Pro Judaeis: Riflessioni e Documenti. Corrado Guidetti

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Stuarda.

      TORINO

      TIPOGRAFIA ROUX e FAVALE

      1884.

       Diritto di riproduzione e traduzione riservato

       Indice

      Chi consideri superficialmente i fenomeni sociali, non può non essere colpito dal risvegliarsi in molti Stati d'Europa di una agitazione più o meno sorda contro gli Ebrei.

      A primo aspetto, sembrerebbe che il soffio vigoroso della prima rivoluzione francese avesse dovuto far sparire ogni distinzione fra cittadini, basata sul semplice fatto della fede professata.

      Sembrerebbe che il diritto di adorare Dio secondo la propria credenza, fosse uno dei più saldi, dei più indiscutibili portati della moderna civiltà.

      Sembrerebbe, sopratutto, oltraggio alla umana ragione dover invocare dagli scrittori discorrenti degli Ebrei, che applichino loro quell'elementare principio di equità da Carlo V, Re di Francia, nel xiv secolo sancito con apposita legge: non doversi l'intiera nazione ebrea tener responsabile delle colpe di ogni singolo ebreo.

      Eppure, non è così.

      Non soltanto nell'Oriente di Europa, dove la questione si complica e si innesta ad altre di svariata natura, si sveglia un movimento contro gli Ebrei; ma da questo movimento non vanno immuni i paesi più civili d'Europa.

      In Francia lo stesso movimento si accentua ed è già abbastanza vivo per darsi il lusso di un organo speciale, l'Antisémitique, che vede la luce in Montdidier, ed al quale ci sarà pur forza consacrare più innanzi qualche parola, benchè ci sia noto che l'opera insensata dei redattori di quel giornale non giova che ad ammassare sulle loro teste il generale disprezzo.

      Ed anche nella nostra Italia, dove, dal 1848 sino alla completa unificazione della penisola, gli Ebrei sembrarono identificarsi col resto della popolazione, colla quale avevano avuti comuni i patimenti della oppressione ed i pericoli delle congiure e delle battaglie, oggi non manca chi soffi nel fuoco, e libelli di propaganda antisemitica vanno spargendosi a piene mani nelle campagne.

      Se la guerra contro gli Ebrei avesse a ragione la differenza di fede; se a capo di questo movimento fossero i Papi, i Vescovi, la Chiesa in una parola; se agli Ebrei di oggi giorno si volesse far scontare la colpa dei loro antenati, la pertinace convinzione con la quale, malgrado persecuzioni d'ogni sorta, mantennero intatta la loro fede, noi non avremmo che a constatare una nuova manifestazione di quel fanatismo di cui tutti i secoli e tutte le credenze hanno dato numerosi esempî.

      Le persecuzioni per ragione di fede non ci sorpresero mai. E se, mossi da quello spirito di carità che è nel cuore di ogni uomo, quando l'alito delle passioni non lo spegne, guardiamo inorriditi alle fiamme dei roghi, li accenda, come in Ispagna, un domenicano fanatico, o, come in Ginevra, il bieco Calvino, al nostro orrore non si mesce sorpresa.

      La fede è il più nobile patrimonio dell'uomo, e per ciò appunto i suoi eccessi generano il fanatismo più pericoloso. I più atroci delitti hanno sovente origine dalla esagerazione delle più elevate passioni.

      Ma sì, che i moderni antisemiti pensano proprio a tutto ciò! L'idea di vendicare il Dio crocifisso è tanto lungi da loro, quanto lo era dalle orde fanatiche che nell'xi secolo trucidarono gli Ebrei di Worms, che affermavansi discendenti da una colonia giudaica, migrata da Palestina ben prima della nascita di N. S. G. Cristo, e quindi ad ogni modo non responsabili di quella morte, neppure se le colpe degli avi s'avessero a vendicare sui tardi nepoti.

      L'ebreo è ricco, od almeno lo si crede tale — se lo sia, e perchè lo sia, vedremo nel corso di queste pagine — ma è creduto tale, e per ciò soltanto gli si muove guerra.

      La sua ricchezza è e fu sempre il suo delitto.

      L'industria, la coesione, la ricchezza degli Ebrei ebbero sempre il triste privilegio di eccitare l'invidia e il malvolere. I Faraoni eran gelosi di loro sin da quando i figli di Israele cominciarono ad arricchire nella terra di Gessen, e gli idalghi ed i priori della Spagna cattolica furono gelosi a loro volta, allorquando un Ebreo divenne ministro delle finanze del Re Alfonso.

      Ed oggi ancora i persecutori degli Ebrei appartengono a quel partito, che potrebbe a buon dritto chiamarsi il partito dell'invidia.

      In Francia, non son sei o sette anni, si combatteva dai radicali la elezione a consigliere generale di un membro della famiglia Rothschild, trattandolo da clericale!! Oggi che l'antisemitismo va facendo progressi, lo si combatterebbe perchè ebreo!

      Clericale od ebreo, è tutt'uno per coloro che mirano a scuotere la società dalle sue basi, a distruggere la famiglia, la proprietà, la religione.

      E non è soltanto la ricchezza, vera o creduta tale, degli Ebrei che li designa ai colpi dei loro avversarî.

      In queste poche parole è mirabilmente riassunta la questione.

      Sì; l'ebreo è liberale, essenzialmente liberale. Dalla sua lunga persecuzione, dalle sue secolari tribolazioni, esso ha imparato una cosa sola: ad odiare non i persecutori, ma la persecuzione, ad amare di vivo affetto la libertà, ma la libertà vera, quella che come sole fulgentissimo riluce per tutti gli uomini, qualunque sia la loro opinione, qualunque l'abito che vestano.

      E di questo spirito del giudaismo la letteratura, la storia offron prove a bizzeffe. Ne addurremo soltanto due:


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