Il Miraggio. Lucio d'Ambra

Il Miraggio - Lucio d'Ambra


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ingegno speciale, se non un grande ingegno. Prova ne sia lo stesso Balzac, il quale chiamando melodrammi miserabili le creazioni di Hugo, non è mai riuscito a finire quella sua commedia in cinque atti, Joseph Proudhomme, tante volte e così minutamente annunziata alla sua contessa Hanska! E non si può negare che nei suoi romanzi Balzac mostrasse pel teatro tutte le attitudini desiderabili!

      Mentre continuava in questi discorsi, osservando la moglie, come un altro si sarebbe detto: «Non sospetta, e del resto non ve ne sarebbe alcuna ragione» egli si diceva: «Bisogna farle smarrire le tracce per qualunque evenienza». Sotto le sue apparenze noncuranti e non ostante le sue continue fanfaronate, lo scrittore aveva la qualità principale della prudenza: la riflessione. A traverso le futilità di alcuni suoi discorsi, per esempio, si poteva scorgere la trama di un suo disegno dei più serii. In ogni occasione della sua vita egli si era conservata aperta una via d'uscita, aveva tutelata una possibile ritirata decorosa. Giammai egli si era trovato in condizioni diverse da quelle che aveva preparato egli stesso. Tutte quelle parole ch'egli pronunziava, sempre con una gaiezza spensierata o fanfaronesca, erano prima state lungamente pesate, valutate, discusse. In somma, nella vita, per non essere sorpreso inopportunamente, egli recitava una parte che egli stesso si era scritta e che aveva a lungo meditata e studiata. Così che, al momento in cui il domestico mesceva la spuma candida dell'extra-dry nelle esili coppe di cristallo e quelle coppe erano levate per augurare fortuna alla nuova commedia sua, egli diceva con la più semplice ed indifferente aria di questo mondo:

      — A proposito di Claudina Rosiers posso dirvi sotto ogni riserva, però, che si mormora tra le quinte di un progetto di matrimonio fra Claudina e Lorenzo Gray. Quello che so di certo è che l'attrice è molto tenera per il suo patito. Anche oggi, dopo la prova, sono usciti insieme dal teatro, Gray l'ha accompagnata a casa e mi dicono le sue amiche che di solito egli sale e vi resta. D'altra parte, non sarebbe un cattivo affare per la Rosiers: Gray è un buon attore, ben pagato, di sicuro avvenire, è un bel giovine, un bravo figliuolo e niente affatto geloso! — Poi, come gli venne da ridere, pensando a quella sua ultima affermazione a proposito di quell'Otello in cravatta bianca che era Gray, cercò di spiegare la sua improvvisa ilarità, dicendo: — Tutto andrebbe bene. Mi dispiacerebbe solo per Leonardo che non potrebbe più amalgamarsi.....

      Il risultato di quel contegno non si fece attendere. Al levarsi di tavola, Beatrice prese il braccio di lui e lo strinse al seno con un gesto pieno di confidenza e di affettuosità. E nella conversazione che seguì nel salotto, dopo che i bambini furono condotti via dalla Miss, trovò modo di essere così gentile, così amabile, così affascinante che in un momento ch'egli era uscito, Loredano disse alla sorella:

      — Egli ti ama sempre molto. Puoi essere felice!

      — Oh sì, rispose Beatrice, non potrebbe essere più buono e più mio.

      — E tu avevi dei sospetti su quella Claudina Rosiers? dimandava il fratello.

      — Già, scioccamente, rispose Beatrice. Ma ora sono tutti dissipati e la scioccherella fa ammenda.

      La povera donna non avrebbe mai sospettato che suo marito fosse uscito dal salotto, appunto alla ricerca di un pretesto plausibile per andar fuori e recarsi da Claudina. A poco a poco, nella serata, il fascino dell'attrice lo aveva ripreso e gli era sembrato stupido interdirsi per quella sera il piacere spirituale che gli procurava la vicinanza dell'attrice. Uscito dal salotto, si era recato nel suo gabinetto da lavoro ed aveva cercato nel cassetto della sua corrispondenza le lettere, i bigliettini ed i brevi telegrammi di Claudina. Aveva scelto un bigliettino dell'attrice, ricevuto molte sere innanzi, ma senza data, bigliettino in cui l'attrice lo pregava di passare prima della mezzanotte dal teatro, per un affare urgente riguardo alla messa in scena della sua nuova commedia. Farnese prese quel biglietto e mandò il domestico in cerca della sua corrispondenza serale. Quando l'ebbe, vi mise in mezzo la lettera di Claudina e rientrò nel salotto. Mentre Loredano parlava a Beatrice del suo ultimo viaggio nelle Fiandre, Farnese si era seduto in un angolo del salotto per aprire e scorrere quella ventina di lettere e di giornali. Giunto alla lettera di Claudina, aveva fatto con un suo coltellino d'oro il gesto di tagliare l'orlo della busta e, scorse appena poche righe, con un gesto d'impazienza aveva detto:

      — Nè pure stasera posso restare tranquillo. Ecco qua la Rosiers che mi manda a chiamare per un affare urgente.

      Ed aveva tesa la lettera. Quelle parole erano state pronunziate con tale sincero accento di ira e di fastidio, che Beatrice aveva mormorato un «Povero Giuliano!» che, avendo fatto sorridere finemente Loredano, aveva procurato a Farnese una puntura di rimorso per la commedia indegna da lui recitata. Tuttavia seguitò a recitarla; e appunto Beatrice dovette pregarlo di recarsi al teatro, poichè l'affare poteva essere veramente urgente e la sua presenza necessaria. Egli osservava intanto, con compiacenza, che il suo strattagemma non aveva destato alcun sospetto in sua moglie; volle però ribadire quella sua fiducia con un ultimo colpo di azzardo, dicendo a suo cognato:

      — Loredano, vieni anche tu! Ti presenterò a Claudina e vedremo se vi si potrà davvero amalgamare.

      Egli aveva trascorso un minuto di ansia, prima che Loredano avesse rifiutato l'invito, pretestando il lungo viaggio fatto e la notte vegliata. Ma, mentre Farnese infilava la pelliccia e stava per prendere congedo, Beatrice insistette presso il fratello perchè si recasse anche lui al Teatro Nazionale. Farnese capì che Beatrice desiderava segretamente che Leonardo l'accompagnasse per essere più calma e sicura, e quella sua prudente riflessione lo indusse ad insistere scherzosamente con Leonardo, a fine di mostrare come la sua visita all'attrice non avesse un secondo fine da nascondere:

      — Vieni, egli insistette, t'assicuro che l'amalgama è invitante. Il metallo è delizioso!

      — Ma il mercurio, rispose Loredano accennando sè stesso, è così gelato stasera, che l'amalgama sarebbe chimicamente impossibile.

      Scampato dal pericolo Farnese, si guardò bene dall'insistere ancora, e, salutando i due, ebbe una sorpresa quasi dolorosa nel leggere sul pallido volto di sua moglie tanta amorosa confidenza.

       Indice

      «Il mio cuore» — si diceva poco più tardi Farnese mentre la carrozza chiusa correva lungo la splendente via Nazionale verso il civettuolo teatro — «è come una di quelle famose scatolette cinesi che ne contengono successivamente altre cinque o sei, sempre più piccole, l'una incastrata nell'altra. Il mio amore per Beatrice, che tuttavia è indiscutibile, mi permette, per esempio, di recitare commedie come quella che ho recitato poc'anzi per potere andare da Claudina Rosiers. Nella scatoletta successiva vi è il rimorso per l'inganno ed il desiderio di restar con Beatrice; ma in quella incastratavi dentro trovo invece il desiderio di riveder Claudina. Così sono sicuro di trovarne dentro a questa, ritornando dal teatro, un'altra che conterrà una coerentissima noia ed il pentimento per l'inutilità di ciò che ho fatto stasera... e nuove lotte fra il rimorso e il desiderio, fra la ragione e l'impulso. Ah, che cosa ridicola!» Ma tutta questa saggia analisi non gli impediva di avere il cuore preso da una gioia quasi infantile e che si rivelava in gesti allegri e numerosi, quanto più la carrozza s'avvicinava alla bianca facciata dell'elegante teatro. «Io invento le favole per giustificare a mia moglie la mia condotta» — egli aggiungeva, in un altro momento di rimorso — «e poi, quando vedo ch'ella mi presta fede e soffoca in mio onore ogni minimo sospetto, faccio il viso di un Trissottino che ascolti lodare Vadio. Ancòra un'altro trionfo della coerenza!» Osservazione che non gli impediva, appena disceso innanzi al grande scalone di marmo del teatro, di domandare ad un impiegato, e con una mal dissimulata ansietà nella voce, se Claudina Rosiers era in scena. Avuta una risposta affermativa, egli salì un po' contrariato le scale, guardò la sala dal cristallo ovale della porta della platea: vide Claudina in scena, vide i suoi gesti ma non ne udì le parole, e l'automaticità di quei gesti senza parole lo fece sorridere mentre, percorrendo il corridoio del primo ordine di palchi, arrivava al palco di proscenio che è quasi su la ribalta e bussava su la piccola porta col pomo di cristallo del suo bastone per farsi aprire dal palchettaio. Appena entrato, guardò la sala, rispose a cinque o sei saluti direttigli dai palchi o dalle poltrone, ma si rivolse subito alla scena, poichè La visita di


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