Racconti e novelle. Ghislanzoni Antonio

Racconti e novelle - Ghislanzoni Antonio


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altra parola, si dileguò rapidamente sotto le ombre degli ipocastani.

      Quel giorno non rientrai al mio domicilio. Io temeva una visita di Arturo; io voleva ad ogni costo evitare un colloquio imbarazzante. Io sentiva di avere abusato della mia posizione, e, quantunque fra me e colui non esistessero vincoli di vera amicizia, pure il cuore mi avvertiva di aver agito con poca delicatezza. Se in me ci fu colpa, il Dio delle vendette mi ha severamente punito, condannandomi ai lavori forzati… del matrimonio.

      All'indomani, verso le otto del mattino, sentii picchiare alla porta della mia cameretta.

      Era lui – voi tosto indovinate che io risposi… col più rigoroso silenzio.

      Il povero innamorato mi chiamò a nome più volte, ripicchiò con crescente vigoria, e, disperando alla fine di vedersi aperta la porta, si allontanò a passo lento per le scale. Quando io, balzato dal letto, attraverso le griglie lo ebbi accompagnato collo sguardo fino allo svolto della contrada, mi abbigliai prestamente, uscii dalla camera, scesi dalle scale a precipizio, e corsi diffilato all'ufficio della posta.

      Il cuore mi batteva forte; la stranezza dell'avvenimento mi esaltava la fantasia; io mi trovava in presenza di un enigma interessante, e la mia curiosità ne era vivamente eccitata. Quella donna, che il giorno innanzi io aveva veduta per la prima volta, che sì ingenuamente aveva accolto le mie espansioni di amore, che aveva promesso di scrivermi, non rappresentava forse una protagonista da romanzo dotata delle attrattive più affascinanti? Permettete, miei ottimi amici, che io non mi arresti a descrivervi le bellezze personali di una donna, che oggi si chiama la mia consorte legittima, ed è la madre di quattro marmocchi che portano il mio cognome.

      Un marito che descrive le bellezze della propria moglie, commette, al meno peggio, un peccato di imprudenza e, in ogni modo, si rende ridicolo. D'altronde – è legge di natura – dopo dieci anni di matrimonio, il mio pennello s'è alquanto sfibrato, e sulla mia tavolozza troverei difficilmente, per ritrarre la mia cara metà, i colori vivaci e brillanti che in altri tempi avrei prestati alla effigie dell'amante.

** *

      Dopo aver girovagato alcun tempo nelle contrade adiacenti, verso le ore dieci mi presentai al banco della posta.

      Una lettera c'era… una lettera vellutata… profumata… Prima ancora di averla nelle mani e di leggere la soprascritta, io aveva indovinato che quella lettera era uscita dal boudoir di una donna.

      Appena fui nella contrada, mi affrettai ad aprirla Quei caratteri mi erano già noti, e il nome di Amalia spiccava sotto le ultime righe. Non c'era luogo a dubitare; la donna che da parecchi mesi intratteneva corrispondenza d'amore con Arturo Della Valle, era la stessa che a me indirizzava quella lettera. Ecco presso a poco ciò che diceva quello scritto:

      Pregiatissimo Signore

      «Prima di prendere una determinazione, ho voluto riflettere una intera notte. Prego anche voi di fare altrettanto prima di decidervi ad un passo, dal quale può dipendere il mio ed il vostro avvenire.

      »Io vi parlerò colla massima franchezza, nella speranza che voi pure vi comportiate meco colla lealtà che si addice ad un uomo di onore, ad un uomo di spirito quale voi siete.

      »Jeri mi avete detto che al leggere le lettere indirizzate al signor Arturo Della-Valle, voi foste preso da invincibile simpatia per la donna che le aveva vergate… Ebbene: a mia volta vi dico, che io pure ho subìto il fascino dei vostri scritti, che vi ho amato per la viva, appassionata eloquenza del vostro linguaggio, pei nobili ed elevati affetti che voi esprimevate.

      »Quel signor Della-Valle, voi stesso lo diceste, non era che una statua di granito, dove noi abbiamo deposto dei fiori consacrati ad una divinità misteriosa che tosto o tardi sarebbe venuta a raccoglierli. – Noi ci siamo intravveduti presso il piedestallo della statua… noi ci siamo riconosciuti… ed io tosto ho compreso che voi eravate l'ideale delle mie aspirazioni… il solo… l'unico oggetto del mio amore…

      »L'uomo che io vagheggiava… l'uomo che mi aveva affascinato cogli accenti melodiosi della passione non poteva essere quel povero Arturo, così impacciato e melenso che non seppe connettere due monosillabi, quando io gli indirizzai la parola sull'angolo di via Monforte…

      »Voi seguiste i miei passi… voi vi dichiaraste autore delle lettere indirizzate alla signora Amalia, ed io non ho esitato un istante a riconoscere che voi dicevate il vero.

      »Quella rivelazione mi ha colmato di beatitudine. Il vostro aspetto, il calore del vostro linguaggio non hanno fatto che ravvivare le mie simpatie – il mio cuore da quell'istante si avvinse a voi, e una indefinita speranza mi balenò al pensiero.

      »Mi sarò io ingannata?

      »Sarà questo un sogno passeggiero come tanti altri?..

      »Ciò dipende da voi. Oramai, l'Arturo Della-Valle ha mutato di nome; egli si chiama Eugenio Renzi. La mistificazione è svanita, l'equivoco è dissipato. Noi ci troviamo di fronte a viso scoperto – voi avete detto di amarmi – io vi amo.

      »Riflettete bene, ve lo ripeto e ve ne supplico, prima di prendere una risoluzione. Se vi pare che il vostro amore sia qualche cosa di serio e di elevato, non una effimera ebbrezza; se credete che esso possa resistere al tempo ed alle avversità, in tal caso – in tal caso soltanto – dirigete i vostri passi verso il luogo dove ieri ci siamo per la prima volta incontrati… Io sarò là ad aspettarvi, domattina, col cuore ansante di desiderio e di terrore…

      »Non è mestieri che voi mi preveniate con una lettera… La vostra apparizione equivarrà ad una conferma d'amore… ad una promessa di eterna felicità. Se non verrete, vorrà dire che anche questa volta io dovrò rinunziare al paradiso sognato, e piangere nelle tenebre l'ultima illusione della mia giovinezza.

Amalia».
** *

      Sebbene a quell'epoca io fossi uno sventato di prima classe, pure quella lettera gettò nel mio cuore un insolito turbamento. Voi converrete, miei ottimi amici, che il caso era abbastanza singolare per dar a riflettere, e suscitare qualche allarme nel più matto dei matti.

      Ammirando la schiettezza di quella donna, io non poteva a meno di essere sorpreso della sua disinvoltura nel mutare di amanti. L'eccentricità di quel carattere mi allettava in sommo grado, ma io temeva in pari tempi ch'essa coprisse una leggerezza di cattivo genere.

      Malgrado queste considerazioni e in onta di un indefinibile presentimento di sciagura, all'indomani mi recai sul luogo del convegno.

** *

      Allo scoccare delle otto ore, la mia bella misteriosa spuntò dalla stradicciuola che dà sul bastione, e mosse ad incontrarmi con passo accelerato. Ella vestiva colla massima eleganza, e in luogo del velo, questa volta portava in testa un bizzarro cappellino di paglia.

      Nell'abbordarmi, mi porse il braccio senza esitazione, con adorabile abbandono. Il di lei volto era sorridente, e gli occhi si fissavano in me colla espressione della più cordiale benevolenza.

** *

      – Sì, il cuore mi diceva che sareste venuto… Come sono felice!.. usciamo dalla porta… allontaniamoci dalla città… gettiamoci all'aperta campagna… Andiamo a perderci in quel labirinto di stradicciuole deserte, dove esultano i liberi uccelli fra il sorriso delle acque e dei fiori…

      E così parlando, mi traeva seco pel braccio, e noi uscivamo dalla città come due amanti che si conoscano da mesi.

** *

      Non riferirò il lungo ed animato dialogo che ebbe luogo fra noi, sotto l'ombra di non so quanti faggi, al mormorio di non so quanti ruscelli. Vi dirò solo che al contatto di quella donna tutte le mie apprensioni svanirono. La nostra conversazione assomigliava ad un duetto istromentale che esprime dei concetti indefiniti. Ci parlavamo come due esseri che non hanno rapporti col mondo. Eseguivamo delle variazioni, a volta patetiche, a volta brillanti, sovra una sola melodia – la melodia dell'amore.

      Così passarono parecchie ore. – Al momento di rientrare in città, noi sostammo presso gli argini del ponte.

      – Quando ci rivedremo? – mi chiese ella, coll'accento dell'insaziato desiderio…

      – Quando vorrai


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