Pro Judaeis: Riflessioni e Documenti. Corrado Guidetti
I.
Costituiscono gli Ebrei una razza speciale?
La tendenza scientifica cui si inspira il nostro secolo ha voluto trovare una formola con cui giustificare la persecuzione contro gli Ebrei, e si disse che essi costituivano tuttora una nazione speciale, che quindi erano da considerarsi nei diversi Stati, in cui dimoravano, come stranieri, e per poco non si propose di equipararli agli zingari ed ai gitani. Ricacciare gli Ebrei in Palestina è la proposta la più moderata che esca dalle labbra degli odierni antisemiti.
Sarebbe agevole rispondere a questa pretesa opinione scientifica con una sola parola, dimostrando, cioè, come oggi tutte le legislazioni dei paesi civili si affrettino a cancellare dai loro codici ogni differenza fra cittadini e stranieri, progresso questo, in cui l'Italia fu, col suo codice civile, vessillifera alle altre nazioni.
Ma questa difesa respingerebbero gli Ebrei, perocchè essi si sentano italiani in Italia, francesi in Francia (16), inglesi in nghilterra (17) ed Ebrei soltanto nei loro tempî (18).
Noi non abbiamo, d'altronde, ad avversarî nè filosofi, nè cristiani, nè liberali: ognuno di questi, infatti, troverebbe, nelle proprie convinzioni morali, religiose o scientifiche, argomenti per esserne condotto alla pratica della più larga tolleranza. Abbiamo di fronte, invece, quella fazione, oggi pur troppo numerosa, che vorrebbe la legislazione sociale non inspirata a nessun principio superiore all'uomo, e serva al più gretto utilitarismo; quella fazione che in America, la terra classica della libertà, propone ed ottiene provvedimenti straordinarî contro i Chinesi!!
Vinciamo quindi la naturale ripugnanza, e facciamoci a provare come gli Ebrei differiscano dagli altri italiani per la religione soltanto, non per l'amore al paese, non per la razza.
Non ricorderemo qui come ogni Ebreo di Roma abbia iscritto nel suo libro di preghiera fra le date fauste della sua vita il 20 settembre 1870, segnandovi persino l'ora precisa della liberazione: dieci e mezza antimeridiane, come già un quarto di secolo prima vi aveva iscritto la Pasqua del 1847, quando, per opera di Pio IX, caddero le mura e le porte che chiudevano il ghetto (19). Ci sembra che, per dimostrare come gli Ebrei in Italia si sentano italiani e non altro, basti, e ce ne sia di avanzo, della nobile figura del martire di Mantova, di Giuseppe Finzi (20)!
Se fra gli antisemiti italiani vi ha qualcuno cui scaldi il petto amor di patria, si faccia innanzi ed osi contestare l'italianità a quel monumento di patriottismo che è l'on. Finzi.
Ma ove al nome venerato del patriota lombardo noi aggiungessimo quelli di Angelo Usigli, compagno di Ciro Menotti (21), del milanese Bachi, che fu tra i precursori del movimento del 1848, di Daniele Manin cattolico di religione, ma di famiglia ebrea (22), e se a questi nomi facessimo seguire quelli dei numerosi Ebrei che accorsero volontarî sotto le bandiere nelle diverse guerre della indipendenza (23), i nostri avversarî ci risponderebbero sempre coll'adagio favorito dei sofisti: L'eccezione prova la regola.
Attacchiamo dunque di fronte il pregiudizio, larvato a scienza, e mostriamo che è tanto assurdo il credere che gli Ebrei sieno oggi i discendenti di Abramo quanto sarebbe ridicolo il sostenere che il Kedive d'Egitto sia l'erede diretto dei Faraoni, o che nelle vene degli odierni Romani corra il sangue dei Bruti e degli Scevola.
Già sin da quando gli Ebrei abbandonarono l'Egitto, numerosi stranieri si mescolarono a loro, sicchè ben può dirsi che da quel momento la razza di Giacobbe cominci a fondersi colle altre (24).
Nei tempi biblici i progenitori delle dodici tribù non esitarono ad imparentarsi con altre razze non esclusa la cananea pur tanto odiata. Mosè sposò una madianita. Fra le proavole di Davide vi ha la cananea Tamar e la moabita Rut. Nelle vene di Ezechiello corre il sangue di Raab la cananea, nè egli è il solo profeta d'Israello che tragga origine da idolatri. Più tardi i proseliti non solo non furono rigettati, ma vennero accolti senza reluttanza in grembo alla fede. Lo provano le leggi favorevolissime ai proseliti dimoranti nella Palestina, sparse in tutto il Pentateuco: lo provano i Gabaoniti che, entrati nell'Ebraismo mediante l'inganno e la frode, pure vi furono più che benignamente trattati, allorchè, per vendicare un oltraggio ad essi fatto, fu versato sangue di Re (25): lo provano le centinaia di migliaia di proseliti di cui si fa menzione al tempo della monarchia degli Israeliti, specialmente all'epoca di Salomone (26): lo provano i proseliti dei tempi di Ester (27) e quelli dei popoli trapiantati dal conquistatore Senacheribbo in Palestina (28), non che varie conversioni individuali abbastanza notevoli, come quella di Naaman il supremo ministro del regno siro (29) e quelle di Ebena regina di Adiabene e di suo figlio Izak, di cui fa cenno Giuseppe (30). Nè gli Ebrei aveano a vile di mescolare il sangue con questi proseliti; chè anzi il loro Talmud ci ha tramandato, quasi a titolo di gloria, che i principali maestri d'Israello, come Hillel, Rabbi Jehudà il Santo, Akiva martire della crudeltà romana, Rabbi Meir ed altri moltissimi discendevano da proseliti, e che proselite era Onkelos, uno dei più grandi tra i parafrasti caldei.
Insomma, gli Ebrei di Palestina non furono, come volgarmente si crede, un popolo segregato dal consorzio umano. Ecco come un autore non sospetto e che, vivo, non si sarebbe mai immaginato di vedersi citato nel secolo xix a difesa degli Ebrei, scrive:
“Questi ultimi Ebrei [dopo la morte di Erode] erano un miscuglio di parecchie nazioni. Se ne erano stabiliti in tutti i paesi che sono sotto il sole, siccome dice la Scrittura. Parecchi venivano ad abitare nella Giudea, od almeno vi facevano qualche devoto viaggio per poter offrire sacrifizi a Dio nel solo tempio in cui fosse permesso di farlo. Oltre a ciò vi erano sempre ad ogni qual tratto dei Gentili che si convertivano, e divenivano proseliti. Così gli Ebrei, a parlar propriamente, non eran più un popolo solo colla stessa lingua e gli stessi costumi, ma parecchi popoli che si riunivano in una sola religione. Persino quelli che abitavano la Terra Santa erano un miscuglio di diverse nazioni, di Idumei e di altri Arabi, di Egiziani, di Fenici, di Siriaci e di Greci.”
Fin qui il Fleury (31), ai cui Mani chiediamo umile venia se lo abbiamo tratto a testimoniare in favore degli Ebrei, ciò che certamente egli non avrebbe desiderato; ma non è proprio colpa nostra, se le accuse che si muovono a questo disgraziato popolo sono tanto svariate e contraddittorie, che quanto veniva scritto per far loro onta possa, poche generazioni dopo, essere addotto ad argomento di difesa.
Ma se la nazione giudaica era già dopo Erode una mescolanza di diverse nazioni, come ci insegna il Fleury, e come ci confermano gli Atti degli Apostoli: “Or in Giudea dimoravano degli uomini religiosi d'ogni nazione di sotto il cielo” (32), non bisogna neppur credere che, dopo la dispersione seguita alla distruzione del secondo tempio, gli Ebrei abbian cessato di fare proseliti fra genti di schiatte diverse.
Numerose colonie di Ebrei popolavano Roma