Il Miraggio. Lucio d'Ambra
sino a mezzogiorno. Figurati, Loredano, che una settimana fa sono venuti a domandarmi un lungo studio su Swimburne per una rivista nuova. Dovevo consegnarlo quest'oggi e non avevo scritto una parola, non avevo una nota a pagarla un tesoro. Poi, colazione. La tua signora sorella era magnifica in una veste da camera rosa della quale puoi giudicare tu stesso. Poi, le prove sino alle cinque. Dalle cinque.....
— È stato con la signorina Rosiers. Le ha scritto or ora.
Farnese credette bene di non raccogliere quella frase intempestiva del piccolo Luca, ma, avendo visto negli occhi di Beatrice un'ombra incerta che esprimeva insieme dolore ed ira, volle ripararvi:
— Il piccolo Luca, spiegò, è in collera col suo papà perchè non è venuto a prenderlo per la passeggiata, come gli aveva promesso stamane. Non è vero, Luchino? — Ed avendo il bimbo assentito del capo, aggiunse volgendosi a Loredano e poi a Beatrice: — La signorina Rosiers mi ha mandato dalla sua sarta a vedere i tre abiti pronti per la Chimera ed ho fatto tardi. Ora, siccome stasera desidero di restare in casa con voi, le ho comunicato i miei appunti e i miei consigli da profano.
Mentre costruiva questo piccolo ed abile edifizio di menzogne, egli osservava sua moglie, la cui fisonomia si rischiariva subito con un riflesso di piacere e di calma. Beatrice aveva sùbito ricominciato a parlare con Loredano, mentre Farnese pensava con soddisfazione all'abilità spiegata nel riparare all'imprudente frase del piccolo Luca. Chiunque altro si sarebbe stupito della facilità con la quale sua moglie aveva accolte per vere le sue spiegazioni, ma egli aveva talmente corso la vita di qua e di là, che da molto tempo oramai non si stupiva di niente!
Il pranzo era cominciato, fra le domande di ogni sorta rivolte a Farnese da Loredano riguardo alla nuova commedia, alla cui prima rappresentazione egli era venuto ad assistere. Farnese con piacere — e tutto l'autore si rivelava in questo piacere — aveva parlato a lungo della sua opera, narrandone il soggetto, commentandone lo svolgimento, dando notizie su l'andamento delle prove e su le varie probabilità di interpretazione e di successo. Da queste notizie erano presto passati ad una discussione artistica e Loredano, che non chiedeva di meglio, vi si era lanciato intieramente. Per la ventesima volta, ripresero una loro discussione sul teatro, passarono ad enumerare capolavori e successi, e Beatrice potè udire frasi come queste:
— Io non scriverò più per il teatro. Il teatro è un'arte inferiore, diceva Loredano. Non so più chinarmi ad affrontare il giudizio del pubblico, molte volte ingiusto ed irragionevole, nè posso subire i vincoli che m'impone il teatro, sopra tutto quello di dover pensare ad una media intellettuale del pubblico, ad un average reader, come dicono gl'Inglesi. È per questo appunto che il teatro è un'arte inferiore.
— No, non è inferiore! protestava Giuliano. Come puoi dir tale un'arte che ha avuto Shakespeare: Shakespeare, l'uomo più profondo della terra, il creatore umano più sublime?
— E che significa? Shakespeare era un Dio! rispondeva Loredano. Al suo confronto io non sono che un abatino e di conseguenza non scriverò mai più commedie in vita mia...!
— Giuramento da marinaio! interruppe Beatrice ed aggiunse finemente, sorridendo: — Come si intitola quella che stai scrivendo?
Si rise. Il piccolo Luca, pur non avendo capito, vide ridere gli altri e proruppe in un grande scoppio di ilarità.
— Ecco, continuava Farnese, tua sorella ha detto la morale della favola. Eh, eh! mio caro, si nasce autori drammatici come si nasce assassini.
— Il paragone è lusinghiero, esclamò Beatrice.
— Ma molte volte esatto! disse Leonardo ridendo; ed aggiunse: — Soggiogarsi al pubblico? No, no, mai più! Il pubblico.... chi è? cos'è? cosa vuole? Mistero. Sai chi ha detto la vera grande parola sul teatro e sul pubblico? Il tuo Orazio in una delle sue epistolae, quando al rumore degli applausi per un attore che non ancòra aveva parlato, egli domanda al pubblico: Dixit adhuc aliquid? Nil sane. Quid placet ergo? Lana Tarentino violas imitata veneno.
— Io non sono dotta in latino, interruppe la sorella, come Ninon de Lenclos. Vuoi tradurmelo?
— Significa: Disse ora qualcosa? Niente affatto. Ed allora che cosa si applaude? La lana che imita le viole con veleno tarentino. — Poi rivolgendosi a Farnese continuò: — Mio Dio, ora non si applaude più alla lana che imita le viole, ma è certo che le gambe ed i fianchi di un'attrice hanno un'enorme importanza nella riuscita di un'opera d'arte.
Beatrice ascoltava sorridendo quei discorsi uditi tante volte! Talvolta qualche parola di suo marito la riconduceva col pensiero a Claudina Rosiers. Ella non era veramente gelosa di costei, ma sospettava sempre della castità delle visite che Farnese faceva in palcoscenico. Lo amava molto e temeva quelle donne estranee che avevano per lui i fascini e gl'inganni delle ignote. Tuttavia non aveva mai espresso a Giuliano quei suoi timori per un sentimento misto di orgoglio e di rispetto: orgoglio perchè non voleva ammettere la possibilità che suo marito potesse anteporle un'altra donna qualunque; rispetto perchè non voleva stimarlo capace di un tradimento o di una calcolatrice commedia di affettuosità e di devozione verso di lei. Nè Giuliano aveva mai pensato che sua moglie potesse sospettare e soffrire per la sua vita fuori di casa, che era tanta e così turbinosa. Egli traversava l'esistenza con una certa noncuranza, occasionata anche dal fatto ch'egli non reputava tradimenti e colpe quelle sue brevi cadute senza conseguenze sul terreno sdrucciolevole della galanteria facile ed interessata. Così che, riparata alla meglio la frase imprudente del piccolo Luca, egli, non pensando che ciò potesse procurare a Beatrice preoccupazioni moleste, seguitava a parlare della signorina Rosiers con entusiasmo trascendentale. La donna taceva; così che, quando Loredano dimandò se l'attrice esaltata era bella e se era pericolosa per la fedeltà di Giuliano, ella levò sùbito il viso incontro al marito. E stupita che Loredano avesse pronunziato, con la sua ultima domanda, le parole che le si agitavano nella mente, disse, osservando l'impressione che le sue frasi esercitavano sul volto del marito:
— La signorina Rosiers? È veramente bella, ma dicono anche che sia onesta. Sebbene queste assicurazioni sieno il più delle volte erronee, pure ciò mi tranquillizza molto sul conto di Giuliano. Del resto, s'egli penserà diversamente non avrà che a dirmelo ed io prenderò una strada diversa per dignità mia, per mia pace e per lasciarlo tranquillo. Ma tutte queste sono sciocchezze, — concluse ridendo e prendendo la mano del marito — grandi sciocchezze e non vi è nulla di nulla! Non è vero, Giuliano?
Al primo momento di quella uscita inattesa, e mentre Beatrice trasaliva fin nelle più intime fibre per l'ansia di cogliere un'espressione sincera nella risposta di suo marito, questi non si rese subito conto di quel che potesse significare quel discorso; ma poi, prendendo tempo col raccontare ciò che si diceva su l'onestà della Rosiers, potè convincersi che le parole di Beatrice erano quelle di una donna che vuol convincere e rassicurare prima di tutti, sè stessa; intuì, perciò, che bisognava usar prudenza, non per aver agio maggiore nelle sue relazioni, ma per evitare dissidii famigliari e laceranti preoccupazioni a sua moglie; così che, ritrovato il suo sangue freddo, giocò di abilità e di prudenza conchiudendo col dire:
— È appunto per questa sua onestà che tu puoi essere tranquilla su Claudina Rosiers a mio riguardo. Ella cerca un marito e non un amante, un nome e non uno scandalo qualunque. — Poi subitamente e ridendo per aggiungere colore di verità alla sua indifferenza, disse ancòra: — Vuoi esserle presentato, Leonardo? Chi sa che non possiate amalgamarvi.....
I bimbi si erano già levati da tavola e, dopo una debole risata di Loredano, un silenzio imbarazzante si era fatto intorno alla mensa. Al centro di questa, in un gran parterre d'argento cesellato, era una quantità enorme di violette di Parma, la cui seta oscura era interrotta dal velluto di qualche rosa gialla. Farnese aveva ripreso a parlare con molta gaiezza, lieto per quell'ambiente intimo e raccolto; e si compiaceva per le argenterie e le biancherie che splendevano e biancheggiavano ancòra più sotto la bruna ombra di quel tappeto di violette e di rose. Beatrice prendeva dal vaso alcune di quelle violette e le sfogliava lentamente, fogliolina a fogliolina, mentre il marito aveva ripreso a sviluppare le sue idee sul teatro.
— Una commedia, egli diceva, è, come affermava Balzac, l'opera più facile e la più difficile per lo spirito umano: è un giocattolo di Norimberga