Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3 - Giannone Pietro


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l'Idolatria si diedero ad adorare il vero Nume. Correva allora appo i Cristiani il costume d'andar pellegrinando il Mondo, non tanto come oggi, per veder città e nuovi abiti e costumi diversi, quanto per divozione di veder i santuarj più celebri. Per tal cagione si resero in questa e nella precedente età famosi in Occidente, ed appresso di noi due celebri luoghi delle nostre province, quello del Monte Gargano per l'apparizione Angelica, l'altro del Monte Cassino per la santità e miracoli di S. Benedetto e dei suoi Monaci: ma sopra tutti i santuarj, com'era di dovere, estolse il capo nell'Oriente Gerusalemme, città santa, ove il nostro buon Redentore lasciò asperso il terreno del suo sangue, ed ove fu sepolto.

      Fra tutti i Cristiani del Settentrione è incredibile quanto a quest'esercizio di pietà fossero inclinati i Normanni della Neustria: ad essi, nè la lunghezza del cammino, nè la malagevolezza de' passi, nè il rigor de' tempi e delle stagioni, nè la necessità di dover sovente traversar per mezzo di ladroni e d'infedeli, nè la fame, nè la sete, nè qualunque altro si fosse maggior periglio o disagio, recava terrore. Per rendersi superiori a tante malagevolezze s'univan a truppe a truppe, e tutti insieme traversando que' luoghi inospiti essendo di corpo ben grandi, robusti, agguerriti e valorosi, valevano per un'intera armata, e sovente sopra i Greci, e sopra gl'Infedeli diedero crudelissime battaglie; e ruppero gli ostacoli. Solevano con tal occasione, o nell'andare o nel ritorno venire a visitare i nostri santuari di Gargano e di Cassino.

      Nel cominciar adunque dell'undecimo secolo[145], quaranta, come scrive Lione Ostiense[146], ovvero, secondo l'opinion d'altri, cento di questi Normanni partiti dalla Neustria s'incamminarono verso Oriente, e fin che in Gerusalemme giungessero, fecero nel cammino molta strage di que' Barbari. Nel ritorno tennero altra strada; ed imbarcati sopra una nave solcarono il Mediterraneo, e nella spiaggia di Salerno[147] giungendo, sbarcarono in que' lidi, ed in quella città entrati, furono da' Salernitani, sorpresi dalla robustezza de' loro personaggi, onorevolmente ricevuti. Reggeva Salerno in questi tempi, come si è narrato, dopo la morte del Principe Giovanni, Guaimaro III suo figliuolo, chiamato, come si disse, da Ostiense[148], il maggiore, per distinguerlo dall'altro Guaimaro suo figliuolo, che gli succedette. Questo Guaimaro dall'anno 994 che morì Giovanni suo padre, resse il Principato di Salerno ora solo, ora con suo figliuolo insino all'anno 1031, nel quale il di lui figliuolo morì. Furono per tanto da questo Principe invitati a trattenersi in Salerno per ristorarsi dalle fatiche del viaggio, e per goder un poco l'amenità del paese. Ma ecco che sopraggiunse un accidente, nel quale a questi pochi Normanni diedesi opportunità di mostrare il lor valore, e di compensare insieme con Guaimaro le accoglienze, che usò loro. Nel corso di quest'Istoria sovente si è narrato, che i Saraceni non mancaron mai d'infestare il Principato di Salerno, che ora dall'Affrica, e spesso dalla vicina Sicilia sopra molte navi giungendo alla spiaggia di quella città, depredavano i contorni della medesima, ed a campi e castelli vicini di molti danni e calamità eran cagione: Guaimaro, non avendo forze bastanti per potergli discacciare, proccurava per grossa somma di denaro comprarsi la quiete ed il minor danno. Essi ora ci vennero sopra molte navi, mentre questi Normanni erano in Salerno, e fattisi da presso Salerno minacciavano saccheggiamenti e ruine, se con grossa somma di denaro non si fosse ricomprata: Guaimaro, che non avea alcun modo da difendersi, si dispose a condiscendere alle loro richieste, ed intanto ch'egli co' suoi Ufficiali erasi occupato a far contribuire i suoi vassalli, i Saraceni calati dalle navi in terra, riempirono lo spazio ch'è tra il mare e la città, ove aspettando il riscatto, si diedero alle crapole ed alle dissolutezze. I Normanni, che non erano avvezzi soffrire quest'obbrobrio rimproverando a' Salernitani, come lasciassero trionfare con tanta insolenza i loro nemici, con disporsi più tosto da se medesimi a pagare le spese del trionfo, che pensare a difendersi, vollero essi con inaudita bravura vendicare i loro oltraggi, e prese l'armi, mentre i Saraceni a tutto altro pensando stavano immersi tra le crapole ed il riposo, gli assalirono all'improviso con tanto impeto e valore, che d'un numero considerabile di loro fatta strage crudele, gli altri sorpresi si misero tosto in fuga, e così costernati e dissipati, pensarono rientrar ne' loro vascelli assai più presto di quello ne erano usciti, e pieni di scorno ritirarsi da quella piazza. Un fatto così glorioso portò a' Salernitani non minor allegrezza, che ammirazione, ed il Principe Guaimaro non sapeva in che modo dar segno della sua riconoscenza al lor merito: pregogli che restassero nel paese, offerendo loro abitazioni e carichi i più onorevoli; ma essi si protestarono in quell'azione non aver avuta mira ad alcun loro privato interesse; e che non volevano altra ricompensa, che il piacere d'aver soddisfatto alla loro pietà in combattendo a favor de' Cristiani contro degl'Infedeli. Del resto per corrispondere alle cortesie di Guaimaro, ed al desio che mostrava d'aver appo di se uomini di tal sorta, gli promisero, o di ritornare essi medesimi, o d'inviargli de' giovani loro compatrioti di pari valore[149]. Si risolsero per tanto di ritornar alla loro patria, per cui rivedere ardevano di desiderio. Il Principe, non potendo più arrestargli, usò loro tutte le maniere perchè almeno nel loro arrivo gl'inviassero gente di lor nazione; e mentre imbarcaronsi per la Normannia, fecegli accompagnare da molti suoi Ufficiali con barche cariche di frutti i più squisiti insino al loro paese: donò loro ancora delle vesti preziose d'oro e di seta, e ricchi arnesi di cavalli. I disegni di Guaimaro ebbero il loro effetto, e quell'aria di liberalità e di magnificenza fu non solo un invito, ma ben anche una forte attrattiva alla Nazione normanna, per farla venire in queste nostre regioni. Poichè giunti in Normannia, avendo esposto il desiderio de' nostri Principi che aveano di loro gente, valse molto a far prendere questo cammino ad un gran numero di persone, e ben anche di chiarissimo sangue. Al che diede mano un'occasione, che saremo per rapportare.

      Nella Corte di Roberto Duca di Normannia fra gli altri Signori, che frequentavano il suo Palazzo, furono Guglielmo Repostel ed Osmondo Drengot: questi offeso da Guglielmo, ch'erasi pubblicamente vantato d'aver ricevuto de' favori da sua figliuola, lo sfidò a singolar tenzone, e con tutto che Guglielmo si trovasse presso del Duca Roberto, il quale colla sua Corte prendevasi il piacere della caccia, s'abbattè col suo nemico nel bosco, gli passò attraverso del corpo la sua lancia, e l'uccise. Il Duca Roberto, riputando ciò suo oltraggio, proccurava averlo nelle mani per farne pubblica vendetta, laonde Osmondo per scappar via dallo sdegno del suo Sovrano, salvossi prima in Inghilterra; ed alla fine veggendo aperta sì bella strada in Italia, risolse quivi ritirarsi co' suoi parenti, e proccurò ancora tirar altri con se per imprendere il cammino. Si portò in fatti questo prode Normanno seco molti suoi fratelli, li quali, secondo narra Ostiense, furon Rainulfo, Asclittino, Osmondo e Rodulfo, seguitati da' figliuoli e nepoti, e da molti de' loro amici. Questo Rainulfo fu il primo Conte d'Aversa, e poi Asclittino, chiamato da Ordorico Vitale[150] Anschetillo de Quadrellis, che a Rainulfo succedè, dal quale traggono origine i primi Normanni, che ebbero il Principato di Capua, come vedremo.

      Questi Eroi di chiarissimo sangue usciti dalla Francia con molta comitiva de' loro Normanni, furono da' nostri Principi ricevuti con allegrezza, e con molti segni di stima, memori di ciò che pochi anni prima aveano adoperato i loro nazionali in Salerno. Alcuni rapportano, ch'essi da prima andarono in Benevento, altri che si posero al servigio del Principe di Salerno, ed altri che vennero in Capua[151]: tutte queste cose posson essere vere, poichè questi novelli Normanni, poco men disinteressati di quelli, che aveano combattuto in Salerno, erano pronti di darsi al servigio di colui, che gli avesse meglio riconosciuti: ed i nostri Principi longobardi avendosi ugualmente a difendere contro i Greci, e contro i Saraceni, ciascuno dalla sua parte bramava d'aver appresso di se uomini così valorosi, per mezzo de' quali speravano di conseguire qualunque vantaggio. Comunque ciò siasi, egli è certo che ancorchè non fosse appurato in qual anno precisamente passassero in Capua, prima però dell'anno 1017 in quella città si fermarono, mentre Melo fuggito da Bari avea in quella città ritrovato il suo asilo, ed era stato accolto da Pandolfo IV, il quale dall'anno 1016 insieme con Pandolfo II figliuolo di S. Agata reggeva in quelli tempi il principato di Capua[152]. Ciò che diede occasione a questi novelli Normanni unitisi con lui di segnalarsi in più nobili imprese.

      I Greci che col nuovo Magistrato di Catapano, aveano reso insopportabile il lor governo nella Puglia, diedero occasione che in Bari, principal sede


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<p>145</p>

Pellegr. in Serie Ab. Cass. in Atenulfo: vergente A. Christi millesimo.

<p>146</p>

Ostiens. l. 2 c. 37. Quadraginta numero Normanni in habitu peregrino.

<p>147</p>

Ostiens. lib. 2 cap. 37.

<p>148</p>

Ostiens. lib. 2 cap. 37. A Guaimaro majore, qui tunc Salerni principabatur.

<p>149</p>

Ostiens. lib. 2 cap. 37.

<p>150</p>

Odoric. Vital. l. 3.

<p>151</p>

Ostiens. loc. cit.

<p>152</p>

Pellegr. in Stem.