Eh! la vita. Luigi Capuana

Eh! la vita - Luigi Capuana


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Benedictus qui venit in nomine Domini!

      Ma il rumore della folla era tale che il predicatore pensò bene di smetter quasi sùbito.

      Nino, addossato a una colonna, approfittando della gran confusione, faceva cenni, con gli occhi, a Maria, che volevano significare:

      — Grazie! Grazie!

       Maria, quasi atterrita dell'assenso dato, sorrideva tristemente.

       * * *

      Ora la lotta era presso il Parroco. La campanella di San Giovanni si concedeva al miglior offerente.

      Il Parroco spiegava:

      — Capisci, figliuolo mio. Tu rappresenteresti il più amato discepolo di Gesù Cristo, San Giovanni evangelista. Gesù è risuscitato. La Madonna e le Marie non lo hanno trovato nel sepolcro; lo cercano dappertutto dopo che l'Angelo ha detto a Maria Maddalena: — Non è qui! — E così san Giovanni va attorno per avere notizie del Signore risuscitato. 'Ntio! 'Ntio! 'Ntio! Il suono della campanella significa: — Lo avete visto? Lo avete incontrato? — per portar la notizia alla Madonna che piange il figliuolo morto crocifisso. 'Ntio! 'Ntio! 'Ntio! E' come se tu fossi San Giovanni!... Dunque che daresti?

      E il parroco notava il nome e l'offerta.

      — Scriva — disse Saro Barreca: — Mezza salma di farro. E se ce ne vorrà di più, metterò di più. La campanella dev'essere mia.

       — Eccola là! — rispose il Parroco. — Appoggiata al muro.

      Il manico della campanella, incastrato in bilico su un grosso bastone colorato in rosso, era già ornato di rose finte; e lasciava pendere fino a terra il laccio che doveva permettere di fare quei rintocchi di rito: 'Ntio! 'Ntio! 'Ntio!

      Saro volle provarsi.

      — Bravo! — disse il Parroco. — Ma bisogna attendere fino a venerdì sera, per la certezza. Si tratta dell'interesse della chiesa; le offerte non servono per me ma per le spese del culto.

      Nino Sbrizza volle arrivare proprio all'ultimo momento, e soverchiare tutti. Andò, di sera, in casa del Parroco per parlargli a quattr'occhi. Nella sagrestia c'era sempre gente, o il sagrestano; e Nino non voleva testimoni.

      — Dica, vossignoria; io accetto la sua parola.

      — Ma, figliuol mio...

      — Niente! Pago sùbito, in contanti anche. Dica vossignoria!... E pago io pure la banda.

      — Sogliono far cena a mezzanotte. Un montone al forno, e vino e càlia... Lo sai!

      — Due montoni, se occorrono... E quel che vossignoria comanda!

       Nino, con le braccia dietro la schiena, in piedi davanti al Parroco attendeva la risposta decisiva, che questi pareva cercasse nel breviario aperto sul tavolino per dire l'uffizio.

      — E vossia farà la buona Pasqua col tacchino che riceverà sabato mattina...

      — Oh, per me, nulla! Io non c'entro! Io non c'entro! — protestò il Parroco. — Per la chiesa, per la campanella... una salma di farro o il prezzo. Sei contento? Faccio una particolarità, per riguardo di tua madre che è una gran devota.

      — E il tacchino... lo manderà mia madre. Le bacio la mano!

      La gnà Vicenza, col pretesto delle funzioni religiose della settimana santa, stava attorno a Maria Ledda per riportare notizie, per battere il ferro, come lei diceva, mentre era caldo, perchè quella benedetta ragazza riguardo alla fuga, aveva un cuor d'asino e un cuor di leone, secondo i momenti e le piccole circostanze. E Nino le andava dietro da una chiesa all'altra, facendo le viste di visitare i santi Sepolcri. E più tardi, durante la processione del Cristo alla Colonna, si strizzava rabbiosamente le mani e si mordeva le labbra, per quella malombra di Saro Barreca, che, assieme con Pizzuto, ora seguiva, ora precedeva le Ledda. Poi Nino pensava che tra due giorni, Maria sarebbe scappata di casa con lui, e si rasserenava e faceva l'indifferente.

      Quando Saro apprese che la campanella di Pasqua era toccata al suo rivale, andò a prendersela col Parroco, minacciando, bestemmiando nella sagrestia, quasi si trovasse in una taverna. Il Parroco ch'era un omone, lo aveva preso per le spalle e messo fuori dell'uscio, ripetendo:

      — Nella mia chiesa faccio quel che mi pare!

       * * *

      In quei giorni, Maria Ledda sembrava una mosca senza capo. Si aggirava per la casa, cominciava una faccenda, smetteva, ne principiava un'altra, e rimaneva come incantata, con le braccia ciondoloni, guardando per aria.

      — Che hai? — le domandava la sorella.

      Rispondeva con una spallucciata; e se ne andava su la terrazza, quasi nelle stanze sentisse mancarsi il respiro. Ormai aveva detto di sì! Ma che sarebbe avvenuto dopo? Le pareva che non dovesse più rivedere la casa dove era nata e cresciuta; la sua cameretta imbiancata a calce, coi santi appiccicati al cappezzale, la candela della Candelora e la piletta di terraglia per l'acqua benedetta.

      Nel vuoto del muro, riparato con una vecchia coltre, stavano appesi i vestiti, e giù, su una tavoletta, le scarpe, gli stivaletti, assieme con un cofanetto di paglia, a colori, ripieno di sete, di aghi, di scampoli, di fettucce, di cordelle, e tra essi, un paio di forbicine. La cassa, tinta di verde, a piè del letto, con la biancheria sua particolare, due scialli, uno nero e l'altro di seta gialliccia, per l'estate, fazzoletti, calze, nascondeva, sotto sotto, i regalucci di Nino, che non poteva mostrare ai parenti: due anelli e una collana di corallo.

      Maria, tirava da parte la coltre e rimaneva a guardare i vestiti, rivoltati, appesi ai chiodi; apriva la cassa verde, metteva sossopra la biancheria, gli scialli, e tastava la carta dov'erano involtati gli anelli e la collana.

      — Non ti prepari, per la visita ai santi Sepolcri e per la processione? C'è, di là, la gnà Vicenza che si accompagnerà con noi. Che stai a rimestare? — venne a dire Rica.

       — Su, lagnusazza![3]. Io che sono vecchia sono già pronta.

      E la gnà Vicenza, entrata nella cameretta, appena si vide sola con Maria, la rimproverò:

      — Dovresti, anzi, mostrarti più allegra degli altri giorni! Infine, non vai alla morte. Quel poveretto smania, non vede l'ora. Passerà due volte con la banda e la campanella; alla terza volta sarà solo, mentre gli altri mangeranno il montone al forno e si ubbriacheranno nella taverna di Scatà. Un vestito, due camicie, due paia di calze... Butterai l'involto dalla finestra... e scenderai le scale! Se non fosse pel buon fine.... Figurati, figliuola mia, se penso a dannarmi l'anima! Allegra! Coraggio!... Vuoi che ti pettini io?

      — Farò più presto da me. — rispose Maria.

      E aveva il pianto nella voce, e le lacrime che le gonfiavano gli occhi.

      — Non farti scorgere!... Allegra!

      Di là si sentiva la parola grave e lenta di massaio Ledda:

      — Io devo tenere le maniglie della barella del Cristo alla Colonna. E' devozione di famiglia: da padre in figlio. Voialtre spicciatevi.

      Appunto quella sera Maria, che avrebbe voluto vedere il padre alle maniglie della barella del Cristo alla Colonna, dovette voltarsi dall'altra parte, irritata dalla sfacciata insistenza con cui Saro Barreca la guardava, quasi avesse qualche diritto di perseguitarla in quel modo.

      E mentre il Cristo, tutto piagato, legato da un cordone dorato alla colonna di argento, con le mani dietro la schiena, barcollava sulla barella, in mezzo alle torce accese davanti alla raggiera che lo circondava, la gnà Vicenza, stringendo una mano di Maria, pregava in modo che questa la udisse:

      — Signore Gesù, aiutate le anime in pena che si rivolgono a voi! Date ad esse forza e coraggio per quel che devono fare; così, con la vostra divina grazia, potranno servirvi santamente in questa vita e glorificarvi, dopo morte, nell'altra!

      


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