Pro Judaeis: Riflessioni e Documenti. Corrado Guidetti

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Giovanni Mastai Ferretti di professione Vicario di Dio! ho nominato l'on. Petruccelli della Gattina. Anche in Francia la questione semitica fu sollevata per la prima volta, in questi anni, da un articolo, perfidamente abile, intitolato: Dieu des Juifs tu l'emportes! pubblicato dal noto mangiapreti signor Francisque Sarcey, nel xix Siècle di Edmond About nel maggio o giugno 1875.

      (5) Errerebbero a gran partito coloro che credessero il signor Rénan un amico degli Ebrei; egli, nel suo libro sull'Ecclesiaste, ne ha ultimamente schizzato un ritratto dal quale risulterebbe che essi sono oggi quello che erano or sono quattromila anni alle falde del Sinai: gli adoratori del vitello d'oro. E nei suoi Souvenirs d'enfance et de jeunesse parla degli Ebrei in guisa da meritarsi che il primo numero dello Antisémitique di Montdidier gli consacri una colonna di elogi. Ciò avvertiamo non per far colpa allo scienziato francese delle sue tendenze; ma perchè gli avversari nostri, ogni qualvolta citiamo il Rénan, non ci rinfaccino di appoggiarci all'autorità di chi ha negata la divinità di N. S. Gesù Cristo. Il Rénan potrà essere anticristiano fin che si vuole, ma non certo per filosemitismo.

      (6) Ernest Rénan. Le Judaïsme et le Christianisme. Paris, Calmann Levy, 1883, p. 24 e 25.

      (7) Nacque a Lisbona nel 1437; fu intendente delle finanze di Alfonso V, re di Portogallo, di Ferdinando il Cattolico, re di Castiglia, di Ferdinando il Bastardo, re di Napoli, di Alfonso II suo successore che non abbandonò quando i francesi lo cacciarono dal Regno. Abarbanello si stabilì in Italia e fu preso per arbitro in una questione commerciale fra il Re di Portogallo e la Repubblica di Venezia. Morì a Venezia nel 1508 e fu sepolto in Padova. Veggansi per maggiori notizie: Bartolocius, Bibl. Rabb.; Bayle, Dict. Crit.; Boissi, Dissert., p. 2; Schwab, Abravanel et son époque; S. Honel, Lien d'Israel, 5º anno, pag. 355 e segg.; e tutte le biografie.

      (8) I. Bedarride. Les Juifs en France, en Italie et en Espagne. Paris, Michel Levy, 1861, p. 294. È appena necessario avvertire che, riferendo l'opinione di Abarbanello, facciamo sulle ultime parole sue le più ampie riserve. Nè S. Tommaso, nè scrittori approvati ed autorevoli, nè tanto meno la Chiesa Cattolica si espressero nel senso della liceità di ribellarsi o peggio di uccidere il tiranno, anzi la negarono recisamente.

      (9) Merita a questo proposito di esser riferito il giudizio che uno dei più dotti Rabbini del nostro secolo, il professore S. D. Luzzatto di Padova, dava della rivoluzione francese.

      Trascriviamo un brano di una sua lettera inedita del 26 dicembre 1836 inserita nel Vessillo Israelitico di Casale, ottobre 1876, p. 325.

      “Nello scorso secolo gli spiriti della Francia, scatenandosi ad un tempo con un diluvio di scritti religiosi e contro i Governi assoluti e contro il Cristianesimo, produssero nelle menti quello stravolgimento, che poi si sviluppò nella funestissima rivoluzione francese, la quale pose in trambusto per tanti anni il mondo intero.”

      (10) Vi sono taluni ingenui che si chieggono come il principe di Bismarck tolleri il risvegliarsi dell'antisemitismo in Germania. A questi ingenui osserviamo che il non cade foglia che Dio non voglia si avvera anco in politica, specialmente quando il Dio si chiama: il signor di Bismarck. Le vere dottrine di libertà sociale ed economica che furono la gloria dei quattordici primi lustri del nostro secolo non ebbero, non hanno nemico più mortale del cancelliere di ferro. E chi è nemico di libertà è nemico naturale degli Ebrei. Lo stesso Bismarck in una conversazione avuta con un diplomatico straniero, telegrafata al Morning Post nell'agosto dello scorso anno, diceva per assicurarlo delle sue intenzioni pacifiche: “La Germania non è nelle mie mani, come crede la gente. La Germania è nelle mani degli Ebrei, che hanno orrore per la guerra in causa dei loro interessi e delle signore che hanno orrore della guerra per la vita dei loro mariti e dei loro figli.” Aver orrore della guerra vuol dire esser fattori di civiltà, ma vuol dire ad un tempo esser odiati a morte dal signor di Bismarck.

      (11) Cade proprio in acconcio notar qui che lo stesso Governo russo, che deportava in Siberia monsignor Felinsky, il venerando Arcivescovo di Varsavia, puniva più volte colla carcere e coll'esilio il patriottismo dell'illustre Michel B. Meisel, Rabbino di quella città.

      (12) I nostri lettori troveranno fra i documenti un discorso dell'eminentissimo cardinale Manning, il quale ci dà la vera opinione della parte pensante del partito cattolico sulla questione semitica.

      (13) Ci sia concessa una lieve digressione. È uno spettacolo che solleva l'animo del pensatore quello che ci offrirono quasi contemporaneamente gli Annales de philosophie chrétienne, invitando un ebreo a discutere nelle loro colonne la questione semitica, e la Société des Etudes juives di Parigi, chiamando nel suo seno un non israelita a dissertare “sul Giudaismo e sul Cristianesimo.” Malgrado i gufi, che tentano di oscurare il sole, è d'uopo convenire che siamo assai lontani dai tempi di San Luigi, Re di Francia (Cfr. Joinville, p. 11) quando un cavaliere, trovandosi presente ad una di quelle discussioni che allora frequentemente avvenivano fra sacerdoti cattolici e rabbini ebrei, sulla prevalenza delle rispettive religioni, vedendo come gli ebrei avessero il sopravvento nella discussione, stese morto ai suoi piedi con una bastonata l'ultimo rabbino che aveva parlato, dicendo ai preti cattolici, in atto di rampogna: “Vous avez fait folie d'avoir occasioné telle dispute d'erreur.

      (14) Queste linee erano già scritte, allorchè ci venne fatto di leggere nella Revue Britannique (luglio 1883) un dotto articolo, tolto dall'Edimburgh Review, nel quale si accenna appunto allo spirito di odio e di persecuzione che oggi si manifesta sotto il falso nome di liberalismo repubblicano.

      (15) Non faccia meraviglia se in questo nostro lavoro, ispirato, osiamo vantarcene, ai principî della maggiore tolleranza, ci accada di paragonare sovente i Gesuiti agli ebrei. Sì gli uni che gli altri furono perseguitati da nemici, i quali, ben più che osteggiarne i principî, miravano ad attribuirsene le ricchezze; contro gli uni come contro gli altri si ripeterono le stesse accuse di usure, di accaparramenti, di massime antisociali, sicchè non è raro vedere nelle opere antigesuitiche del secolo scorso i Gesuiti paragonati agli Ebrei. Ho sott'occhi, per esempio, i “Lupi smascherati, Ortignano, nell'officina di Tancredi e Francescantonio padre e figlio Zaccheri di Strozzagriffi, mdcclx” libello antigesuitico, attribuito all'abate Capriata, ed a pag. 57 (nota) trovo: “I principi l'hanno rigettati da loro [i gesuiti] e sono omai riguardati come Giudei.

      Che se qualcuno ci rammentasse le prediche di qualche gesuita contro gli Ebrei, risponderemmo ricordando il Qui gladio ferit; e se ci si obbiettassero certi articoli antisemitici della Civiltà Cattolica, l'organo massimo della Compagnia, diremmo che ad essi la persecuzione non ha nulla insegnato, e compiangeremmo quei perseguitati che dalle violenze di cui furono vittima non appresero la sublime virtù della tolleranza.

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