I drammi de' campi. Emilio Raga

I drammi de' campi - Emilio Raga


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      Lola intanto non compariva, e il giovine n'era proprio indispettito: via, dopo un anno quasi che non lo vedeva, avrebbe dovuto essere un pochino più sollecita: non avrebbe fatto l'istesso lui…. no certo…. ma lui l'amava, e lei chi sa….

      Ma quel suo monologo interno fu interrotto in punto dalla comparsa della fanciulla…. Oh, quanto s'era fatta più bella! S'avanzava con una certa esitazione, con un certo imbarazzo, i quali davano una grazia nuova al suo corpo grande e ben formato che non mancava di flessuosità e d'eleganza, mettevano in quel caro visetto un non so che, che lo rendeva adorabile. Non erano i suoi occhi no, che l'ingannavano, o la dubbia luce della sera, s'era fatta più bella.

      Gli si fece incontro, e gli strinse la mano tutta commossa, e gli domandò notizie dello zio, della zia, di lui, con le solite carezze nel tono della voce, e negli occhi. Già ora egli si chiariva del perchè di quel ritardo: l'aveva vista di volo nel vano del terrazzino, ma poteva giurare che in luogo di quel nastro celeste, su' suoi capelli c'era un fazzoletto a scacchi rossi e neri…. e il lembo dello sottana, ch'era scomparso rapidamente, gli pareva di vederlo ancora, non era grigio per certo: e quella cipria sul viso…. no, essa non adoperava la cipria ogni giorno. Dunque s'era fatta bella per lui. E una viva tenerezza aveva già cacciato il dispetto, quel brutto dispetto che gli aveva fatto fare il proponimento d'andarle incontro tutto gaio e indifferente, e d'indirizzarle un complimento che voleva essere anche un frizzo.

      Quella sera anche padre don Giuseppe, che gli era stato sempre antipatico, non gli parve più, quello. Quando il prete comparve sulla soglia dell'uscio con un «buona sera a tutti quanti» che rintronò la stanza come il mugghio d'un toro, e un «oooh, don Giovannino! ben arrivato!» direttogli con tutt'e due le mani stese, il giovine confessò a sè stesso d'essersi ingannato sul conto suo: via, in quel faccione d'appoplettico, non si poteva negare, una certa espressione di di bontà c'era, e quell'alta persona, dalle membra enormi, non aveva proprio quell'andatura stupida d'un bruto che l'aveva colpito altre volte. Spesso l'aveva pensato, spesso aveva esternato quel suo pensiero in famiglia: «quel prete m'ha tutta l'aria d'un birbante» aveva giudicato leggermente. I suoi occhi grigi, lucenti come acciaio brunito, eran duri…. ma egli poteva anche affettarla quella durezza…. quanti non c'è che hanno il ticchio di mostrarsi diversi da quel che sono! ne aveva conosciuti lui di quelli che si studiavano a farsi una cera burbera, mentre in fondo eran gli uomini più buoni del mondo….

      Ma venne l'ora della partita, e don Alessio non transigeva: si preparò il tavolino, con il lume, le carte, e le solite fave per gettoni; i due avversari presero posto l'uno di faccia all'altro, motteggiando; donna Costanza sedette al suo con la calza.

      —Coppe.

      —Bastoni…. Danaro.

      —A lei. E al tono della voce, e al modo che don Alessio pronunziava quel «a lei» si capiva che cominciava a stizzirsi.

      —Bastoni…. Sei di napoletana.

      Il solito pugno di don Alessio, le solite recriminazioni.

      I due giovani, in piedi vicino al tavolino, se ne stettero un pezzo a veder giocare: si guardavano sorridendo all'escandescenze del vecchio. Quando donna Costanza s'alzò, chiamata dalla serva tutta in faccende per il nuovo ospite, prima l'una, e poi l'altro, vennero nel terrazzino. Giovanni rientrò a prendere due sedie, e sedettero.

      Era una sera senza luna, con un bel cielo stellato.

       L'arma mi sentu nnesciri

      canticchiava lo stalliere con voce di canna fessa, e per la campagna silenziosa vibravano i tocchi lenti della campana del paese, la quale annunziava un'ora di notte.

      —Questo è il momento…. pensò Giovanni: e il cuore gli si mise a battere come se volesse saltargli fuori dal petto. Pensò e ripensò a una frase tanto per cominciare il discorso, ma non gli riuscì di trovarne: il suo cervello era vuoto. Si stizzì, si rimproverò d'essere uno scolaretto, un uomo dappoco. Fu lei, che, con la sua voce melodiosa, ruppe quel silenzio imbarazzante.

      —Ti sei divertito a Palermo?

      —No…. cioè…. così così…. Esitò ancora un poco, poi, per uscire da quel ginepraio, si mise a parlare di teatri, di serate deliziose passate alla villa, di scampagnate fatte con amici, di bagni….

      La fanciulla aveva inarcate le sopracciglia. Non stava certo in pena il signorino lontano da lei…. E in un lampo intravvide la figura della figliuola del negoziante, com'essa aveva cercato di rappresentarsela le tante volte pensandoci, dal giorno che aveva sentito dire qualche cosa in proposito. Essa andava certo ai bagni…. Giovanni l'aveva vista…. non lo diceva, il perchè era chiaro! alla sola idea che il giovine avesse potuto veder colei nell'acqua, ricoperta d'un semplice velo di mussolina, le si strinse il cuore. Oh, no, non approvava che le signore, e in ispecie le ragazze, andassero a bagnarsi con gli uomini; lei ne sarebbe morta di vergogna.

      E glielo disse secco secco.

      Ma lui, non essendosi accorto di quel mutamento repentino nel viso, e nelle maniere della cugina, le dava la berta. Via che c'era di male, tutte lo facevano: era uno de' tanti pregiudizi che l'uso avrebbe finito col cancellare.

      —La moda, cara mia, la moda,… E parlò della moda, e poi di passeggiate e d'equipaggi. Egli voleva incoraggiarsi con quel diluvio di parole; però non ci riusciva.

      —E tu, disse infine quand'ebbe esaurito anche quel tema, com'hai passato il tempo?

      —Al solito, rispose lei: qui, lo sai, non ci si può divertire certo come a Palermo.

      E disse quest'ultime parole con un leggiero tono d'amarezza.

      Allora il giovane si accorse di quella sua cera brusca, e ne fu proprio sgomento. Che aveva dunque!… che le aveva fatto!… Non era molto, essa lo guardava con la solita dolcezza, n'era sicuro…. Perchè allora? Non ci si raccapezzava. E maledisse in cor suo la disgrazia che lo perseguitava. Qual più bella occasione di questa? Ora era perduta completamente: egli non aveva il coraggio di dirle una mezza parola di amore vedendola a quel modo. E mise un sospiro, e si contentò di guardare con la coda dell'occhio la manina che la fanciulla aveva abbandonata sul grembo. Se non fosse stato per quella diavoleria a lui ignota, forse a quell'ora stringerebbe tra le sue quella manina gentile e graziosa.

      IV.

      Il vecchio orologio a pendolo, chiuso in un armadio impiallacciato, sonò l'ora canonica, e si fissarono al solito l'ultime tre partite.

      —Resterà a far penitenza con noi stasera, disse don Alessio al prete. E questi accettò con un sonoro «grazie» mentre un largo sorriso rallegrava quel suo faccione da frate gaudente. Corbezzoli! quella sera si doveva mangiar bene in casa dell'amico, s'era soliti di festeggiar sempre l'arrivo del nipote…. c'eran certi atomi odorosi nell'aria che venivano dalla cucina, da far credere che si mangerebbe carne…. Umh….

      E giocò distratto, e perdette con gran piacere del vecchio, che lo veniva stuzzicando con un mondo di monellerie.

      Un'insalata di lattughe dalle foglie crespe, metà d'un verde tenero, metà d'un bianco gialliccio, una montagna di costole di castrato arrosto il cui odore aveva fatto perder la bussola al reverendo, de' funghi delle Madonie con salsa d'acciughe, varie sorta di frutta, ecco il solido di quella cena di provincia: rappresentava il liquido un vinetto nero, un po' frizzante, ma buono in fondo, e che il prete tracannava a gran bicchieri.

      Egli parlava poco: macinava a due palmenti: e restringendosi ad approvare spesso col capo, o con qualche «già» con qualche «sicuro» con qualche «è fuor di dubbio» messi con arte a posto debito, ascoltava don Alessio che aveva preso l'aire nel suo discorso favorito. Quella mattina era sceso al paese per certi suoi affari, quando, vicino alla chiesa, gli s'era attaccato a' panni don Castrenze, il già sindaco. Aveva un diavolo per capello quell'uomo, per il tiro che gli aveva giocato il partito contrario con alla testa i bottegai, tutti borbonici sino alla punta delle unghie. Imbecille! lo sapeva lui don Alessio, chi era stato a accoccargliela…. E chi era stato aveva fatto benone, perdinci! Oramai eran tutti ristucchi di quell'inetto ch'era diventato


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