La favorita del Mahdi. Emilio Salgari
giuro su Allàh, sul Profeta e sul Corano.
—Vattene ora, ma guardati bene da me, Abd-el-Kerim! Se venissi a sapere che tu ami un'altra donna, se avessi una rivale guai a te e guai a lei! Vi infrangerei entrambi come due lastre di vetro!
Raccolse i lembi della farda, s'avvolse il corpo e si allontanò lentamente con calma maestosa. L'arabo le si slanciò dietro per seguirla.
—Sola venni e sola ritorno, diss'ella arrestandolo con un gesto,
Vattene: io te lo comando, io lo voglio!
Abd-el-Kerim chinò il capo e si cacciò sotto gli alberi. Fathma rimase lì a guardare il luogo ove era scomparso, poi si ripose in cammino colle labbre strette ma la fronte spianata e gli occhi che brillavano d'un raggio di gioia.
—È bello, prode, ardente, mormorò ella. Il Mahdi non mi rivedrà più mai!
Costeggiò lo stagno e si inoltrò sotto le grandi vôlte verdi formate dalle palme deleb, dai tamarindi e dalle acacie gommifere, guardando a destra e a manca e con una mano sull'impugnatura del pugnale. Dieci minuti dopo, nel mentre che il sole si nascondeva dietro le foreste e che gli uccelli e le scimmie cominciavano a tacersi guadagnando i loro nidi o i loro covi, giunse su di un sentiero. Ella si fermò incerta nello scorgere un uomo appoggiato ad una carabina in attitudine sospetta. Impallidì leggermente nel riconoscere in quell'individuo il greco Notis.
Volle tornare indietro ma il greco che pareva si fosse appostato lì appositamente per aspettarla, non gliene lasciò il tempo. Egli si fece lentamente innanzi con un sorriso ironico sulle labbra e senza preamboli disse:
—A noi due Fathma!
—Che vuoi dire? chiese ella seccamente.
—Mi riconosci?
—Se non m'inganno tu sei quello che seguiva Abd-el-Kerim da
Machmudiech a Hossanieh.
—Sono il greco Notis.
—Tanto peggio per te, io odio gl'infedeli e più di tutto i Greci.
—Non monta, disse Notis freddamente. Che avete detto all'arabo poco fa, che scorsi inginocchiato dinanzi a voi?
—Ah! fe' Fathma con mal celata collera. Sei stato tu a gettare quel grido?
—Potrebbe darsi. E che, ti sorprende?
—Io disprezzo gli uomini che si nascondono per spiare.
—Ira di Dio!…. gridò il greco.
Si scambiarono uno sguardo provocante. Il greco cedette dinanzi agli occhi scintillanti dell'almea che schizzavano fuoco.
—Sai chi era quell'uomo che ti giurava eterno amore? chiese egli, affettando la massima calma.
—So che si chiama Abd-el-Kerim il prode, e ciò mi basta.
—Ti dirò allora che quell'uomo è promesso a una donna, che questa donna, che trovasi presentemente a Chartum, si chiama Elenka, e che Elenka è mia sorella!
—Tu menti! esclamò l'almea, saltando innanzi come una leonessa ferita.
—Te lo giuro, Fathma. Abd-el-Kerim, quando era di guarnigione a Chartum s'innamorò di mia sorella e chiese la sua mano. Appena finita la campagna contro il Mahdi egli la sposerà ed io diverrò suo cognato.
—Tu menti! Tu menti! ripetè l'almea con maggior forza. Quale scopo hai per inventare simili calunnie?
—Quello d'aprirti gli occhi, di conservare lo sposo a mia sorella e di offrirti la mia mano poichè ti amo Fathma, e immensamente.
L'almea fece un gesto di disprezzo, gli volse le spalle per allontanarsi, ma il greco non era un uomo da scoraggiarsi, nè da lasciarsi sfuggire così facilmente la preda che con tanta impazienza aveva atteso. Gli si mise dinanzi risoluto a impedirglielo, all'uopo di usare la forza.
—Odimi, Fathma, diss'egli. Ho giurato di farti mia, dovessi perdere ambe le braccia e anche le gambe, dovessi venire ucciso. Tu sei bella e mi hai affascinato; tu sei povera e io son ricco; tu sei maomettana e io sono greco ma mi farò, se vuoi, maomettano. Perchè non vuoi esser mia?
—Perchè amo di già un altro uomo.
—Ma tu non puoi prestar fede ad Abd-el-Kerim; ti tradirà, ti schianterà il cuore e più presto di quello che tu abbi a crederlo. Bada a me, che lo conosco a fondo quell'arabo; è un miserabile, è di più un vile!
Una fiamma di sdegno e di collera salì in volto all'almea; tese le mani chiuse verso il greco con gesto minaccioso.
—Taci! Taci, insensato! esclamò ella con violenza. Abd-el-Kerim è un eroe.
—Sì, eroe, perchè ebbe la fortuna di abbattere un povero leone, disse Notis con ironia. Bella prodezza in fede mia!…. Fathma, è ora di finirla. Abbiamo parlato anche troppo, senza nulla concludere.
—Ma che vuoi infine?
—Voglio portarti con me, lontano da questo campo e farti mia, lo capisci Fathma, farti mia a dispetto di Abd-el-Kerim. Verrai tu?
—Giammai! esclamo l'almea con forza.
—Ira di Dio! Dimmi il perchè? disse Notis furibondo.
—Perchè ti odio e ti disprezzo. Vattene!….
Il greco lanciò una bestemmia ed alzò le mani come per abbracciarla.
L'almea fece un salto indietro, ponendo la dritta sul pugnale.
—Non toccarmi, maledetto! gli disse con voce sibilante per l'ira.
—Guarda, Fathma, noi siamo soli, la foresta non ha abitante alcuno, e io sono risoluto a farti mia. Non opporre resistenza veruna, se vuoi che non diventi feroce come una iena.
Egli si slanciò addosso all'almea che tornò ad indietreggiare traendo il pugnale. I suoi occhi si ingrandirono stranamente e il volto prese una espressione di indomita fierezza.
—Non toccarmi! gli disse cupamente. Se tu muovi un passo verso di me, ti assassino!
Il greco si mise a sogghignare, ma non s'avanzò nè toccò le sue armi. Egli girò lo sguardo attorno, tese per alcuni istanti l'orecchio, poi accostò le mani alle labbra e mandò un acuto fischio. Un fischio eguale vi rispose quasi subito.
—A noi due, ora, Fathma, disse poi. Per quanto tu sii forte e per quanta resistenza opporrai, Takir ti porterà via.
—Vigliacco!
—Io ti amo e voglio farti mia,
—Miserabile, io ti abborro!
—E io ti amo. Avanti Takir!
L'almea faceva un salto da invidiare un leone e tentò fuggire, ma un negro di statura colossale, l'ordinanza di Notis, sbucando improvvisamente dai cespugli vicini, le sbarrò la via. Ella gettò un urlo di rabbia e indietreggiò fino al tronco di un palmizio col pugnale alzato.
—Addosso Takir, gridò il greco, facendosi innanzi colla scimitarra in mano.
Il nubiano s'aggrappò all'estremità d'un ramo di tamarindo, si sollevò in aria con una spinta e venne a cadere addosso a Fathma prima che questa avesse tempo di evitarlo. Egli l'afferrò fra le vigorose braccia alzandola da terra.
—Sta cheta, mugghiò egli stringendola così fortemente da farle crocchiar le ossa.
—Aiuto! a me Abd-el-Kerim! urlò la povera almea, dibattendosi disperatamente.
Ella cacciò il pugnale in un braccio del negro che si coprì tosto di sangue, ma Notis le afferrò i polsi e glieli torse tanto da farle abbandonar l'arma. I due uomini si misero a trascinarla verso il folto della foresta.
L'almea gettò un secondo grido, un grido di furore e di dolore.
—Lasciatemi