Manfredo Palavicino, o, I Francesi e gli Sforzeschi: Storia Italiana. Giuseppe Rovani
dei remi, e le voci e le grida che si allontanavano, lasciò che svanissero del tutto, anche gli ultimi suoni più fiochi e lontani lontani, e quando la nebbia non essendo più attraversata dalle torcie e da nessun altro lume tornò a ravvolgerci nella sua fitta caligine, e il silenzio, un profondo, un orrido silenzio ci circondò da tutte le parti… si volse a me. Per quanto io fossi sopraffatto, per quanto io mi sentissi perduto, puoi credere che io stavo pronto, e aveva impugnata la mia daga grossa e a due tagli. Il Lautrec fermo l'occhio su quella, poi guardò a me, come se esaminasse parte a parte tutta la mia figura. Pareva mi volesse dire più cose ad un punto, ma i labbri tremanti pel furore non gli permettessero di parlare…. Del resto non ti saprei dire come fosse veramente… chè in quel punto io non era bene in me stesso. Ma proruppe poi a un tratto, e con quella sua voce nasale mi disse in francese mille arruffate parole, di cui altro non compresi se non che mi preparassi a morire, che la sua vendetta mi avea ghermito finalmente, che forse poteva esser l'ultim'ora anche per lui, ma in ogni modo non gli avrei mai sopravvissuto… e così grado grado facendosegli più aspra e terribile la voce, mandò nel suo bretone altissime imprecazioni, imprecazioni lamentose insieme e feroci, pareva un tigre ferito… e di slancio si gettò su me furibondo con tutta la persona. Ma, come doveva succedere, la barca gli sfuggì sotto, allontanandosi tanto che la fiamma della torcia si nascose dietro al nebbione, come dietro a un fitto velo, e lui cadde sull'orlo del mio schifo, che a quel peso accresciuto dalla caduta si ripiegò su d'un fianco al punto d'andar sott'acqua. Così in quel primo assalto costretto ad attaccarsi tenacemente al fianco del navicello, colui non potè niente lavorare col suo spadone, ma nè io pure avendo, pel trabalzamento, perduto al tutto l'equilibrio, potei difendermi, e caddi addosso a lui. L'acqua entrò allora nello schifo e, per quanto io fossi sbalordito, m'accorsi che non si aveva ormai più a morir di ferro l'uno per l'altro, ma sì tutt'a due annegati in un fascio, e fu tanta la mia disperazione allora, che colla daga menai più colpi al Lautrec che si riscosse, e intanto che l'acqua gorgogliando gorgogliando finiva di sommergere lo schifo, mi fece pure alquante ferite col taglio dello spadone. E allora, quasi a un punto, era un moto d'istinto? lasciammo ambedue i ferri all'acqua, ed io mi diedi a menar le braccia con una forza disperata e furibonda.
La nebbia non era ormai più rischiarata che da un cerchio rosso e fioco, formato dalla torcia dello schifo del Lautrec che, trasportato dall'acqua stava per scomparire del tutto ed era lontano lontano. Vedi che se fossi anche stato solo era bastante orrore, bastante pericolo per morirne, ma quell'atroce uomo mi veniva d'accosto inesorabile, e imprecava anche con certi muggiti sordi… un pesce cane mi avrebbe dato minor travaglio. Intanto io mi affannava per raggiunger lo schifo di lui che galleggiava in lontananza, e tanto potei fare, che mi vi accostai, nè solo m'accostai, ma potei anche aggrapparmivi agli orli. Respiravo un momento, e fu allora appunto che mi parve di sentire un altro rumor di remi affrettato…. Altre voci…. Mi si allargò l'animo del tutto, e mi credei salvo, mando un grido, uno strillo acuissimo per dare un avviso di me… ma in quella mi sento afferrar per le gambe come da una tenaglia che stringe e morde, e a dar tirate e squassi tanto che le mani lacerate mi si staccarono dagli orli. Il Lautrec era già tutto sott'acqua, nè potei capire come fosse stato, e tirava in giù sempre con forza più tenace. Mi vidi di nuovo, e irrimisibilmente perduto, nel punto medesimo ch'io vedeva prestissimo l'aiuto, poichè molte barche mi si erano già scoperte, barche di pescatori, ed io seguitavo a gridar alto. Ma quando una voce s'udì fra quei silenzi a domandare: Chi è qui? Chi annega qui? io non ho potuto parlar più. L'acqua salsa m'entrava pel naso, e tratto in giù precipitosamente, già mi si velavan gli occhi. Di que' momenti non ti posso dir altro.
Ma tu vorrai sapere in qual modo io sia ancor qui vivo e sano. La cosa è assai facile ad intendersi: a que' pescatori venne fatto riscattarmi. Io mi risvegliai su d'un povero letto, avvolto in coperte di lana, tutto fracido di sudore, e chi mi raccolse mi raccontò poi come, alcuni momenti dopo che avean raccolto anche l'altro annegato che non dava segni di vita, loro si era scoperta una barca di Francesi che pareva vogassero in traccia di qualcheduno, e saputo com'era il fatto, pagarono alquanti fiorini d'oro a' pescatori e condussero con loro il Lautrec. A quanto ne ho congetturato, bisogna che, quantunque costretti dai comandi minacciosi del Lautrec a lasciarlo affatto solo con me, pure, veduto scorrere sì gran tempo, e sospettando, com'era ragionevole, qualche grave sciagura, più che il timore dello sdegno del Lautrec che in vero avrebbe messo sossopra tutto l'esercito, abbia potuto il timore di perdere un così gran personaggio, ed una delle più valorose spade di Francia.
Così non riuscì al Lautrec nè di trarre, per allora, nessuna vendetta di me, nè della duchessa, che s'era chiusa in castello e assai bene fortificata, e due dì dopo, avendo le truppe francesi abbandonato quel paese, anche lui, sebbene per le ferite non potesse reggersi, dovette lasciarsi trasferire in Francia, dove il re lo aveva richiamato, conducendo seco un suo fanciullo di pratica altamente secreta, e intorno al quale correvano per Rimini molte e diverse voci; d'allora in poi più non ebbi ad incontrarmi con lui; ma alla battaglia di Novara, dove la barbuta savoiarda mi ferì a tradimento, subito mi venne in mente il Lautrec, e ho tentato ogni mezzo per cavar di bocca la verità all'assassinio; ma il suo labbro era di marmo e morì senza dir nulla. Allora il dubbio che mi sorse in mente si dileguò a poco a poco, e non sarebbe mai più risorto se l'attentato di ieri non mi avesse fatto ripensare al Lautrec.
Del resto io t'assicuro che un simil fatto ha prodotto in me assai più meraviglia che altro; chè io avrei temuto bensì ogni peggior cosa dal Lautrec, ma da lui medesimo, a corpo a corpo, stimandolo sin qui, come tutto il mondo ancora lo stima, tanto onorato quanto feroce. Ben è vero che la forza dell'odio è prepotente, e può bene avergli fatto cambiare anche il costume, e sprezzare ogni legge di cavaliere; non so poi se in questi tre anni sia intervenuto nulla alla signora di Rimini, ma in ogni modo temo che quel che non è avvenuto avverrà di certo, che quell'uomo, come ho dovuto accorgermi, non dimentica e non riposa.
CAPITOLO IV.
Ma per lasciare una volta quest'uomo, continuò il Palavicino, altre cose mi avvennero in quel torno di tempo, e fu in quell'occasione che per la prima volta potei conoscer dappresso la Bentivoglio. Non ebbi dunque nemmen campo di riavermi dalle ferite e da una violentissima febbre che spesso mi induceva in lunghi deliri, che altre forti e dolorose scosse eran preparate per me. E quando trovandomi bene oramai e avendo risoluto partirmi di Rimini, mi volli recare a ringraziare, com'era dovere, e a prender licenza dalla signora che sempre aveva mandato a prender notizie di me, m'incontrai, mentre metteva il piede in palazzo, in un tale che era suo famigliarissimo, il quale mi dice:—Due mesi fa cotesto palazzo poteva benissimo non avere invidia del paradiso, ma ora è diventata la casa del pianto; e alla signora, che dopo quel che è avvenuto s'è concentrata in se stessa, che non si sa più tanto che si pensare di lei, vennero a far compagnia altri sventurati. Già vi sarà ben noto come i Papalini siensi impadroniti di Bologna, e i Bentivoglio abbian dovuto fuggirne a furia. Ebbene, son qui padre e figlia. Il magnifico signor Giovanni e la Ginevra si son rifuggiati presso la duchessa.—Questa notizia mi fu causa di dolore e di piacere a un tempo, e per tutte le ragioni fu tale insomma, che mi fece risolvere a fermarmi ancora in Rimini. Ebbi a meravigliare però che il Bentivoglio avesse voluto scegliere quel luogo per suo rifugio chè certo non era il meglio adatto, e toccatogli di ciò a quel tale che mi diede l'altre notizie, soggiunse: che il motivo veramente dell'esser venuto colà era tutt'altro da quel che il Bentivoglio aveva voluto far parere, ed ecco com'era la cosa.
Il Bentivoglio sapeva che Giampaolo Baglione, signore di Perugia, non era ancor partito di Rimini, e al medesimo, che vedovo per la terza volta gli aveva chiesta la figlia due mesi prima, ed era rimasto senza risposta, veniva ora ad esibirgliela in fretta e in furia, sembrandogli in quell'improvvisa sua sventura, far grandissimo guadagno, e sperando per quelle nozze confederarsi stretto al Baglione, che era il più potente signore della Romagna e tutta cosa de' Francesi, e poter meglio così tentar l'impresa di ricuperare il dominio della sua Bologna.
In quel giorno, quando entrai nella camera della duchessa, stavan seduti con lei in un crocchio, il Bentivoglio, la Ginevra, il Baglione. Un colpo d'occhio mi svelò come stava l'animo di ciascuno e la Ginevra mi parve così accorata, così spaventata, che io mi sentii tutto commuovere di pietà;