Mar sanguigno (Offerta al nostro buon vecchio Dio). Guido Milanesi
parole che «offendono Iddio» e che, dettate dal demonio al primo marinaio che navigò l'Adriatico, attraverso una sottile fila d'uomini depositari del segreto, di generazione in generazione pervennero a lui. Egli è dunque elemento prezioso e rarissimo e generalmente non rivela sè stesso che al momento stringente del bisogno. Allora il denaro compenserà la salvezza della paranza e l'intercessione della Madonna di Loreto, scongiurata nei pellegrinaggi di settembre, ridarà forse pace all'anima compromessa.
Al sopraggiungere dello Scïò, l'iniziato resterà solo in coperta, fronte alla colonna d'anime turbinanti e coltello denudato alla mano. Poscia, gridando le parole magiche che sa e frammischiandole a bestemmie oscene, taglierà più volte «nella» meteora muovendo orizzontalmente il braccio avanti a sè e tenendo il corpo chino. Basta. Come fossero state tolte ad un pilastro le pietre di base, l'orribile turbine crollerà, si dissolverà, sparpaglierà per il cielo le anime a gruppi spauriti che chiederan rifugio alle nuvole. Un trionfo, dunque: nel quale però arderà in un sol tratto tutta la fede cristiana del tagliatore, lasciando cenere.
E non si può nemmeno presagire con certezza che cosa possa derivare da un simile atto sacrilego.
— No: non si può... — dice Isè «la botta» mentre il fragore d'un fulmine copre la sua debole voce. — Beatissima Vergine della Santa Casa, proteggetemi voi! — aggiunge tremando, ed accompagnando la sua invocazione col gesto cattolico dello scongiuro, accennato dal pollice destro trascorrente giù dalla fronte alle labbra. Un nuovo lampo lo illumina nella maschera livida, resa spaventevole dagli occhi vitrei e dalla bocca socchiusa.
— Da bere! — dice ansando. E dell'altro vino tracannato in fretta, passa a larghi sorsi visibili nella sua gola flaccida.
Ciò sembra rasserenarlo.
— Via! — mormora tentando un abbozzo di sorriso e accennando un gesto inteso a scacciare il proprio terrore. — Maledetta la vecchiaia e viva il vino!
— Perchè hai detto che non si può prevedere che cosa avvenga dopo tagliato uno Scïò? — gli chiede il mio amico, senza dargli requie.
— Ah! Ah! — ghigna il vecchio esaltandosi improvvisamente. — Tu hai detto che Isè la Botta ha paura? Ragazzo, ragazzo bello, sta a sentire se ha paura.
... Io ero tagliatore di Scïò... Già: proprio! — dice, squadrando i vecchi ad uno ad uno come a sedar la paurosa meraviglia che si disegna in ogni sguardo. — Io ero tagliatore di Scïò: e alla burrasca del due di novembre...
— Come? — interrompo — è una data fissa?
— Si capisce. Tutti gli anni c'è la burrasca del giorno dei morti. Non ne abbiamo due oggi? Embè? Guarda là...
Indica una finestra, mi scruta con commiserazione quasi irritata, e prosegue:
— ... e alla burrasca del due di novembre, a bordo della «Marietta bella», fui richiesto dell'opera mia. Tutto andò bene. Però la bora ci costrinse a buttarci verso la costa dalmata e prendemmo ridosso a Fiume. Pesce non ne avevamo, perchè al largo il mare furioso ci aveva impedito di gettar le reti, e poi perchè nella zona di calma vicina a terra, la gettata non diede che ossa di morto...
— Che?
— Auff! Sì. Ossa di morto. Nu lu saie, patrò? Quando si pesca nella notte dei morti, non si trovano che coccie (teschi) e ossa...
— Amen! Sta bene.
— ... Avevamo dunque ben poco da fare a Fiume; ed io con le cinquanta lire guadagnate per il taglio dello Scïò, me ne andai a terra per disperdere alcune immagini nere che mi giravano in testa. Orribili immagini! — dice come parlando a sè stesso — perchè...
Ma uno di quegli improvvisi silenzi dei vecchi nei quali pare spegnersi per sincope la loro volontà e che un brontolio incomprensibile conclude, gli torce le noccute mani e non ci spiega questo perchè.
E per la terza volta l'uomo — il resto d'uomo — chiede forza al vino.
Io non so più se abbia maggiore interesse per me la narrazione o il narratore stesso. I pensieri dei giovani sono brevi, sinceri e massicci: quelli dei vecchi, lunghi, complicati e minuti. L'anima di chi troppo ha vissuto è rimasta forata da gallerie tortuose, franate qua e là e nelle quali la luce non può più penetrare.
Ora io studio questo povero essere che mi sta davanti e lo seguo, sì, nelle sue oscillazioni dalla spavalderia all'abbattimento, ma è come indagassi nel grigio d'una nebbia. Che cosa sono queste pause, attorno alle quali, come attorno a rocce, ribolle e si frange la stanca corrente del suo ricordo? Di quale impossibile minaccia trema? Ah! ogni vecchio è veramente problema già risoluto ma del quale si è perduta per sempre la risoluzione!...
Ecco: la corrente si riforma, s'avvia... Il tagliatore di Scïò ridiviene sprezzante, parla di nuovo...
— ... Tutto voglio raccontare a questi ragazzi curiosi, tutto. Paura io?... Appena disceso sulla banchina, un uomo che non avevo visto mai mi venne incontro con la mano tesa. «Siamo entrambi marinai» — disse «Andiamo insieme». Certo che era marinaio: vestiva come me; e se non era proprio di San Benedetto del Tronto, doveva esser di qui vicino perchè parlava quasi come me. Ed era cieco da un occhio per causa recente, giacchè intorno alle palpebre aveva del sangue appena ristagnato.
Andammo insieme.
— Da dove vieni? — gli chiesi.
— Da un paese tanto lontano e che tu non conosci.
— E dove vai?
— Ritornerò laggiù.
— La tua paranza?
— Si chiama «Niente».
Tra noi marinai non usa farsi tante domande. Viviamo tutti nello stesso modo. Oggi si è qua, domani là... Ci è indifferente dove si sia e dove si vada. E poi questo sconosciuto si mostrava così amabile con me da rendere inopportuna ogni diffidenza. Mi offrì sigari e slivovitz senza voler accettare nulla da me, cosa che però m'annoiava, tanto più che col mio biglietto in tasca mi sentivo ricco.
Verso sera, stanchi, andammo a pranzare insieme. Bevemmo molto: e quando si trattò di pagare:
— Sta a me — dissi io.
— Niente affatto. — mi rispose. — Devo pagare io.
— Credi forse che io non abbia denari? Guarda qua. — E misi sul tavolo le cinquanta lire.
— Già sapevo che tu le avevi. Riprendile: rimettile in tasca.
— Tu devi essere ubbriaco. Come lo sapevi?
State a sentire che cosa mi rispose. Mi rispose così:
— Marinaio: io passai nel vento ieri vicino alla tua paranza e ti vidi col coltello in mano. Io udii le parole tue e ricevetti io il primo colpo che vibrasti... Ero nello Scïò, MORTO TRA MIGLIAIA DI MORTI. Tu mi colpisti qui in quest'occhio: guarda: questa è ferita tua. Non l'avrei ricevuta se tu avessi dette esattamente le parole che «offendono Iddio»; ma non fa niente: bene o male hai distrutto lo Scïò che mi trascinava da anni. Ora sono anima libera e il vento non mi piglia più. Chiedi alla tua Madonna di Loreto che ti protegga. Addio.
E vicino al suo posto, ad un tratto, vuoto, rimasero dieci lire.
Venne il cameriere: un biondo con gli occhi chiari, viso largo e i baffi all'ingiù.
— Paga lui? — chiese. — Devo dargli il resto. Dov'è andato?
Che dovevo rispondere?
— In Paradiso — gli dissi.
Sbagliai. «All'inferno!» dovevo dire. Io avevo mangiato e bevuto col demonio. Ero dannato.
L'uomo biondo si mise a ridere e mi chiamò ubbriacone. — Canaglia! — gli dissi io. — Canaglie siete voialtri marinai «dell'altra riva!» — mi ribattè lui. — Ah, per l'anima di tutti i Sambenedettesi che s'è pigliati il mare, tò, eccoti un regalo dell'altra riva! — urlai: ed afferrata pel collo