Eh! la vita. Luigi Capuana

Eh! la vita - Luigi Capuana


Скачать книгу
egli prendeva a suonare lo zufolo di canna, altro che il flauto del farmacista Arcurio quando egli vi soffiava: Mira Norma, ai tuoi ginocchi.... e la gente si affollava davanti alla farmacia!

       Saro Barreca, quella domenica, pareva pazzo. Andava di qua, di là, su e giù anche pei viali fuori Porta, domandando a chi incontrava: — Avete visto mastro Tano, il suonatore? — Nessuno lo aveva visto. Neppure la maestra, come chiamavano sua moglie, ne sapeva niente. E il secondo violino? E il contrabasso? Spariti tutti! Poteva immaginare che era un tiro fattogli da Nino Sbrizza?

      E, la notte del lunedì Nino diceva a Maria:

      — Sei dispiacente; non hai avuto la notturna.

      — Vuol dire che ha capito.

      — Gliel'ho fatta capire io. Che è?... Piangi?

      Maria singhiozzava.

      — Parla più forte. Non aver paura! Con questo vento....

      Il vento urlava nel vicolo, scoteva i tetti delle case e le imposte, quasi volesse portar via tutto, giù, nella vallata. Nino stentava a tenersi ritto sul solito pezzo d'intaglio che gli serviva da piedistallo. Il vento, che spazzava il vicolo, spazzava via pure le parole della ragazza, un po' soffocate dai singhiozzi.

      — Tuo padre?... Che vuole tuo padre?

      — Gli hanno parlato...

      — Che importa?... Se tu mi vuoi bene...

      — Anche mia sorella...

       — Chi le tocca il suo Pizzuto? Ah!... Tu dovresti darmi retta!... La notte del sabato santo.

      — No! Questo no!...

      — Sai? E' tornata la gnà Vicenza. Suo figlio è morto. Verrà a trovarti. Con lei, possiamo fidarci, come prima...

      Quella vecchietta, filatora di lino, era stata la loro confidente, la loro ambasciatrice. Da che se n'era andata a Grammichele, in casa del figlio, maritato colà, essi avevan dovuto adattarsi a quelle conversazioni notturne, tremando sempre di essere scoperti; spesso, come quella nottata, col vento che infuriava, non riuscendo a intendersi, e anche con la paura di buscarsi un malanno.

      Alla notizia della visita della vecchietta, Maria ripetè:

      — Questo, no! Questo, no! Ti saluto!...

       * * *

      Con la filatora Nino si sfogava:

      — Non c'è altro verso. Se vuol farmi fare la buona Pasqua! Ora, con Saro Barreca guerra dichiarata. Un dispetto lui a me, due io a lui; botta e risposta! Finora ci ha avuto poco gusto. Dice che sta per indurre suo padre a far la richiesta a massaio Ledda.

      — Dispone forse della volontà della figlia?

      — Ah, gnà Vicenza! Voi sapete come sono le ragazze.

      — Maria è buona, assennata...

      — Niente; non c'è altro verso! Io poi dirò a suo padre: Fate come volete. Non è per la dote...

      — E' necessaria anche questa!

      La gnà Vicenza si era ripresentata in casa di massaio Ledda col pretesto di chiedere lavoro, lino da filare; e aveva portato con sè la rocca con un grosso pennecchio e il fuso; c'era così bel sole su la terrazza! Maria e sua sorella andavano e venivano, per le faccende di casa. Maria ora indugiava a innaffiare i garofani e le viole a ciocche, e la gnà Vicenza, pur continuando a filare, quasi non badasse ad altro, le diceva:

      — Fàllo contento. Non è giovane da abusarsi delle circostanze.

      — Sua madre vuol dargli la figlia di Garozzo.

      — Sua madre sarà felice del cambio... Mentre nessuno è in sospetto, nè tuo padre, nè tua sorella... Andresti via con S. Giovanni, santo glorioso, a suon di campanella benedetta...

       Alludeva alla scommessa che correva tra i giovani massai per suonare, la notte di sabato santo, la campanella detta di San Giovanni e poi nella processione della Inchinata, la domenica di Pasqua. Saro Barreca aveva giurato: — Dovrò sonarla io! — E Nino Sbrizza, saputolo, aveva giurato: — Non la sonerai!

      Maria era rimasta perplessa. Quella fuga, accompagnata dal suono della campana di san Giovanni, le aveva acceso l'immaginazione. La gnà Vicenza insisteva per la risposta.

      — Gliela darò domani, alla benedizione delle Palme. Io, mia sorella e le nostre cugine saremo davanti al ballatoio del Sordo. Egli prenda di mira l'albero più vicino, per buttarlo giù quando sarà il momento e s'impossessi della palma benedetta. La gitti per aria, verso di noi. Io l'afferro, e se la bacio... vuol dire di sì!

      — E se non riesci ad afferrarla?

      — Mi bacio una mano. E vuol dire di sì. Se lui non butta per aria la palma benedetta, significa...

      — Non significa nulla, con le zuffe che accadono. Palma o non palma, vado a farlo felice. La Madonna ti aiuti, figliuola mia!

      E vedendo entrare Rica, la sorella di Maria, con un corbello di ulive nere salate da asciugare al sole, la gnà Vicenza disse:

      — Per Pasqua ne voglio un pugno!

      — Intanto, tenete.

      La vecchia sporse il grembiule e Rica gliene versò due giumelle colme.

      — E questa per me... — soggiunse Maria.

       * * *

      Il piano davanti alla chiesa rigurgitava di gente. Allato alla porta maggiore, chiusa perchè la cerimonia voleva così, il rozzo altare di pietra era parato a festa. Durante la nottata il piano aveva cambiato aspetto: un gran viale fiancheggiato da alberi improvvisati — lunghi pali di aloè confitti al suolo rivestiti di rami di querce e di olivo con in cima una piccola palma inargentata — si allungava, facendo gomito dalla via, fino alla porta maggiore della chiesa.

      Le Ledda e le cugine erano tra la folla in attesa della processione. Nino Sbrizza, vestito di panno azzurro scuro, col berretto alla marinara, un garofano rosso all'occhiello e un sigaro in bocca passeggiava assieme con due amici lungo il viale, divorando con gli occhi Maria, che lo guardava a tratti, fuggevolmente, per non farsi scorgere dai curiosi. E mentre Nino scendeva da un lato del viale, Saro Barreca, vestito anche lui di panno azzurro scuro, col berretto alla marinara, con una rosa all'occhiello e il sigaro in bocca, veniva su dall'altro lato, fermandosi a ogni po' assieme con Pizzuto e un altro amico di rimpetto al posto dov'erano le Ledda e le cugine, cavando di tasca a riprese il fazzoletto di seta a vivaci colori, come per segnale convenuto, allo scopo di far arrabbiare Nino Sbrizza, che tornava indietro in quel punto.

      Poi Sbrizza e i suoi amici si erano fermati presso uno degli alberi, quasi per prenderne anticipatamente possesso. Giacchè la processione, coi confrati e la banda musicale e i canonici che cantavano si avanzava, un fremito correva tra la gente, specie tra gli uomini che dovevano, al momento della benedizione, atterrare gli alberi e afferrare la palma benedetta attaccatavi in cima.

      Fu un attimo. Parve che una ventata li scotesse e li abbattesse da una punta all'altra del viale. Nino Sbrizza, con due poderose spinte, aveva sradicato il palo di aloè e già stendeva la mano ad afferrare la palma argentata, quando Saro Barreca, con un salto, gli si precipitò addosso, strappò dall'albero la palma e trionfalmente, la lanciò per aria, verso il punto dove erano le Ledda. Cento braccia si tesero in alto per afferrarla ma una delle cugine Ledda fu la più lesta di tutti. La baciava, la dava a baciare come cosa benedetta. Quando toccò a Maria, però essa si baciò più volte la mano. E Nino Sbrizza, che stava per perdere il lume degli occhi per la soverchieria del Barreca, alla vista di quei baci alla mano, si frenò, diè un grande respiro di sodisfazione, e raccattò da terra il sigaro che gli era cascato nella breve lotta.

      — Ah!... Era di sì! Non gli occorreva altro!

      La gente si riversava in chiesa dalla porta maggiore spalancata tutt'a un tratto; e mentre la processione


Скачать книгу