Il Miraggio. Lucio d'Ambra

Il Miraggio - Lucio d'Ambra


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ascoltato nervosamente la lettura della commedia. In certi momenti aveva pianto, mentre Farnese ironicamente sorrideva. Poi, andandosene con Savarese, ella aveva guardato lo scrittore con gli occhi ancóra pieni di lacrime, convulsa. Questi era rimasto un momento a guardare la porta donde i due erano usciti. Poi, scosse le spalle, aveva acceso una sigaretta e si era rimesso al lavoro.

      Una settimana dopo le prove erano incominciate.

       Indice

      Egli aveva lasciato Claudina Rosiers dopo quell'invito lanciatogli non ostante la severità di poco prima, ciò che affermava il vivo desiderio dell'attrice di rivederlo ancòra. Egli aveva schivato, durante tutto il pomeriggio di entrare in discorsi troppo intimi con la signorina Rosiers e invece, in quella carrozza e per quelle scale, era stato debole ed irriflessivo come un fanciullo. Era uscito dal teatro con l'intenzione di andar subito a prendere il piccolo Luca, appena riaccompagnata Claudina ed invece le sette e mezza suonavano all'orologio della Trinità dei Monti, quando egli traversava la piazza di Spagna, col bavero di lontra del suo soprabito freddolosamente rialzato. Fermò una carrozza che passava vuota e diede al cocchiere il suo indirizzo, raccomandandogli di far presto. Però appena chiuso nella carrozza, quell'ombra e quel tepore gli ricordarono Claudina; e passando sotto le finestre dell'attrice, lo scrittore non seppe trattenersi dall'accostare il viso al cristallo dello sportello per intravedere, come intravide, la fine figurina di Claudina Rosiers disegnata bruna sul rettangolo luminoso della finestra. Certamente non era amore quel desiderio della compagnia dell'attrice, che l'aveva preso da poche ore. Poteva meglio esser considerato come il fascino di quella giovinezza, come l'attrattiva prepotente di quella verginità ch'ella gli aveva esaltato così orgogliosamente. D'altra parte, egli poteva considerarsi ancòra come un marito amante della moglie, poichè qualche rapida corsa su la pista fallace dei facili amori non poteva considerarsi come un alto tradimento o come la conseguenza di un disamore.... Egli aveva quasi degli obblighi sensuali di rappresentanza. Per la sua fama, per la sua posizione influente, le carezze femminili gli erano esibite continuamente, per brama di scandalo o per curiosità o per guadagno o per desiderio di renderselo amico e favorevole. Pure avendo schivate quante più poteva di quelle voluttuose esibizioni, lo scrittore non poteva sottrarsi ad ogni profferta nè poteva ringraziare e rimandare, semplicemente, ognuna di quelle generose. Gli uomini invidiosi vigilavano poco lontano e Farnese non voleva assumere l'aspetto ridicolo ed umiliante di casto Giuseppe o di marito irragionevolmente fedelissimo. Aveva così conquistato quella abilità, ch'egli chiamava diplomazia amorosa, consistente nel limitarsi al minor numero possibile d'imbarcamenti per Citera, e nel compiere quei pochi innanzi ad una fitta folla di spettatori rabbiosi. Le donne di teatro volevano essere compromesse da lui per avere il vanto di essere sue amanti; nè Farnese chiedeva di meglio; e, se doveva baciarne una, coglieva il momento, tra una quinta e l'altra, in cui i soliti spettatori potessero vedere. Per questa ragione, egli pensava nel tepore di quella carrozza che gli ricordava l'attrice, come le parole e i sospiri di costei potessero non essere altro che una ancòra di quelle voluttuose esibizioni che lo perseguitavano su le tavole dei palcoscenici ed in qualche salotto di donna elegante. Tuttavia Claudina Rosiers non era una donna vana e leggera, nè poteva ammettersi in lei una venalità qualsiasi, poichè i suoi guadagni del teatro erano più che sufficienti alle necessità della sua vita modesta. Inoltre quella verginità ch'ella aveva saputo conservare pur passando per tanti ambienti diversi e corrotti, quella verginità intatta malgrado tante traversie e tante miserie, doveva essere per l'attrice un così prezioso patrimonio da non gettarlo e disperderlo per un trionfo della vanità o per il desiderio di un momento. Se ella, dunque, avesse concesso quel fiore a Farnese, egli avrebbe potuto essere sicuro dell'amore di lei, della passione che la inebriava. Ma egli non voleva quella concessione, intendeva di schivare quella sicurezza su una passione che sarebbe stata o dolorosa o delittuosa. Il ricordo di sua moglie gli attraversò il pensiero e ripensò la devozione di lei, la sua tenerezza, la sua immacolata fedeltà. Ella si sacrificava in silenzio, paga del solo amore dei suoi bambini, cullando l'unico sogno dolcissimo del loro avvenire e della loro felicità. Tuttavia l'assistenza e l'appoggio dell'uomo ch'ella amava non dovevano venire a mancarle, poichè solamente in quelli la buona creatura riponeva il suo conforto ed il suo compenso. L'idea di un più affettuoso riavvicinamento alla moglie attraversava con insistenza il pensiero dello scrittore e gli appariva possibile, poichè, le prove del La Chimera terminando tra pochissimi giorni, egli non avrebbe avuto più occasione di tornare su le scene del Teatro Nazionale e di incontrarvisi nuovamente con Claudina Rosiers. Questi saggi propositi erano a volte spezzati da lampi di desiderio suscitati dal ricordo della bellezza dell'attrice; ma, spento il pallido lampo, i buoni proponimenti tornavano, ed in uno di questi ritorni, al momento che la carrozza si fermava d'innanzi al cancello della sua casa ed il cocchiere discendeva ad aprire lo sportello, lo scrittore aveva deciso di non andare quella sera al Teatro Nazionale e di mandare un biglietto di scusa con un pretesto a Claudina Rosiers, subito, prima che avesse avuto il tempo di mutar parere.

      Nel frattempo egli aveva salito le scale e subito i bambini erano accorsi al rumore del suo ingresso nell'anticamera che una lampada sospesa, coperta da un globo di cristallo azzurro, rischiarava dolcemente. I bambini, che si erano aggrappati a lui anche prima che egli avesse potuto sbarazzarsi del soprabito, gridavano festosamente.

      — È venuto lo zio Leonardo! È a Roma e resterà. È arrivato oggi, dopo colazione.

      — Lo zio Leonardo, qui?

      Mitigato il suo primo impeto di piacere che lo spingeva ad entrare nel salotto dove sua moglie era con suo fratello Loredano, lo scrittore ricordò la lettera da scrivere a Claudina, e volendo scriverla subito come aveva saggiamente deciso, prese i bambini per la mano, e parlando sottovoce, raccomandò loro il silenzio: poi con aria comica e misteriosa, li condusse nel suo gabinetto da lavoro. Il piccolo Luca e la bionda Anna Maria lo seguivano, gravi e compunti, interessati ed incuriositi da quel mistero, camminando su le punte dei piccoli piedi.

      Nel gabinetto da lavoro del papà si sedettero su due grandi seggioloni, ove rimasero, senza pronunziar parola, tutto il tempo che Farnese impiegò a scarabocchiare sopra un cartoncino queste poche righe:

      Lunedì sera,

      «Mia buona Claudina, l'uomo propone e le combinazioni dispongono. L'arrivo, annunziato per stasera, di mio cognato Leonardo Loredano mi vieta di venir da voi, come vi avevo promesso, a godere un poco della vostra compagnia in quel vostro così intimo camerino del Teatro Nazionale. Perdonatemi e compatitemi.

      Farnese».

      Poi, mentre lo scrittore chiudeva la busta e vi segnava il nome e l'indirizzo di Claudina Rosiers, i due bimbi si erano avvicinati al padre ed il piccolo Luca aveva dimandato con la stessa aria di mistero, usata poco prima da Farnese:

      — Devo chiamare Stefano per mandare quella lettera?

      Poi, presa la lettera dalle mani del padre, con una comica serietà, l'aveva tesa al domestico comparso alla chiamata, dicendogli:

      — Questa lettera al suo indirizzo e sùbito.

      Uscito il domestico, i bimbi si arrampicarono alle spalle del padre, ridendo e gridando così forte che la voce della mamma li richiamò dalla stanza vicina. Allora Farnese, più tranquillo, era entrato nel salotto, dove Loredano, seduto presso la sorella, si scaldava le mani a un'ilare fiammata.

      — Finalmente sei rientrato, disse Beatrice, ma bisogna compatire l'autore drammatico nell'esercizio delle sue funzioni. È vero, Leonardo?

      Leonardo si sciolse dall'abbraccio di Farnese per rispondere alla sorella, ma la sua risposta fu troncata dai gridi dei bimbi che, pieni di gioia, saltavano e battevano le mani intorno allo scrittore. Beatrice si rivolse al marito e domandò con la sua dolcezza abituale e pensierosa:

      — Resti in casa, stasera?

      — Tutta la serata: metà per te, metà per Leonardo.

      — Ti ringrazio per la mia metà, disse ridendo Leonardo e ritornò accanto al fuoco per tendere le mani verso la fiamma brontolante.

      — Sono enormemente stanco, diceva


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