Il Quadriregio. Frezzi Federico
mie parole e mio usato ingegno
farò ch'ella verrá in un bosco sola,
e tu girai a lei quand'i' rivegno. —
130 Io gli die' 'l dardo per questa parola,
ed ei ghignò alquanto e poi saltando
andò veloce come uccel che vola.
Forse sei ore avea aspettato, quando
io vidi Rifa mia fida messaggia,
135 e quando a lei fui presso, io la domando:
– Dov'è Filena bella, onesta e saggia?
Per lei cercato ho il bosco in ogni canto,
e gito in ogni scheggia, in ogni piaggia. —
Ella rispose con singolti e pianto:
140 – Piú non appar la misera tapina;
come tu contra lei errato hai tanto?
Quella biforme bestia, ch'è caprina,
dianzi venne a noi, correndo in fretta,
'nanti alle ninfe ed alla lor regina,
145 e mostrò lor lo dardo over saetta,
che balestrò Filena a te dal monte,
e la scrittura «Io t'amo» è tutta letta.
Per la vergogna ella abbassò la fronte,
e dea Diana, a grand'ira commota
150 contra Filena, stante a braccia gionte,
gli die' dell'arco in testa e nella gota;
e poiché l'ebbe dispogliata nuda,
disse alle ninfe: – Ognuna la percota. —
Allor ciascuna verso lei fu cruda.
155 Ridea colui che fatto avie l'accusa,
quel reo biforme maladetto Iuda.
Poscia cosí spogliata e sí confusa
ad una quercia grande fu congiunta,
che sempre debba stare ivi rinchiusa.
160 E quivi vive e sta quasi defunta;
e mille volte fu percossa ancora
drento alla pianta; e quando ella è trapunta,
ad ogni colpo n'esce il sangue fuora
e l'arbor bagna; e quando il colpo giunge,
165 grida piangendo: – Omè, omè, m'accora! —
Udito io questo, ambe le mani e l'ugne
mi diedi al volto e tenni basso il viso
e non parlai, che il gran dolor, che pugne,
parlar non lassa, quand'ha 'l cor conquiso.
170 Poscia, sfogati gli occhi lagrimosi,
con voce fioca e col parlar preciso,
sí come or seguirá, io gli risposi.
CAPITOLO IV
Lamento dell'autore sopra la perduta Filena: promessa di piú bella ninfa fattagli da Cupido.
– Oimè, oimè, o Rifa mia fedele,
come ha permesso la fortuna e Dio
che sia avvenuto un caso sí crudele?
Trovai quel mostro maladetto e rio
5 nella boscaglia in sul levar del sole;
ed e' mi domandò del cammin mio.
Oh lasso me! con sue dolci parole
ei m'ha tradito: or vada, ch'io nol giunga
e non l'occida, a lunge quanto vuole. —
10 Driada disse: – Il falso è sí alla lunga,
che 'nvan per queste selve t'affatichi
che mai per te insino a lui s'aggiunga.
– O Rifa mia, io prego che mi dichi
dov'è la quercia, dove sta unita
15 Filena mia coi begli occhi pudichi,
e, da che io non gli parlai in vita,
la vegga morta e le mie braccia avvolti
a quella pianta, dove sta impedita. —
Mossesi allor con pianti e con singolti,
20 ed io con lei per l'aspero cammino
di quelli boschi e di que' lochi incolti,
insin che giunsi all'arbore tapino;
non alto giá, ma era lato tanto,
quanto in la selva è lato un alto pino.
25 Io corsi ad abbracciarlo con gran pianto,
e dissi: – O ninfa mia, prego, se pui,
prego che mi rispondi e parli alquanto.
Oh lasso me! ché a te cagione io fui
di questa morte; ché quel traditore
30 nefando mostro ha tradito amendui.
Alli miei prieghi ti ferí l'Amore
dell'infelice colpo alla gonnella,
che passò tanto acceso poi nel core.
Prego, perdona a me, Filena bella:
35 perché non parli? perché non rispondi?
Prego, se puoi, alquanto a me favella.
Questa novella pianta e queste frondi
e questi rami io credo che sian fatti
delli tuoi membri e tuoi capelli biondi. —
40 Poiché mille sospiri io ebbi tratti
e mille volte e piú la chiama' invano
con pianti e voci ed amorosi atti,
a quelle frasche stesi sú la mano
e della vetta un ramuscel