La carità del prossimo. Bersezio Vittorio

La carità del prossimo - Bersezio Vittorio


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mio zio, cioè pel suo fondaco, una insegna, una bella insegna, una grande insegna, una strepitosa insegna…. Oh! la vedo già dinanzi a me come se fosse fatta: un metro di altezza su quattro di lunghezza: in essa una dozzina d'amorini, più, due dozzine, anche più, tre, quattro se occorre…. d'amorini nudi e belli come il sole. L'uno porterà una scattola di pepe, l'altro un pane di zuccaro, il terzo cioccolato, il quarto caffè, un quinto un mazzo di candele, un sesto una matassa di cotone e via dicendo…. Sarà un'opera bella, stupenda, sublime, grandiosa. Glie la mando al fin del mese come omaggio di capo d'anno. Ei la fa appiccare sopra la porta del suo fondaco. Tutto il quartiere ne va in rivoluzione: un'ammirazione universale. Ogni giorno si fa un'assembramento in istrada di entusiastici spettatori col muso in aria; e la bottega non si vuota più di gente che vuol procacciarsi l'onore di comperare all'insegna degli amorini. Chi è l'autore di quel capo lavoro? domandano tutti. Antonio Vanardi: risponde la fama. Le commissioni fioccano nel mio studio, e dietro queste i denari e la gloria. Intanto mio padrino, commosso, lusingato, avvantaggiato da questo mio successo, mi spalanca le sue braccia e la sua cassa, e….

      —E tu sei un matto da legare: interruppe con impeto Rosina.

      —Perchè matto? Perchè vuoi gettare un secchio d'acqua sulla fiamma suscitata dal mio entusiasmo d'ispirazione?

      —L'entusiasmo non ti darà i denari che bisogneranno per comprare solamente i colori che ti occorrerebbero….

      —Ah! questo è vero: disse Antonio raumiliato, grattandosi il capo.

      —E d'altronde, continuava Rosina, ancorchè tu riuscissi a fare questa insegna, tuo zio la caccerebbe sul fuoco e farebbe assai bene; e non ti darebbe mai un soldo, nè più nè meno di quello che ha fatto fin adesso…. Ah! se tu volessi, lo saprei ben io un mezzo possibile di salvarci pel momento… Ma tu sei così strano, così incaponito in certi punti…

      —Incaponito? Niente affatto… Suggeriscimi soltanto un mezzo conveniente, e vedrai. Se tu dunque hai un rimedio, fuori Rosina, e quando la sia cosa che io possa fare onestamente, mi ci metterò con testa e braccia e gambe, e tutto quanto.

      —Se tuo zio è un uomo senza briciolo di pietà, e ci son bene ancora nel mondo certe sante persone che hanno carità pel povero prossimo…

      —Buono! interruppe Antonio, crollando egli a sua volta le spalle. La carità del prossimo a questi lumi di luna!—Eh sì, valla a cercare.

      —Lasciami dire in tua buon'ora, benedett'uomo che tu sei!… C'è una degna signora… o che? una marchesa in sul sodo… To', la dimora giusto qui vicino, nel palazzo qui accosto alla casa del signor Marone, il primo a man destra andando fuori.

      —Eh, so bene chi vuoi dire…

      —Sì, neh?… Mi dissero che il suo appartamento, lì al primo piano nobile, è tutt'oro dal pavimento al soffitto… Ebbene quell'eccellente signorona… la è vecchia ed impotente e non può più andare attorno che in un carruccio che si fa spingere da un bell'uomo più alto di te di tutta la testa, con una gran bella barba nera, e quando esce, con un gran bell'abito di color verde ricamato in oro e una bella sciabolona al fianco e un bel cappello montato a piume che pare un generale e che chiamano il cacciatore—l'uomo non il cappello…

      —Oh! un bel coso…

      —Bello sicuro… E quando la marchesa e' l'ha messa di peso nella carrozza, come io faccio di Carlinuccio per metterlo nella culla, e' sale di dietro su quel trespolino, e vi sta ritto, impettito, che vi fa la più bella vista del mondo. E che le male lingue gliene appiccan di sonagli, e di costei e di colei, e della moglie dell'oste, e della figlia del salumaio, e…

      —Va bene, va bene: interruppe Vanardi; ma che ci avrei da fare io colla signora marchesa e col suo cacciatore?

      —Sta a sentire. Ella fa carità a tutta la gente che a lei ricorre, e non v'è poveretto che entri colà dentro, il quale non esca con una bella manciata di denari… Se tu vestissi il tuo soprabito color marrone… il solo che te ne resta… e te le presentassi…

      Antonio fece una smorfia.

      —E che ti frulla adesso? Vorresti ch'io n'andassi a domandar l'elemosina? Piuttosto, piuttosto…

      —Uh! uh! Ecco lì il superbioso!… Piuttosto lasciar schiattar moglie e figliuoli di fame neh?.. Di' che non vuoi far proprio nulla e che ti aspetti da neghittoso che ti piova la manna sulla bocca…

      —Fa il piacere Rosina; non suonarmi di questo strumento, non sono fatto per codeste umiliazioni io. M'acconcerei prima a pormi sulla cantonata con una gerla sulle spalle; to', vedi quel che ti dico.

      —Ed io ti ripeto che sei un basoso con delle scioccherie e dei fumi, null'altro… Oppure, se te ne paresse meglio, in faccia a noi, al secondo piano, dove vi sono quelle finestre sempre colle tendine sì accuratamente tirate ai cristalli, ci sta quell'uomo… quel grand'uomo… sai bene!… quel brutto, grosso, col capo insaccato nelle spalle, colla pelle del color del prosciutto… Ah! per brutto egli lo è daddovero… che lo chiamano fil… fal… fila… filo… com'è che si dice?… filanpetro…

      —Filantropo.

      —Giusto. Il quale vuole non ci sia più della povera gente, e che se badassero a lui tutti mangerebbero beccafichi, e che scrive giù un giornale, ma di quelli! su cui dice chiaro e tondo il con e il ron delle cose, come sono i signori che affamano i poveri diavoli, e che si dovrebbe…

      —Rosina! Dove diavolo sei andata a pescare tutte queste fandonie?

      —Gli è messer Agapito che mi ha detto…

      —Ah! gli è quel caro signor Agapito! Ma e' ci viene dunque sempre in casa mia?

      —Per sua bontà, tutti i giorni: egli era qui poc'anzi, prima che tu tornassi. Ed è stato lui a consigliarmi di ricorrere dalla signora marchesa o da quel signore… come si chiama? Lo speziale aggiunse che quest'ultimo fa benissimo il suo interesse parlando e scrivendo sempre di quel d'altrui: ma tu sai che quel caro uomo è un po' maldicente…

      —Un po'!… Cospetto! È la mormorazione fatta uomo… Ma quel caro messer dovrebbe piuttosto pensare a pagarmi l'opera mia. Non ti ha mai detto nulla a questo proposito?

      —Sì… Me ne parlava ancora questa mattina.

      —Ah! E che diceva egli?

      —Che avendogli tu dipinto quel suo ipocrita…

      —Ippocrate.

      —Sì: Iporcate e Baleno, egli ci avrebbe sempre gratuitamente resi i suoi servizi…

      —I suoi servizi!… Eh! me ne infischio io de' suoi servizi… Poichè la va così, corro giù tosto e mi spiego aperto con esso lui…

      In questa un discreto picchiare all'uscio li fece stare entrambi.

      —O mio Dio, ch'egli è il padrone di casa: disse Rosina allibita.

      —Diavolo! diavolo! sclamò Antonio grattandosi con furore il capo.

      E dal di fuori si tornava a picchiare, ed una voce dolcereccia cacciava dentro pel buco della toppa queste parole:

      —Aprite: son io.

      —Gli è proprio lui. Mi vien voglia di rispondergli che in casa non c'è nessuno.

       Indice

      Antonio fece forza per darsi un contegno tranquillo ed un fermo aspetto, e si mosse per andare ad aprire. Ma egli era appena venuto fuori dal paravento che spartiva la stanza, quando il signor Marone, trovato l'uscio chiuso soltanto col saliscendi, aveva levata la stanghetta, sospinto il battente ed entrava dicendo:

      —È permesso? Si può? Scusino.

      —Oh, signor Marone! esclamò Antonio inchinandosi con tutta la mostra della civiltà. Sia


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