Un Gregario Solo Al Comando!. E. T. Palwin
Il passato non conta più, il presente fugge via a ogni istante, così solo la prospettiva di un futuro ancora praticabile accanto a lei, significa qualcosa in più del nulla che ci attende, inesorabile. Elisabeth è in città, nelle vicinanze, sotto quello stesso cielo in fiamme, probabilmente perfino viva del suo stesso desiderio di riconciliazione e di ritrovata armonia in famiglia, ché seppur il tramonto adesso detta la propria legge naturale, il domani già prepara un nuovo trionfo dell'alba. E allora, per quanto quelle odiose carte parlino della fine del loro matrimonio, è altresì innegabile che sia tornata e non in un luogo qualsiasi, ma dove, la mattina seguente, lui, proprio lui, suo marito, il suo Toro Innamorato, prenderà il via, quale corridore ancora e sempre in corsa per lei! Sì, dovrà andare così. Servirà lottare, credere e sforzarsi, ma un lieto fine dovrà arrivare!
Purtroppo ha potuto confrontarsi con Manuel per un tempo troppo esiguo. Max Procopio, infatti, subito dopo la notifica di divorzio, è piombato nella Saletta Avorio per fare "tana" ai due fratelli. Lo ha fatto portando le ultime notizie sul Gran Giro, ma anche per scortarlo al ristorante, dove la squadra è riunita per cena. Qui Marcelo ha appreso, con giustificata svogliatezza, che al Team Astrale sono stati assegnati i numeri di gara: dal 31, destinato al capitano Evilthoon, passando per il 33 di Sardena, fino al suo numero 40, che quindi lo accompagnerà per 56 giorni fin sotto al Colosseo.
Dopo cena è scattato il coprifuoco. Serve riposare. L'indomani mattina si farà sul serio. Ciononostante, due ore prima, con abile discrezione, mentre si salutavano, lui e Manuel si sono accordati per un incontro furtivo.
Detto e fatto! Alle 10:37 pm, quando Evilthoon già gode di un buon sonno, approfittando del buio, Marcelo esce dalla finestra del bagno, scendendo per quattro piani dalla scala antincendio dell'albergo. In un vicolo laterale, l'altro lo aspetta in taxi. Mentre il tassista, istruito e ben pagato, esce, andando a poggiarsi sul cofano anteriore, lui sale e gli siede accanto. Il tassametro corre svelto, non quanto faccia ora il bisogno di risposte del ciclista.
«Perché proprio tu?»
«Una coincidenza. L'avvocato Nocio non le ispirava fiducia» risponde con quel suo sorrisetto saccente. «Per me ne cercava uno che fosse anche bello. Victor è un rospo!»
«Stai dicendo che mia moglie...»
«È bellissima, ma cagna!» lo stoppa, brusco e sfacciato. «In questi giorni l'ho potuta inquadrare e non mi sbaglio.»
«Qui parliamo di Elisabeth!»
«Sveglia. La cagna ha deciso di finirla con te.»
«Non devi offenderla!»
«Calmati e ragiona. Non immagina di noi. Hai sempre detto che non volevi farle sapere di me, per evitare di parlare di papà. Quando si è presentata allo studio, l'ho riconosciuta subito. Non l'avevo mai vista di persona, ma quell'anno hai sposato Miss Uruguay e giornali e TV li guardo anch'io. Comunque sia sono riuscito a soffiare il caso a Victor» si gratta la fronte. «Lei si è confidata con il suo avvocato, non sapendo di parlare con tuo fratello. Provo ad aiutarti oppure credi che faccio così con tutti? Rischio più di quanto tu non possa guadagnarci.»
Marcelo respira a fondo, cercando di riflettere.
«Ha affondato le unghie nella tua vita, in tutto ciò che avevi.»
«Ho voluto io, perché mi fido.»
«Fiducia mal riposta!» si affretta a rimproverarlo. «Quello che non sai, ma che devi sapere, è che se non firmi subito le carte del divorzio, farà uscire sul tuo conto rivelazioni scomode.»
«Cosa potrà mai esserci di tanto scomodo?» sbotta, stanco della situazione. «Ho sempre lavorato duro per il bene suo e dei bambini!»
«Ecco qui, lupus in fabula! Ti attaccherà su di loro: si parla di maltrattamenti su minori. Farà a pezzi la tua credibilità.»
«È un bluff, ma non ci casco!»
Messa mano alla valigetta, Manuel ne estrae l'oloregistratore. Da una tasca interna prende una specie di coriandolo d'argento. Lo inserisce, quindi avvia la riproduzione. Quei bambini in 3D, grandi come pulcini, riferiscono cose che Marcelo ascolta per la prima volta, tra sudore freddo e imbarazzo.
«Ti distruggerà.»
«Non esiste! Se tu credi che...»
«Scherzi», lo blocca, «anche se ha una perizia inattaccabile, non devi difenderti da me. Conta quello che è riuscita a montarti contro, non quello che puoi o non puoi aver fatto. Firma e potrai vederli ancora, dietro suo permesso, s'intende.»
«Il permesso? Per vedere mio figlio Alejandro?»
«Sei sicuro che lo sia?» lo stuzzica, strizzando l'occhio, ma Marcelo spalanca la bocca, allungando l'ovale del viso fino ad apparirgli un mostro. Così si affretta a ritrattare, non ritenendolo pronto all'eventualità. «Scusa, battuta infelice. Scherzavo dai! La verità è che non hai scelta. Ti tiene per le palle! Se non farai così, perderai quel poco che ti resta, punto e basta!»
«È assurdo.»
«Ti sembra, perché si è mossa bene. Quella ti ha spolpato vivo e ora ti sta buttando via! Vedrai che avrà già per le mani un altro bel polletto come te.»
«Però tu sei qui a Torino» ragiona a voce alta, con occhi fatti piccoli e sospettosi. «Anche lei, ché l'ho vista vicino all'albergo e poi, guarda caso, arrivi tu.»
«Qui? Lei? E per fare cosa?» chiede stupito.
«Dimmelo tu. Prima hai detto che ha cambiato quel Victor per te, che sei più bello!»
Manuel non può trattenersi dal ridere.
«Dimmelo!» insiste, temendo siano amanti.
Marcelo si sente minacciato, ma non per una mera questione di sex appeal, poiché nel confronto tra di loro, fascino e risposte emotive nelle donne sono sempre state a suo favore. Castano, capelli mossi, portati lunghi e disordinati per carattere, zigomi e labbra sensuali, taglio d'occhi mediorientale con sguardo perso nel passato, tipo "pirata intrigante e romantico", fisico asciutto, vissuto e tenace con addominali scolpiti nel lavoro proficuo di una vita. No, deve trattarsi di risentimento per un vecchio torto, mai affrontato e chiarito. Non vorrebbe svuotare l'armadio più vecchio e sporco della sua coscienza, tra l'altro per estrarne lo scheletro più scomodo che vi sia mai stato cacciato dentro, ma stando così le cose, sente di doverlo a entrambi. Non potendo rimandare oltre, s'affretta, chiedendo: «È per Marilisa?»
Udito quel nome l'altro rabbuia, smettendo i modi concilianti.
«Mi dispiace. Ti ha lasciato senza una spiegazione. Le volevo bene, ma lo stesso le chiesi di non seguirmi in Europa.» Marcelo è invaso dalla tristezza. «Le proposi di restare amici, ma rispose che poteva scegliere un amico, non chi amare! Fratello, Marilisa si era innamorata, non aveva potuto scegliere e io nemmeno.»
«Zitto, non devi pronunciare il suo nome!» latra. «Era tutta la mia vita e sì, l'amavo al punto di essere felice per lei, per voi!»
«Mi spiace, disse che non sarebbe servito a nulla. Che anche voltandole le spalle, ti avrebbe lasciato. Che mi amava e non poteva cambiarlo. Che tanto valeva essere felici noi.»
«Sai cosa? Elisabeth è bellissima, ma non ha un filo d'anima paragonata a Marilisa!» stride Manuel, sofferente di un male che gli buca la carne talmente in profondità da dissanguarla dello spirito. «Sappi che se tua moglie mi avesse cercato, te l'avrei rimandata a calci e non perché sono meglio di te, ma perché, e mi dispiace ripeterlo, lei è una cagna, sì, una cagna in calore!»
«Mi dispiace» ribadisce, incapace di guardarlo negli occhi. «È vero, l'ho lasciata per Elisabeth. Ho sprecato il tuo sacrificio, ma ho anche pregato per un miracolo. Che in un modo o nell'altro tu e lei...»
«Zitto, stai zitto!» Manuel grida talmente forte da far saltare in piedi il tassista, lì fuori dov'è stato seduto fino ad ora. «L'hai più vista o cercata? No, certo! Hai deciso che non andava più bene, che era meglio quella cagna, più giovane e bella e allora l'hai scaricata e fine della storia!»
«Io