La novellaja fiorentina. Vittorio Imbriani

La novellaja fiorentina - Vittorio Imbriani


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Se a me non riuscirà mai di eseguirlo, altri più felice sottentrerà prima o poi nel mio luogo; e mi sarà merito l'avergli agevolato il compito. Comincio dal mandar fuori un gruzzoletto di fiabe, facezie e novelline lombarde, raccolte in Milano stessa e nel contado. Le ho stenografate, mentre si narravano da contadine, operaje, domestiche; e quindi trascritte senza farmi lecito di mutar sillaba alla dicitura ingenua primitiva. Non ho cancellata una ripetizione, non un foderamento di parole; non ho supplito lacune. Avrei stimato delitto l'alterar checchessia, anche dove fondatamente poteva credere di migliorare. Malgrado l'ajuto benevolo di parecchi amici, non posso persuadermi di non essere incorso in errore di sorta: è sempre grandissima temerità l'affaccendarsi intorno ad un dialetto, del quale non s'è udito sillaba prima del sesto lustro. Ma dove nessuno fa, chi pel primo fa, quantunque non faccia se non mediocremente, ha forse dritto almeno a qualche indulgenza. Forse! e forse anche la temerità sua merita di venir esemplarmente scorbacchiata e castigata. Della utilità d'un simigliante lavoro per la mitologia comparata, perla novellistica e per la filologia, credo inutile parlare, perchè non suppongo esista al mondo chi la revochi in dubbio. Risparmio al lettore lunghe note intorno alle origini ed alle vicende di ciascuna novella o fiaba; e voglio solo aver dichiarato, che, con questi ventotto racconti, non pretendo mica di aver dato tutte le tradizioni orali di Lombardia, nè la miglior versione di ciascuna delle tradizioni raccolte. So benissimo esser questo lavoro di quelli, ne' quali non può mai farsi tanto, che non rimanga da fare altrettanto e più.

      Firenze, xxiii Marzo mdccclxx.

      AVVERTENZA

      (Stampata già in fine della Novellaja Milanese)

      Roma, xv Giugno mdccclxxii.

      D · O · M ·

       FLAMINIO · VACCÆ ·

       SCULPTORI · ROMANO ·

       QUI · IN · OPERIBUS · QUÆ · FECIT ·

       NUSQUAM · SIBI · SATISFECIT ·

      —«Capitato l'autunno scorso in Lombardia, per meno d'una settimana, ebbi pure occasione di raccogliere la fiaba e le due novelline seguenti, che debbo all'amicizia benevola dell'egregio commendator Zambrini di poter qui pubblicare, come una prima Appendice alla Novellaja Milanese. Spero di poterne aggiungere quandochessia altre, attingendo a quella fonte inesauribile, ch'è la tradizione popolare. A coloro, che si occupano di cosiffatti studî e che bramassero maggior copia di riscontri, indicherò un articolo del prof. Felice Liebrecht, traduttore tedesco del Pentamerone, negli Annali letterari d'Heidelberg (Heidelberger Jahrbücher der Literatur; numero quadragesimoquinto dell'annata mdccclxxii). Il dotto mitologo, ragionando appunto della mia pubblicazione, addita per ciascuna fiaba o novella, non picciol numero di riscontri ed analogie.» ecc. ecc.—riferendo i riscontri indicati dal Liebrecht allo esempio Èl Tredesin, Vedi pag. 340 del presente volume.

      A pag. 313 aggiungerei volentieri l'esempio seguente di una condanna pronunziata dal colpevole stesso in proprio danno. Racconta Ludovico Domenichi nelle Facezie.—«Il Re Lodovico decimo di Francia, facendo un convito a' suoi Baroni, disse che il Re d'Inghilterra, suo zio, gli aveva scritto et domandato il parer suo; che pena aveva meritato un servitore ignobile, il quale avea tradito un suo nobilissimo Signore. Era a tavola Eberto, il quale, non sapendo che ciò fusse detto per lui, domandato del suo parere, rispose: che colui meritava il capestro. Et così condannato di sua bocca et strascinato dal convito, venne impiccato per la gola. [Il meschino si diede la sentenza contra da sè stesso.]»


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