Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3. Giannone Pietro
avvanzi, su queste promesse accettò l'invito; e co' suoi Normanni unissi con Sergio, e gli prestarono sì segnalati servigi, che obbligarono Pandolfo abbandonar Napoli dopo tre anni, che se n'era impadronito, e fecero rientrare in quel Ducato Sergio con sua somma gloria e stima.
Sergio non seguendo gli esempi de' Principi longobardi, memore delle promesse fatte a Rainulfo, osservò la parola data, e fece co' Normanni una stretta alleanza, e per unirsi con più stretti legami, si sposò una parente di Rainulfo; ed oltre ciò perchè stesse sicuro dagl'insulti del Principe di Capua, tra questa città e Napoli frapposevi un sicuro riparo, costituendo Rainulfo Conte sopra i suoi Normanni[166], al quale diede col titolo di Contado tutto il territorio intorno alla città, ch'essi fabbricavano e che allora aveano cominciato ad abitare, la quale veniva a coprire il Ducato di Napoli; e poich'egli stava applicato a mantenere i Normanni in una grande avversione col Principe di Capua, si crede, che da ciò quella città fossesi nominata Aversa.
Non è verisimile ciò che il Summonte, per l'autorità di Giovanni Villani, dice, che la ragione che poteva avere il Duca Sergio di dare il titolo di Conte a Rainulfo, dovette essere il dominio, ch'avea Napoli in quel territorio, non essendo distante più che otto miglia; tanto maggiormente che il Villani[167] nella sua Cronaca di Napoli dice, che i Normanni edificarono Aversa, la quale per innanzi era castello di Napoli. Ma questo titolo, come più innanzi vedremo, fu confermato da poi a Rainulfo dall'Imperador Corrado. Ecco come i Normanni cominciarono ad avere in queste nostre regioni ferma sede; ma acquisti assai maggiori seguirono in appresso per quelle occasioni, che saremo qui a poco a narrare.
§. I. Venuta de' figliuoli di Tancredi Conte d'Altavilla. Morte di Corrado il Salico e sue leggi
Rainulfo veggendosi in cotal maniera stabilito in Aversa, attese a fortificarvisi ed incominciò a trattarsi da Principe: inviò Ambasciadori al Duca di Normannia, invitando i suoi compatriotti, che venissero a gustar con esso lui l'amenità del paese, ove già possedeva un Contado: l'invogliò a venire colla speranza di poter anch'essi impadronirsi di alcuna parte di quello. A questo invito venne in Italia un numero assai più grande de' Normanni, che per l'addietro fossevi giunto: con questi vennero i figliuoli primogeniti di Tancredi d'Altavilla capo della famiglia, di cui poc'anzi si narrò la numerosa prole, onde sursero gli Eroi, che conquistarono non pur queste nostre province, ma la Sicilia ancora. La spedizione de' figliuoli di Tancredi in queste nostre regioni deve collocarsi nell'anno 1035, i quali non tutti nell'istesso tempo ci vennero, ma i primi furono Guglielmo, Drogone ed Umfredo. Gli altri vennero da poi, e soli due rimasero nella loro patria[168].
Questi prodi Campioni andati prima a tentar la sorte in diversi luoghi, alla perfine cogli altri Normanni giunsero in Italia ed in Salerno sotto la protezione, ed a' stipendi di quel Principe finalmente si fermarono. Reggeva in questi tempi il Principato di Salerno Guaimaro IV, figliuolo del maggior Guaimaro, il quale sin dall'anno 1031 avea finito i suoi giorni. Questo Principe seguendo i vestigi di suo padre ebbegli cari, e riconoscendo questi novelli Normanni per giovani sopra tutti gli altri della loro Nazione molto distinti, ebbegli in maggior conto; fosse ciò per sua inclinazione o per politica, egli è certo, che in tutti i suoi affari valevasi di quelli, e ne faceva una grande stima, proccurando i maggiori loro ingrandimenti; e come Principe prudentissimo reggeva perciò con vigore e magnificenza il suo Stato.
Dall'altro canto Pandolfo Principe di Capua, che mal seppe conoscergli, era venuto, per la sua crudeltà ed avarizia, nell'indignazione di tutti: le frequenti scorrerie e rapine che faceva al monastero Cassinense erano così insopportabili, che finalmente obbligarono quei Monaci, per liberarsi della sua tirannia, di ricorrere in Germania all'Imperadore Corrado, al quale avendo esposto con pianti e querele i guasti che dava a quel Santuario, lo pregarono a calar in Italia per liberarlo dalle mani di quel Tiranno, rammentandogli dover a lui appartenere la loro liberazione, essendo quel Monastero sotto la tutela sua, come era stato sotto li suoi predecessori, e immediatamente sotto la sua protezione[169].
S'aggiunsero ancora, per affrettar la venuta di Corrado in Italia, le rivoluzioni accadute in quest'istesso tempo in Lombardia, autore delle quali in gran parte era riputato l'Arcivescovo di Milano[170]. Per queste cagioni finalmente fu risoluto Corrado intraprender il cammino verso queste nostre parti, e nell'anno 1036 con valido esercito, avendo passato l'Alpi entrò in Italia, ed a Milano fermossi, ove sedati i tumulti colla prigionia de' rebelli, imprigionò ancora l'Arcivescovo di Milano autore di quelli. Passò indi a poco in Roma, ove ascoltò le querele, che contro il Principe di Capua gli furon portate da gente infinita: volle conoscere de' suoi falli, e portatosi nel monastero di Cassino, mandò Legati a Pandolfo per ridurlo di buon accordo a restituire ciò, che ingiustamente avea occupato a quel monastero; ma ostinandosi nella sua perfidia, sdegnato Corrado venne a Capua egli stesso, e Pandolfo fuggendo la sua indignazione ritirossi nella Rocca di S. Agata. L'Imperadore ricevuto in Capua con solenne apparato ed allegrezza, nel giorno di Pentecoste fu quivi incoronato con gran celebrità, e colle consuete cerimonie. Era allor costume degl'Imperadori d'Occidente di replicar sovente queste funzioni ne' giorni più celebri dell'anno, nel che è da vedersi l'incomparabile Pellegrino nelle gastigazioni all'Anonimo Cassinense; poichè Corrado non in Capua fu la prima volta incoronato Re o Imperadore: fu egli prima salutato Re nell'anno 1026, ed Imperadore nell'anno seguente, quando la prima volta venne in Roma.
(In quest'anno appunto, che fu il 1027 fu coronato in Roma da Papa Giovanni l'Imperador Corrado, siccome narrano Wippone Prete pag. 433. Ottone Frisingense VI. cap. 29 che dice: Anno ab Incarnatione Domini MXXVII. Conradus Romam veniens etc. a summo Pontifice Joanne coronatus, ab omni Populo Romano Imperatoris, et Augusti nomen sortitur. Lo stesso scrissero Ermanno Contratto, Lamberto Schafnaburgense, Sigeberto Gemblacense, ed il Cronografo Sassone ad An. 1027. Passò in Puglia, e da poi in Germania fece ritorno. Nella fine da poi dell'anno 1036 ritornò di nuovo in Italia: sedò i tumulti in Milano: imprigionò quell'Arcivescovo, ed avendo celebrata la Pasqua dell'an. 1037 in Ravenna, sedati nel seguente anno 1038 i romori di Parma, tornò di nuovo in Alemagna. Così scrissero Wippone Prete pag. 440 et seqq. Ottone Frisigense VI. c. 31. dicendo: Italiam ingreditur, Nataleque Domini celebrans, per Brixiam ac Cremonam, Mediolanum venit, ejusdemque Urbis Episcopum, eo quod conjurationis erga cum factae reus diceretur, cepit, ac Pupioni Aquilejensi Patriarchae custodiendum commisit etc. Concordano Ermanno Contratto, gli Annali Ildesheimensi, il Cronografo Sassone, Alberico, e Lione Ostiense lib. 2. cap. 65.)
Intanto Pandulfo con tutti i mezzi proccurava placar l'ira di Corrado, chiedendogli perdono; finalmente gli offerì trecento libbre d'oro, la metà delle quali offeriva sborsar prontamente, l'altra metà a certo tempo, promettendo frattanto insino all'intero pagamento di dargli per ostaggi una sua figliuola ed un nipote: gli accordò l'Imperadore l'offerta, al quale egli tosto mandò il denaro e gli ostaggi. Ma non molto da poi pentitosi questo Principe del fatto, e reputando di poter con facilità rientrare in Capua, subito che Corrado se ne fosse partito, negò finalmente, dopo molto prolungare, di mandargli il restante dell'oro. Corrado allora avendo scorto l'animo di questo Principe, e che appena egli partito, sarebbe col suo mal talento ritornato ben presto alle rapine ed alle crudeltà, pensò di privarlo affatto del Principato di Capua, e darne ad altri l'investitura.
Convocò per quest'effetto un'assemblea di Proceri e Magnati, e di molti suoi Baroni, alla quale volle che intervenissero ancora i Magnati stessi di Capua, acciocchè anche col loro parere e consiglio il facesse, e nel caso di doversi Pandolfo deporre dal Principato, più maturamente innalzarvi altro personaggio, che ne fosse meritevole. Fu pertanto deposto Pandolfo, e non ritrovandosi chi potesse meglio sustituirsi in suo luogo, del Principe di Salerno Guaimaro, Principe prudentissimo, e ch'era in somma grazia dell'Imperadore Corrado, fu a lui conceduto: e furon allora veduti questi due Principati uniti in un'istessa persona.
Pandulfo lasciato suo figliuolo nella Rocca di S. Agata, andò in Costantinopoli a chieder soccorsi dall'Imperadore. Ma questi prevenuto da Guaimaro, in vece di somministrargli ajuto, lo mandò in esilio, ove per due anni, e più insino che visse l'Imperadore, dimorò: morto costui, dal suo successore fu liberato, ma non potendo ricever
166
Pellegr. in Stemmat. An. 1030. Ostiens. lib. 2 cap. 58.
167
Chronic. Neap. Jo. Villani lib. 1 c. 60.
168
Malat. lib. 1 cap. 9, 11, 19 et 38. Ost. lib. 2 cap. 67.
169
Ost. lib. 2 cap. 65.
170
Antonin. 2 part. tit. 16 cap. 2. §. 1.