Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3. Giannone Pietro
che scrive Freccia, che nell'anno 904 dal Pontefice Sergio III fosse stata Amalfi renduta Metropoli, non avendo fondamento alcuno, vien da tutti comunemente riprovato. I suoi suffraganei sono li Vescovi di Scala, di Minori, di Lettere, e quello dell'isola di Capri, i quali ancor oggi ritiene.
Sorrento ebbe pure suoi Vescovi antichi; e trovandosi a questi tempi capo d'un picciol Ducato, fu anche ella innalzata in Metropoli. Marino Freccia puro autore di questa istituzione ne fa Sergio III intorno al medesimo anno, che crede essere stata innalzata Amalfi: ma comunemente si tiene, che da Giovanni XIII dopo Capua, si fosse nell'anno 968 renduta questa Chiesa metropolitana, e che Leopardo ultimo suo Vescovo avesse avuto quest'onore. I Vescovi Suffraganei, ch'egli tiene, sono quel di Stabia che ora diciamo di Castellamare, e l'altro di Massa Lubrense a' quali da poi s'aggiunse l'altro di Vico Equense.
Ecco la disposizione delle Chiese delle nostre province cominciata a questi tempi nel declinar del decimo secolo, e perfezionata poi nel principio della dominazione de' Normanni; la quale siccome ha tutto il rapporto alla presente, che vediamo a' tempi nostri, così in niente corrisponde alla disposizione e politia temporale delle nostre province, per cagion che quando fu fatta la nuova distribuzione delle province di questo Regno, multiplicate poi in dodici, siccome ora veggiamo, v'erano già stabilite le Metropoli, le quali secondando la politia dell'Imperio, quella forma e disposizione presero, nella quale trovarono allora gli Stati quando e dove furono stabilite; e quantunque molte città cangiassero poi fortuna, e da grandi divenissero piccole, ovvero da piccole grandi, nulladimanco i Pontefici romani non vollero mutar la disposizione delle Metropoli già stabilite, così perchè si ritenesse il pregio dell'antichità, come anche per non far novità, cagione di qualche disordine. Empierono bensì di più Vescovi il Regno; con ergere molte Chiese in Cattedrali, che prima non erano, per quelle cagioni che saranno altrove rapportate ad altro proposito, ma non mutarono la disposizione de' Metropolitani. S'aggiunge ancora, che, come diremo al suo luogo, la nuova distribuzione delle nostre province in dodici, principalmente fu fatta per distribuir meglio l'entrade regali, e da Ministri che si destinarono, chiamati Tesorieri, per l'esazione di quelle, si multiplicò il numero; tanto che fu veduto nell'istesso tempo il numero de' Governadori, ovvero Giustizieri, essere molto minore di quello de' Tesorieri, e negli ultimi tempi furon fatti pari: ed i luoghi destinati per la loro residenza furon sempre varj, spesso mutandosi, secondo il bisogno del regal Erario, ovvero l'utilità pubblica richiedeva; onde questa nuova disposizione non potè portare alterazione alcuna alla politia dello Stato ecclesiastico.
In questo stato di cose trovarono i Normanni queste nostre province, quando vennero a noi. Altra forma fu data alle medesime, quando passarono sotto la loro dominazione, e quando uniti tutti questi Stati, ch'erano in tante parti divisi, nella persona d'un solo stabilirono il Regno in una ben ampia e nobile Monarchia.
LIBRO NONO
I Normanni, che nel nostro linguaggio non altro significano, che uomini boreali[132], siccome i Goti ed i Longobardi, non da altra parte del Settentrione, che dalla Scandinavia uscirono ad inondare l'Occidente. Essi cominciarono la prima volta a farsi sentire nei lidi della Francia a tempo di Carlo M. verso il fine del secolo ottavo; e quaranta anni da poi, o poco meno, cominciarono a travagliare i marittimi Fiaminghi e' Frigioni, sotto i cui nomi si comprendevano allora Trajetto al Reno, l'Ollanda, e la Valacria. I Re di Francia per trattenergli furon a buon patto costretti nell'anno 882, di dar loro la Frisia per abitazione[133]. Ma non essendo abbastanza soddisfatti di questa provincia, cominciarono ad invadere altri luoghi d'intorno con incendj e rapine sotto Rollone lor Capo, famoso e valorosissimo Pirata, il quale nell'istesso tempo, che i Saraceni con non minor crudeltà inondavano la nostra cistiberina Italia, egli co' suoi Normanni travagliava miseramente, e con inaudita barbarie la Francia. Portarono questi Popoli l'assedio insino a Parigi, invasero l'Aquitania, ed altre parti ancora di quel Reame sotto il regno di Carlo il Semplice; onde non potendo questo Principe resister loro, pensò avergli per amici e per confederati; onde convennero, che Carlo dovesse stabilmente assegnar loro la Neustria, una delle province della Francia per loro sede, e dovesse dar a Rollone per moglie Gisla sua figliuola, come scrive Dudone di S. Quintino[134], o sua parente, secondo il parer del Pellegrino[135], ed all'incontro Rollone, deposta l'Idolatria ed il Gentilesimo, nel quale questi Popoli viveano, dovesse abbracciare la religione cristiana. Così fu eseguito intorno l'anno 900 di nostra salute[136]: a Rollone con titolo di Duca fu data stabilmente la Neustria, e sposata Gisla, il quale nell'istesso tempo fu da Roberto Conte di Poitiers tenuto al sacro fonte, dove insieme col nome, si spogliò di quella sua crudeltà e barbarie, e volle nomarsi Roberto dal nome del suo Compare; e seguendo l'esempio del lor Capo gli altri Normanni si resero da poi più culti ed umani. Rimasa questa provincia di Neustria sotto il lor dominio, le diedero dal loro il nome di Normannia, che oggi giorno ancor ritiene.
Da questo Roberto primo Duca di Normannia ne nacque Guglielmo, che il padre creò Conte d'Altavilla, città della stessa provincia. Costui generò Riccardo, dal quale nacque un altro Riccardo: di questo II Riccardo nacque Roberto II, ed un altro Riccardo che III diremo. E da Roberto II ne nacque Guglielmo II, dal quale comunemente si tiene, che fosse nato Tancredi Conte d'Altavilla, quegli che ci diede gli Eroi, per li quali queste nostre province furon lungo tempo signoreggiate[137].
Ebbe Tancredi di due mogli dodici figliuoli maschi oltre altre femmine, delle quali una nomossi Fredesinna, che fu moglie di Riccardo Conte d'Aversa e Principe di Capua, un'altra fu moglie di Gaufredo Conte di Montescaglioso, ed un'altra ebbe per marito Volmando[138]. I figliuoli della sua prima moglie nominata Moriella furono Guglielmo soprannomato Bracciodiferro, Drogone ed Umfredo (i quali, come vedrassi, furono i tre primi Conti della Puglia) Goffredo e Serlone. Gli altri sette gli ebbe da Fredesinna sua seconda moglie, il primogenito de' quali fu Roberto soprannomato Guiscardo, ch'è lo stesso, che in antica favella normanna, scaltro ed astuto, e questi divenne Duca di Puglia e di Calabria, il II fu Malgerio, il III Guglielmo, il IV Alveredo, il V Umberto, il VI Tancredi, il VII ed ultimo fu Roggiero, che conquistò la Sicilia, e stabilì la Monarchia[139].
Questi però non furono i primi, che a noi ne vennero: essi, come vedremo, seguirono le pedate di alcuni altri Normanni, che poco prima si erano stabiliti in Aversa, onde bisogna distinguere gli uni dagli altri per non confondergli, come han fatto alcuni Scrittori. I primi vennero a noi intorno l'anno 1016. I figliuoli di Tancredi calarono in Italia intorno l'anno 1035. Ma non tutti, poichè due ne restarono in Normannia, nè gli altri tutti insieme ci vennero, ma secondo che le congiunture furono loro propizie, or due, or tre, ed in altra somigliante guisa incamminaronsi a queste nostre parti; nè maggiore fu il numero de' primi, come vedremo[140].
Ciò che apparirà di più portentoso ne' loro successi sarà, come un branco d'uomini che vengono di Francia a traverso di mille sciagure abbiano potuto rendersi padroni di uno de' più vaghi paesi del Mondo: come una sola famiglia di Gentiluomini di Normannia, soccorsi solamente da un picciol numero di suoi compatrioti, abbiano potuto stabilirsi una Monarchia ne' confini dell'Imperio d'Oriente e d'Occidente: abbiano potuto contro due potenti inimici riportar tante e sì maravigliose vittorie, liberar l'Italia e la Sicilia dall'incursioni, e dal giogo degl'infedeli Saraceni, ciò che a Potenze maggiori non fu concesso, e dopo avere debellati i Greci ed i Principi longobardi, fondare in Italia il bel Reame di Napoli e di Sicilia. Certamente a niun'altra Nazione, se ne togli i Romani, è sì fortunatamente avvenuto, che così bassi principj, in tanta potenza ed Imperio fossero arrivati. Le altre Nazioni, come abbiam veduto de' Goti e de' Longobardi, non in forma di pellegrini, di viandanti vennero in Italia, ma con eserciti ben numerosi, che inondarono le nostre contrade, si stabilirono il Regno.
All'incontro se si considererà lo stato infelice, nel quale erano ridotte queste nostre province infra di lor divise, ed a tanti Principi sottoposte; e l'estraordinario valore e bravura di questa Nazione, non saranno per apportar maraviglia i loro fortunati avvenimenti. Si aggiunse ancora che le maniere di guerreggiare usate in
132
Gaufredo Malaterra l. 1 c. 3 hist. in tom. 3. Hisp. illustr. Guglielmo Pugliese l. 2. de gest. Norm. in Italia in princ. Guglielmo Gemmeticense l. 2. hist. Nortm. c. 4. Nortmanni dicuntur quia lingua eorum Boreas, North vocatur: homo vero, Man, id est homines Borealas per denominationem nuncupantur.
133
Grot. in Proleg. ad hist. Got.
134
L. 2 hist. Nortm.
135
In hist. Long. in Stemmate.
136
Grot. in Prolegom. loc. cit.
137
V. Inveges nel princ. della part. 3 degli Annali di Palermo, ove porta l'Albero de' Duchi di Normannia.
138
Peregrin. in Stemmate.
139
Malater. lib. 1 c. 4. V. Dufresne in Stem. Ducum. Apuliae ad Hist. Comnen.
140
Malat. lib. 1 c. 9, 11, 19. 38. Ost. lib. 2 cap. 67.