Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3. Giannone Pietro
all'Arcivescovo di Salerno; ed il primo, che s'incontra nominarsi Arcivescovo di Consa, fu Lione, che visse sotto il Ponteficato di Gregorio VII, e da questo Lione poi successivamente senz'interruzione si veggono tutti gli altri nominati Arcivescovi. Gli furon dati per suffraganei i Vescovi, che di tempo in tempo s'andavan ergendo ne' luoghi vicini; onde se gli diede il Vescovo di S. Angelo de' Longobardi, quello di Bisaccia, di Lacedogna, di Montemurro, di Muro, e di Satriano; ma quest'ultimo passò poi sotto il Metropolitano di Salerno. Dell'altro di Belfiense, di cui nel Provinciale Romano fassi memoria, come sottoposto al Metropolitano di Consa, non ve n'è ora presso di noi alcun vestigio.
Il Vescovo d'Acerenza, che prima, secondo la Novella di Lione, era suffraganeo al Metropolitano di S. Severina, sottoposto al Patriarca di Costantinopoli, restituito al Romano, riconobbe per Metropolitano l'Arcivescovo di Salerno, e si legge dall'anno 993 insino al 1051 essere stato a costui suffraganeo. Fu poi da Niccolò II innalzato, e renduto Metropolitano; poichè ciò che alcuni scrissero questa dignità essergli stata conferita da Benedetto V, s'asserisce senza verun legittimo documento. Alessandro II, che a Niccolò succedè, nell'anno 1067 confermò all'Arcivescovo Arnolfo questa prerogativa di Metropolitano, e l'uso del Pallio; e gli diede per suffraganee le Chiese di Venosa, di Montemilone, di Potenza, Tulba, Tricarico, Montepeloso, Gravina, Oblano, Turri, Tursi, Latiniano, S. Quirico, e Virolo co' suoi castelli, ville, monasteri, e plebe; onde il nome degli Arcivescovi d'Acerenza cominciò a sentirsi, di cui anche nelle nostre decretali[122] sovente accade farsene ricordanza. Ma in decorso di tempo, desolata Acerenza, per le continue guerre, d'abitatori, bisognò che a lei per sostenerla s'unisse la Chiesa di Matera, la quale da Innocenzio II, essendo stata renduta cattedrale, fu con perpetua unione congiunta a quella d'Acerenza con legge, che l'Arcivescovo d'Acerenza per accrescer dignità alla Chiesa di Matera, si chiamasse ancora Arcivescovo di Matera, e che quando dimorava in Acerenza, nelle scritture il nome di Acerenza fosse posto innanzi a quello di Matera; e tutto al rovescio poi si praticasse quando l'Arcivescovo trasferiva sua residenza in Matera. Questa alleanza non durò guari, poichè sotto Eugenio IV per togliere le discordie fra i Capitoli, e' cittadini dell'una e dell'altra città, furono divise, ed assegnato a Matera il proprio Vescovo. Tornaronsi poi ad unire; ma sotto Lione X insorte nuove contese, finalmente nel Ponteficato di Clemente VII fu dalla Ruota romana deciso il litigio a favor d'Acerenza, conservandole le antiche sue ragioni e preminenze. Ma questa città ridotta nell'ultimo scadimento, avendo perduto l'antico suo splendore; ed all'incontro, siccome portano le vicende delle mondane cose, Matera essendo divenuta più ampia, e d'abitatori più numerosa, bisognò trasferire la sede degli Arcivescovi di Acerenza in Matera, ove ora tengono la loro residenza; e le restano ancora cinque Vescovi suffraganei, quello d'Anglona trasferito nell'anno 1546 da Paolo III per la sua desolazione in Tursi, quello di Gravina, e gli altri di Potenza, di Tricarico e di Venosa.
Il Vescovo di Cosenza prima suffraganeo al Metropolitano di Reggio, e sottoposto al Trono costantinopolitano, tolto da poi a' Greci, e restituito da' Normanni al Romano, fu suffraganeo dell'Arcivescovo di Salerno; ma in qual anno, e da qual Pontefice ne fosse stato sottratto, ed innalzata Cosenza ad esser metropoli, non se ne sa niente di certo[123]. Comunemente si crede, che nel principio dell'undecimo secolo fosse stata decorata di questa dignità; poichè nell'anno 1056, nella Cronaca di Lupo Protospata si fa memoria di un tal Pietro Arcivescovo di Cosenza; ed altri reputano che questo trasmutamento fossesi fatto sotto il Ponteficato di Gregorio IX o poco prima. Ancorchè le rendite, che gode, siano grandi, non ha che uno solo suffraganeo, e questi è il Vescovo di Martorano, essendo tutti gli altri Vescovi vicini esenti, e sottoposti immediatamente alla sede di Roma.
Ma sopra tutti gli altri Metropolitani di queste nostre province niuno come l'Arcivescovo di Salerno, può pregiarsi della prerogativa di Primate, della quale fu egli decorato da Urbano II, dichiarandolo Primate di tutta la Lucania; onde ancorchè i Vescovi di Consa, di Acerenza e di Cosenza, ch'erano suoi suffraganei, fossero stati poi innalzati a Metropolitani, Urbano II per una sua Bolla istromentata in Salerno nell'anno 1099, sopra questi, e sopra tutti i loro suffraganei lo costituì Primate. Ferdinando Ughello trascrive la Bolla, parte della quale vien anche rapportata dal Baronio, dove ad Alfano Arcivescovo di Salerno, ed a' suoi successori si concedono le preminenze di Primate sopra gli Arcivescovi di Acerenza e di Consa, e sopra tutti i loro suffraganei, i quali dovessero promettere prestargli ogni ubbidienza; prescrisse eziandio il modo della loro elezione: che presente il Legato della Sede Appostolica, e l'Arcivescovo Primate nelle loro metropoli, col consiglio ed autorità de' medesimi si dovessero eleggere, e, dopo eletti, colle loro patenti mandarsi in Roma a consecrarsi, e a ricevere il Pallio, ed a giurar da poi ubbidienza all'Arcivescovo di Salerno, come lor Primate. Ma queste prerogative col correr degli anni andarono in disuso, ed ora l'Arcivescovo di Salerno solamente sopra i Vescovi suffraganei, che gli sono rimasi, esercita le ragioni di Metropolitano. Gli restano oggi i Vescovi d'Acerno, di Campagna, di Capaccio, di Marsico nuovo, di Nocera de' Pagani, di Nusco, di Policastro, di Satriano e di Sarno.
§. I. Disposizione delle Chiese sottoposte al greco Imperio, restituite poi da' Normanni al Trono romano. Puglia
La principal sede del Magistrato greco, donde era amministrata non men la Puglia che la Calabria, la veggiamo ora collocata in Bari; quindi dagli Scrittori fu chiamata Capo di tutte le città della Puglia, e che ella teneva il primato in questa provincia. Il suo Vescovo perciò estolse il capo sopra tutti gli altri Vescovi della Puglia; s'aggiunsero i favori de' Patriarchi di Costantinopoli, i quali avendoselo appropriato, e sottoposto al Trono costantinopolitano, di molti privilegi, e prerogative lo ricolmarono. Ma sopra ogni altro si estolse per lo trasferimento quivi fatto delle miracolose ossa del santo Vescovo di Mira Niccolò; le quali fin dalla Licia, navigando alcuni Baresi per Levante, e ritornando da Antiochia per mare, dando a terra nelle maremme di Licia, venne lor fatto di involar di colà il sacro deposito, e nell'anno 1087, trasportarlo in Bari. Così Bari gareggiando ora con Benevento e con Salerno, se costoro pregiavansi dei corpi di due santi Appostoli, ella si vanta di quello di S. Niccolò; e con tanta maggior ragione, quanto che coloro ne conservano l'ossa aride ed asciutte, ma Bari le ha tutte grondanti di prezioso liquore; di che ne abbiamo un'illustre testimonianza, quanto è quella dell'Imperador Emanuel Comneno, il quale in una sua Novella[124] lo testifica. Ebbe la Chiesa di Bari suoi Vescovi antichi; hassi memoria di Gervasio, che nell'anno 347, intervenne nel Concilio di Sardica: di Concordio, che si sottoscrisse nel Concilio romano, sotto il Pontefice Ilario nell'anno 465, e di altri, che non erano, che semplici Vescovi. Antonio Beatillo nella sua Istoria di Bari vuole, che sin dall'anno 530, nel Ponteficato di Felice IV, da Eugenio Patriarca di Costantinopoli fosse stato Pietro Vescovo di Bari innalzato al titolo ed autorità di Arcivescovo e di Metropolitano, essendo manifesto dalle greche Bolle, che si conservano ancora nel Duomo di Bari, che i Patriarchi di Costantinopoli confermavano gli Eletti, e ne spedivano le Bolle; ma siccome è vero, che Bari quando era sottoposta al greco Imperio, fu ancora attribuita al Trono costantinopolitano, leggendosi in Balsamone nell'esposizione, ch'egli fa de' Vescovadi a quel Patriarcato soggetti, fra gli altri, quello di Bari al numero XXXI, quello di Trani al numero XLIV, l'altro d'Otranto al LXVI e gli altri di Calabria al XXXVIII, nulladimanco ciò non deve riportarsi a tempi cotanto in dietro e remoti infino all'anno 530, quando queste province con vigore erano governate da' Goti, e nelle quali non avean che impacciarsi così nel politico e temporale, come nell'ecclesiastico e spirituale i Greci; essendo allora tutte le nostre Chiese amministrate dal Pontefice romano, nè l'ambizione de' Patriarchi di Costantinopoli s'era in que' tempi distesa tanto, sicchè avesse potuto invadere anche queste nostre province, siccome si vide da poi ne' tempi di Lione Isaurico, e più, sotto gl'Imperadori Lione Armeno e Lione il Filosofo, che si portano per autori della disposizione delle Chiese sottoposte al Trono di Costantinopoli; ond'è da credere, che i Vescovi di Bari decorati prima secondo il solito fasto de' Greci col titolo di Arcivescovi, si fossero da poi renduti Metropolitani da' Patriarchi di Costantinopoli, con attribuir loro dodici Vescovi suffraganei, molto da poi, che Reggio, S. Severina ed Otranto furono sottoposti al Trono costantinopolitano, quando, vindicata Bari da' Longobardi e da' Saraceni, pervenne finalmente sotto la dominazione de' Greci.
La città di Canosa in tempo della sua floridezza gareggiò con Bari in quanto a' Vescovi: ebbe ancor ella suoi Vescovi antichi, e lungo di lor catalogo ne tessè Beatillo, incominciando dall'anno 347
122
Decretal. cap. cum Clem. de Testam. cap. si de collus. de reg. Eccles. Inn. III. in cap. cum olim, de Cleric. conjug.
123
V. Ughel. Ital. Sacr. de Archiep. Consent.
124
Novel. 2 de Feriis, §. 4 in honorem miraculis celebris unguentoque scaturientis Nicolai.