva a fronte eserciti e capitani formati a una stessa scuola. Mostrammo che anche convenendo che certo la riputazione di Cesare sarebbe stata minore, pur nondimeno vi era in quella guerra nella quale ostacoli naturali, difesa ostinata di masse numerose benché mal dirette operavano, di che scorgere quelle qualitá che distinguono un gran capitano, come la forza di carattere, la pronta risoluzione, il vigore della volontá nell'operare, il conservare impero sopra milizie che sono disposte a demoralizzarsi in faccia a pene continue, pericoli oscuri e privazioni costanti; e conchiudemmo che se Napoleone non avesse fatto che la campagna di Egitto, pure poteva desumersi di che quel genio fosse capace in un altro teatro e con piú degni avversari. Questa stessa tesi sostenemmo nell'analizzare le campagne de' russi nell'Asia minore nel ventotto e ventinove del secolo nostro sotto il comando del maresciallo Paskievicht, la cui storia fu dal Fonton narrata; e facemmo a quelle campagne l'applicazione de' principi esposti, conchiudendo che il duce russo aveva dato de' lampi di genio nelle operazioni parziali, come a Milledux e Kneli, che egli non operava né poteva essere classificato con il comune de' generali che ottengono successi contro le orde orientali, nei quali si scorge sovente che essi sono alla superioritá degli ordini dovuti e non al concepimento del capitano; perché integrando quelle operazioni, vedevasi nell'insieme della condotta del duce russo quelle qualitá che avevamo detto costituire un gran capitano.

      Senza le qualitá i successi sono poco ricchi di risultamenti e non si mettono pienamente a profitto tutti gli svantaggi che il nemico offre per l'inferioritá della sua organizzazione militare, che deriva dalla sua poco avanzata civiltá come popolo. La storica narrazione del general Valentini ci serví a meglio rifermare e con piú numerosi esempi l'opinione da noi emessa. Cercammo anche scrutare se poteva una nazione livellarsi militarmente a nazioni piú incivilite senza livellarsi prima ad esse nello stato sociale, e credemmo che non poteva o che sarebbe presto decaduta, perché da questo non era appoggiata.

      In un particolare articolo sull'Amministrazione militare degli eserciti dell'antichitá cercammo esaminare la quarta quistione, e fissammo che il governo dell'esercito non era lo stesso che il comando, che qualitá diverse ci volevano nei due casi, che rari esempi vi erano della loro riunione in una persona, che il piú sovente le disgrazie militari sorgevano da questa disarmonia, che spesso un esercito ben governato era mal comandato e che altre volte accadeva l'inverso, e ciò nuoceva al successo, che l'amministrazione dipendeva dal governo e doveva supplirvi con i suoi metodi per rendere il capo piú libero, che in quello degli antichi non vi era traccia di ospedali militari, fatto che derivava dall'insieme delle loro sociali condizioni, subbietto che sviluppar dovevamo ancora. Tali sono gli oggetti trattati negli articoli nell'Antologia militare inseriti, come quelli che cadevano particolarmente sulla quarta quistione di cui non abbiam trattato che nel generale e sotto un punto solo esaminandola. Questi articoli formeranno un secondo volume di questa seconda edizione dei Discorsi.

      Se saremo dal suffragio pubblico incoraggiati potremo poi riprodurre uniti quegli altri che le scienze morali hanno avuto per obbietto, giacché speriamo che da questa prefazione chiaro apparisca il nesso che ad essi li congiunge e che tali lavori possano condurre al fine che ci proponemmo, cioè a dimostrare l'importanza delle belliche scienze e la loro potente influenza in tutti i grandi avvenimenti che mutarono e modificarono la faccia del mondo. E se ciò è accolto, niun dubbio può sorgere che chi prende parte nei pubblici affari e coloro che si limitano a volerli comprendere non debbono essere estranei alle nozioni di quella scienza che crea e conserva gl'imperi.

      AVVERTIMENTO


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