La carità del prossimo. Bersezio Vittorio
snocciolava fuori gli affari di tutti i casigliani.
La moglie del pittore, a metterla fra le bracone (per dirla alla toscana) non le si faceva gran torto: epperò ebbe a dilettarsi non poco delle visite e delle ciarle del signor Agapito.
Antonio, se avesse osato andar contro ai borbottamenti della sua donna, se non avesse temuto d'essere soverchiamente incivile verso il farmacista, avrebbe volentieri preso costui per le spalle e messolo fuori dell'uscio con una viva raccomandazione a non più tornarci, tanto e' gli dava sui nervi; ma il buon uomo non era e non sarebbe stato mai capace di tanta risoluzione e di tanto coraggio.
Era trascorso quasi un anno, quando una bella volta il signor Agapito fermò il pittore che passava, e gli disse con un piglio affatto nuovo, tutto piacenteria:
—Mio caro signor Vanardi, vorrei parlarle d'una cosa.
—Parli pure.
Lo speziale annasò una presa e ne offerse ad Antonio che, come sempre, fece un cenno di no, tirando in là la tabacchiera e la mano di Agapito.
—Ah, ah! Ella rifiuta, perchè non ne fiuta: disse questi grattandosi il naso lungo e sottile e ridendo grossamente. Oh, oh! il bisticcio non è cattivo. Lo dirò al suo amico il signor Selva, che passa per uomo di talento, perchè fa dei versi e scrive delle sciocchezze su pei giornali.
—Che cosa è che la mi vuol dire, signor Agapito? ridomandò Vanardi impaziente.
—Ecco qui.
Additò le due tavole di legno screpolate che ornavano i battitoi della sua bottega: sovra esse erano a mezzo cancellati due gran vasi dipinti con avvolti intorno due serpenti verdescuri.
—Ecco: queste mostre di bottega sono già un po' scadenti. Le serpi hanno perso le squame e somigliano anguille: e i vasi, altro che di marmo, paiono di gesso sporco. La mi dovrebbe, lei che ha un sì valente e facile pennello, rimpiastrarmi costassù qualche bella dipintura a suo modo, che sarebbe per me proprio quel che ci vuole. Oggidì, la vede, anche le spezierie si mettono in isfarzo e sembrano salotti da coiffeurs di Parigi: le medicine fanno competenza ai sorbetti in punto a specchi ed ornamenti delle botteghe in cui si spacciano. Lo speziale X ha addobbato il suo fondaco che pare una sala da ballo: è vero che se ne ricatta vendendo susine per tamarindi, corteccia di salice per china, ed ogni fatta porcherie per droghe… Ah, mio caro signor Antonio, non è spacciando roba buona e governandosi onestamente, come noi si fa, che si diventa ricchi di quella guisa. Il signor X ha più di ventimila lire all'anno, sa! Eh! ce ne vuole della cassia a metterle insieme! Ma quel birbo là è sempre stato un ladro, ed è perciò che ha sempre avuto fortuna. Mi ricordo che quando ha cominciato…
Vanardi a cui stava troppo a cuore un'ordinazione di lavoro, l'interruppe, ma sforzandosi a sorridere il più amichevolmente che potesse.
—Ella dunque, signor Agapito, vorrebbe ch'io dipingessi a nuovo queste mostre?
—Appunto. La vede: il legno è buono…. qualche tarlatura, ma con un po' di mastice, gli è nulla. Senta come suona!—E vi picchiava su colla nocca delle dita.—Una lisciatina di che so io, una figura, due fregi, una mano di vernice ed avranno un rispicco da farne stare ammirato chi passa.
—Bene. Lei ha detto una figura, vorrebbe dunque surrogare questi vasi?…
—Oh quanto a ciò faccia lei. Ho detto una figura così per dire…. Ma non ho voluto dire nè una figura rettorica nè un'algebrica…. oh, oh, oh! Ha afferrato il bisticcio? Non è cattivo…. Dunque, ci metta ciò che vuole, purchè sia qualche cosa d'acconcio…. Per esempio se fossero i due ritratti d'Ippocrate e di Galeno… C'è qualche farmacia che li ha… Due personaggi da capo a piedi con aria severa, una gran barba, un manto, andrebbe addirittura a meraviglia. Ma non la voglio mica legare…. L'ispirazione… Oh so anch'io cos'è l'ispirazione… Dunque la lascio affatto libero. Le manderò su di quest'oggi pel garzone al suo studio le due tavole. Non c'è nulla che prema… affatto nulla: ma se non avesse più pressanti lavori… quanto prima si può sfoggiarla e meglio è… insomma, se me le desse per la fine dalla settimana entrante, mi sarebbe molto a grado.
Vanardi in quel tempo, e già da troppo ciò gli avveniva, non aveva precisamente nulla da fare. Il bisogno di denaro cresceva in ragione inversa alla mancanza del lavoro; e questa che gli parve una bella e buona proposta dello speziale gli tornò come una benedizione della fortuna. Non istette a discorrerla davantaggio, e promise che pel tempo accennatogli i due eroi della medicina, dalle loro tavole di legno, inviterebbero i passeggeri a purgarsi colle droghe di messer Agapito.
Bene ebbe in pensiero di domandare fino dapprima un prezzo, ma secondo il solito glie ne venne meno il coraggio, e si quietò nel pensiero che per quanto poco volesse lo speziale pagarlo, n'avrebbe sempre avuto tuttavia da comprar pane per un poco di giorni alla sua famiglia.
Ci si mise intorno a tutt'uomo, impiegò in questo lavoro tutti i colori che gli rimanevano ancora e tutto il suo talento; fece due faccie storte che lucicchiavano meravigliosamente collo splendore della loro fresca vernice.
Messer Agapito lodò molto l'artista, ma non parlò di pagare. Antonio aveva sempre sulle labbra la parola per dimandargliene il prezzo, ma non la osava pronunciar mai: i debiti crescevano, i bimbi strillavano da mane a sera e la moglie borbottava senza soluzione di continuità.
Voi direte:—Questo tuo protagonista è uno scioccone che si merita la sua sorte. Perchè si è ammogliato, se non aveva fortune da mantenere la sua famiglia, se non aveva talenti da guadagnarsene il sostentamento? Perchè fare il pittore se non era buono che a scombiccherar faccie storte? Perchè ha dato la vita a quattro creature, le quali non avrebbero sofferto di miseria quand'egli non le avesse fatte venire al mondo? Perchè sopratutto ha sposato una moglie borbottona?
Egli, se vi udisse, potrebbe rispondervi:
—La mia Rosina era più mite d'un agnello quando me la sono sposata. Le volevo bene; era sola, onesta o belloccia, e perchè la era povera, avevo io da sedurla ed abbandonarla? Sono un onest'uomo, corpo di Bacco! Allora io, oltre la tanta buona volontà di lavorare, aveva le illusioni della prima giovinezza, che mi dipingevano in tinte ridenti l'avvenire; aveva la lusinga d'essere o di poter diventare un buon pittore e la speranza di poter guadagnare col mio pennello tanto quanto colla punta dei piedi un maestro di ballo. Che colpa ne ho io se le mie illusioni ebbero il torto marcio; se il lavoro non venne; se mio zio il droghiere non volle mai più perdonarmi; se mia moglie si ostinò a volermi far padre quattro volte; e se per soprammercato le sciagure la fecero dispettosa e peggio?…
Ma qui sarà meglio che, senz'aspettar altro, io entri a darvi maggiori e più intime informazioni di questo povero diavolo.
Attenti bene!
II.
Suo padre era Regio Liquidatore, e il fratello di suo padre teneva fondaco di droghe e robe vive, come dice la lingua bara delle insegne. Papà Vanardi avvezzo a liquidare gli averi e i debiti altrui, liquidò anche le sostanze proprie; e un bel giorno si trovò al verde, poco meglio di quella condizione in cui si trovava il figliuolo nel momento in cui comincia questo racconto. Suo fratello il droghiere, per contro, aveva visto prosperare benissimo il suo commercio, ed era riuscito a mettere in disparte un capitale da fare invidia ad un banchiere e ad un impresario Egli voleva bene a suo fratello, era il padrino del piccolo Antonio, e il pepe e la cannella non gli avevano guastato il cuore, Raccolse in casa sua fratello, cognata e nipote, e disse gravemente pizzicando la gota rubiconda di quest'ultimo:
—Alla sorte di questo birboncello ci penserò io. Ne faremo qualche cosa di grosso, lasciate stare… Antoniuccio, che cosa vuoi tu diventare?
Il ragazzo che vedeva quasi tutti i giorni sfilare sotto le finestre dell'appartamento paterno i reggimenti della guarnigione che andavano in piazza d'armi e che restava ammirato alla vista di quel bell'uomo grande e grosso che camminava primo di tutti con una famosa mazza in mano, e nelle occasioni