Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3. Giannone Pietro
affine di Grimoaldo Principe di Benevento fu eletto Vescovo di Canosa, il qual egli crede che fosse l'ultimo, poichè ei soggiunge, che fu poi la sua sede innalzata in metropoli nell'anno 818, ond'egli fu l'ultimo Vescovo, e 'l primo Arcivescovo di Canosa; e non potendo dirsi, che a questo grado l'avesse innalzato il Pontefice romano, poichè verrebbe ad esser più antico di quello di Capua, quando tutti i nostri più appurati Scrittori questo pregio d'antichità lo attribuiscono a Capua, è da credere che dal Patriarca di Costantinopoli, non già dal Romano fosse stato a questi tempi il Vescovo di Canosa renduto Arcivescovo. Che che ne sia, distrutta da poi Canosa da' Saraceni, si videro uniti questi due Arcivescovadi nella persona di un solo, e la Chiesa di Canosa fu unita a quella di Bari; ed Angelario, che a Pietro succedè, fu il primo, che nell'anno 845, si chiamasse Arcivescovo insieme di Bari e di Canosa, siccome da poi usarono tutti i suoi successori. Tolte da poi queste Chiese al Trono costantinopolitano, e restituite da' Normanni al Romano, i Pontefici romani lasciandole colla medesima dignità, cominciarono a disporne come a se appartenenti, concedendo all'Arcivescovo di Bari l'uso del Pallio, che prima non avea; e Gregorio VII, a richiesta del Duca Roberto, nell'anno 1078 creò Arcivescovo di Bari Urso, cotanto famigliare di quel Principe, e da poi nell'anno 1089 Urbano II da Melfi, ove tenne un Concilio, gito a Bari, a preghiere del Duca Roggiero e di Boemondo suo fratello, concedette, e confermò ad Elia allora Arcivescovo di Bari suo grande amico, per essere dimorati insieme Monaci nel monastero della Trinità della Cova, ed a' suoi successori per suffraganee le diocesi di Canosa, di Trani, di Bitetto, di Bitonto, di Giovenazzo, di Molfetta, di Ruvo, d'Andria, di Canne, di Minervino, di Lavello, di Rapolla, di Melfi, di Salpi, di Conversano, di Polignano, ed oltramare, anche di Cattaro, e le Chiese di Modugno, d'Acquatetta, di Montemiloro, di Biselpi, di Cisterna con tutte le altre Chiese delle città e terre a queste diocesi appartenenti, con spedirnele Bolla, che si legge presso Ughello, e vien anche rapportata dal Beatillo.
Ma di tanti suffraganei al Metropolitano di Bari assegnati, molti in decorso di tempo ne furono sottratti, passando chi sotto l'immediata soggezione della Sede Appostolica, altri soppressi, altri dati a Trani, la quale da poi fu innalzata anch'ella in metropoli. L'Arcivescovo di Trani è fra' moderni il più antico, leggendosi molte epistole d'Innocenzio III dirizzate al medesimo; ma la sua istituzione non deve riportarsi a' tempi di Urbano II, ne' quali non era ancora che semplice Vescovo. Quindi erra il Beatillo[125], che da questa Bolla di Urbano vuol ricavare che noverandosi anche Trani fra l'altre Chiese attribuite per suffraganee all'Arcivescovo di Bari, avesselo creato per ciò anche Primate della Puglia, non altramente che l'istesso Urbano creò quello di Salerno Primate della Lucania, e siccome l'istesso Pontefice sublimò al grado e dignità di Primate in Ispagna l'Arcivescovo di Toledo, e l'altro di Tarracona; poichè nel Pontificato d'Urbano II Trani non era stata ancora innalzata a metropoli: ebbe quest'onore intorno a' tempi d'Innocenzio III, o poco prima, e poscia gli furono attribuite la città di Barletta, la quale all'Arcivescovo di Trani, non al Nazareno è sottoposta, Corato, ed il Castello della Trinità. Fu poi unita a questa Metropoli la Chiesa di Salpi, che per lungo tempo tenne i suoi Vescovi, ma da poi nell'anno 1547, si riunì a quella di Trani, siccome dura ancora. Tiene ora per suffraganei i Vescovi d'Andria e di Bisceglia, poichè in quanto al Vescovo di Monopoli sta immediatamente sottoposto alla sede di Roma.
Si sottrassero ancora dal Metropolitano di Bari il Vescovo di Melfi, passando sotto l'immediata soggezione del Papa, e l'altro di Canne, il quale sottratto da questa sede, fu attribuito all'Arcivescovo di Nazaret. Gli restano adunque ora per suffraganei li Vescovi di Bitetto, di Bitonto, di Conversano, di Giovenazzo, di Lavello, di Minervino, di Polignano, e di Ruvo; e ciò che parrà strano, ritiene ancora per suffraganeo il Vescovo di Cattaro, città della Dalmazia sottoposta a' Veneziani, la qual prima era suffraganea all'Arcivescovo di Ragusi, poi a quello d'Antivari, e finalmente a quello di Bari[126]. Ma non è però, che insieme col Vescovo fosse a lui suffraganea la sua diocesi: ella ora in buona parte viene occupata dal Turco, il rimanente ritiene ancora il rito greco scismatico, e con esso molti errori: niegano il Primato al Pontefice romano; niegano il Purgatorio, e la processione dello Spirito Santo dal Padre, e dal Figliuolo; e gli ordini sacri dal Vescovo di Rascia comprano. Ritiene ancora l'Arcivescovo di Bari la giurisdizione di conoscere in grado d'appellazione le cause delle Corti di Molfetta, di Canosa, di Terlizzo, e di Rutigliano.
Risplende eziandio la Puglia per un altro Arcivescovo, che collocato nella città di Barletta, conserva ancora le memorie antiche della sua prima Sede: egli è l'Arcivescovo di Nazaret. Fu Nazaret città della Galilea al Mondo cotanto rinomata per li natali del suo Redentore, che da lei volle cognominarsi Nazareno. Liberata che fu Gerusalemme dal glorioso Goffredo, fortunato ancora che dopo il corso di tanti secoli trovò chi di lui si altamente cantasse; i Latini costituirono Nazaret metropoli; ma ritolta a costoro nell'anno 1190 la Palestina, ed in poter de' Saraceni ricaduta, si vide quest'inclita città in servitù de' medesimi, ed il suo Arcivescovo ramingo e fuggitivo, non trovò altro scampo, che in Puglia; e quivi accolto dal romano Pontefice, affinchè si ritenesse la memoria ed il nome d'un così venerando Sacerdote, gli piacque costituirgli in Italia una sede onoraria, ed in Barletta, città della diocesi di Trani, stabilì la sua residenza. Fugli non lungi dalle mura di questa città assegnata una Chiesa con tutte le ragioni e dignità di Metropolitano; ed indi a poco molte Chiese parrocchiali furon a lui sottoposte. Non passò guari, che due Chiese cattedrali al suo Trono furono attribuite: quella di Monteverde nell'anno 1434 avendola Clemente VII unita alla Chiesa di Nazaret; e l'altra di Canne, che nell'anno 1455 Calisto III parimente a quella l'unì. Ruinata da poi per le guerre la prima Chiesa assegnatagli, fu trasferita nell'anno 1566 per autorità di Pio V la sede dentro la città, nella Badial Chiesa di S. Bartolomeo. L'Arcivescovo Bernardo da' fondamenti la rifece, e con molta magnificenza l'ampliò e l'adornò. Tiene quest'Arcivescovo la sua diocesi distratta in varie parti: ha chiese a lui sottoposte in Bari, in Acerenza, in Potenza, nella Terra di Vadula della diocesi di Capaccio, nella Saponara della diocesi di Marsico, ed altrove, e gode di molti benefizj chiamati semplici. Egli s'intitola Arcivescovo Nazareno, e Vescovo di Canne e di Monteverde per ispezial privilegio concedutogli da Clemente IV, confermatogli da poi da Innocenzio VIII, da Clemente VII e da Pio V, romani Pontefici. Tiene una singolar prerogativa di portar la Croce, il Pallio, e la Mozzetta, non solo in Barletta, e nelle altre Chiese della sua diocesi, ma per tutto il Mondo cattolico, nè sotto qualunque pretesto di concessione appostolica possono gli altri Arcivescovi contrastargliela. Egli non è sottoposto ad altri, che al romano Pontefice, ed esercita nella sua Chiesa e diocesi tutta quella giurisdizione, che gli altri Arcivescovi esercitano nelle Chiese loro.
Calabria
La metropoli più cospicua della Calabria sotto i Greci fu la Chiesa di Reggio. I Patriarchi di Costantinopoli al Trono loro l'avean sottoposta, e come si vide nel sesto libro di quest'Istoria, le aveano assegnati tredici Vescovi suffraganei, i Vescovi di Bova, di Tauriana, di Locri, di Rossano, di Squillace, di Tropeja, di Amantea, di Cotrone, di Cosenza, di Nicotera, di Bisignano, di Nicastro e di Cassano. Restituita poi da' Normanni questa metropoli al Trono romano, ritenne la medesima dignità, onde nelle antiche carte istromentate a' tempi di questi Normanni, e spezialmente del Duca Roggiero intorno l'anno 1086 si chiamano sempre Arcivescovi; e Gregorio VII intorno l'anno 1081 consecrò Arcivescovo Arnulfo, a cui il Duca Roberto fece profuse donazioni, arricchendo la sua Chiesa di molti beni. In decorso di tempo perdè poi alcuni di questi suoi Vescovi suffraganei.
Il Vescovo di Rossano, restituite queste Chiese al Trono romano, fu innalzato a Metropolitano, e nei tempi di Roggiero I Re di Sicilia, e poco prima, Rossano fu renduta sede arcivescovile: ond'è che fra le memorie, che oggi ci restano di Papa Innocenzio III e dell'Imperador Federico II, spesso degli Arcivescovi di Rossano si favella. Fu questa Chiesa la più attaccata al rito greco, ed ancorchè fosse stata restituita al Trono romano, non volle mai abbandonarlo; tanto che i suoi cittadini non vollero rendersi al Duca Roggiero, se prima non concedesse loro un Vescovo del rito greco; poichè questo Principe ne avea nominato un altro del rito latino in vece dell'ultimo, ch'era morto, onde Roggiero gli concedette il greco[127]. Ebbe sette monasteri dell'Ordine di S. Basilio, onde tanto più la lingua ed i greci riti si mantennero in quella. Le furono ancora date alcune Chiese per suffraganee; ma da poi furon tutte sottratte, poichè alcune passarono sotto la immediata soggezione di Roma, ed il Vescovo di Cariati, che l'era rimaso, passò poi
125
Beatil. Istor. di Bari, lib. 2.
126
Bulla Urbani II apud Ughel. Simul et Catara, quae in transmarini litoris ora sita esse cognoscitur.
127
V. Ughel. Ital. Sacr. de Archiep. Rossan.